Rabindranath è un povero Cristo. Di ricco ha solo il nome che i suoi genitori avevano scelto per lui ricordando le canzoni di Tagore che riecheggiavano nei sobborghi di Calcutta e in tutta l'India, prima della sua nascita.
Ogni giorno per tornare a casa, dopo una dura giornata a trasportare pesi sulla testa nel Mercato Generale di Calcutta affronta due ore di viaggio in bicicletta.
Quel giorno davanti alla stazione di Howrah ha anche preso qualche bastonata dai poliziotti, si è agganciato alla staffone posteriore dell'autobus perché stanco di pedalare dopo una giornata di lavoro. Ma non sono bastonate inferte con troppa forza. I bastoni lunghi un metro si alzano e cadono quasi delicatamente sulla schiena, tanto per ricordare che l’ordine è importante.
Infatti lui, dopo il primo colpo, si è staccato, ha accostato al marciapiede, ha sistemato meglio nel cestello da trasporto sul parafango posteriore il sacco di juta pieno di riso che ha sottratto al mercato, tutta la famiglia così potrà mangiare tutta la settimana.
Ha ripreso a pedalare, distaccandosi dalla realtà circostante. mentre attraversa tutta la città.
E ricorda il passato, quando non faceva il facchino ai mercati generali, ma correva in bicicletta nelle gare notturne lungo i viali di Calcutta ed il suo manager guadagnava con le scommesse, vinceva sempre le volate e per quel suo nome lo chiamavano tutti il poeta.
Poi il manager decise che doveva partecipare alle Olimpiadi del 1988 a Seul nella gara su strada e lo mandò ad allenarsi in montagna nella vallata di Kangra, anche per allontanarlo dall'ambiente delle scommesse. Gli cambiò anche i documenti, conservando solo il nome a quello ci teneva.
Quella valle era un vero Eden. Acqua dei ghiacciai, fiori, piante tropicali, e poi boschi e alpeggi su su fino alle nevi eterne, il posto più bello dell'India, a circa 1800 metri, il clima era perfetto. Abitava con il suo allenatore in una villetta su un crinale della valle dei carbonai dove facevano il carbone per l'inverno, E quando passava in allenamento lungo la strada i carbonai lo applaudivano. Un anno di allenamento, in forma perfetta, era convinto di portare all'India una medaglia nella prova di ciclismo su strada, un circuito cittadino di Seul molto simile alle gare notturne nei viali di Calcutta. Era un circuito di meno di 200 km , tutto pianeggiante, fino alla fine quasi tutto il gruppo, resta compatto, lui è tra le prime posizioni, quando il celebre Dzhamolidin Abduzhaparov, "The Tashkent Terror", si lancia all'attacco, il Poeta di Calcutta si accoda alla sua ruota, manca un km al traguardo, forse troppo presto, davanti a lui tre biondi tedeschi due della Germania Ovest ed il favorito Olaf Ludwig della Germania Est. Un muro di Berlino umano insuperabile, il terrore di Taskent ed il Poeta di Calcutta ci sbattono contro. Il poeta finisce fuori strada e si frattura entrambe le gambe, la sua carriera è finita, anche per le corse notturne nei viali di Calcutta con scommesse incluse. E così solo il lavoro di facchino ai Mercati Generali, unica consolazione è usare la bicicletta per tornare a casa.
Ogni sera tanti pensieri.
Neanche quella sera si rese conto quando andò a sbattere contro un furgone, assorto nei suoi pensieri. Era in equilibrio su un filo nella sua vita e nella sua morte. Davanti a lui un muro tedesco, stavolta di metallo: un furgone Wolkswagen di colore verde.
Un individuo solo e l'infinito sono in termini uguali, degni di guardarsi a vicenda, ognuno dal proprio trono. (R. Tagore)