«Lei non lo sa, ma sta pagando tanto di più in bolletta, se mi dice il suo…»

«Non me ne frega nulla, amo pagare di più, sono un benefattore»

Ed attacco, era un altro dei gestori con sede in Italia e rompiballe in Romania, si capiva dalla voce con inflessione dell’est. Sono passati i tempi del “Poveraccio, non puoi trattarlo male, sta lavorando”, qualche germe Legaiolo mi ha colpito? Ci penso sopra… no, per il resto continuo ad essere normale.

Sto soffocando, mi ero già incappottato quando è squillato il telefono. Il buon vecchio telefono di casa. Quello che quando dico di averlo è tutto un… “Ma perché? Butti i soldi! Non serve a nulla!” a cui rispondo sempre “Hai un parente rompicojoni in Romania? L’ho conosciuto!”

Sudo. Esco. Garbatella. Via Fausto Vettor, uno dei pochi posti in Roma in cui si può uscire di casa e stare già sulla strada, poco traffico, clima mite e tanto sole, malgrado il dicembre inoltrato, villino con poche pretese, ma ci si può vivere in affitto senza dover essere milionario.

Nel giardino trovo Millina, diminutivo di Camilla, era già chiamata così quando sono arrivato qui, cinque anni fa.

«Beh, che fai oggi?» Non mi degna di un “miao!”, ma mi si strofina sulle gambe per darmi l’imprinting giornaliero, m’inchino per carezzarla

«Che dici? È una bella giornata, posso andare a piedi, ieri sera ho parcheggiato la macchina proprio qui davanti, se la sposto non troverei più il posto comodo stasera»

Il suo silenzio assenso mi toglie gli ultimi dubbi

Sono le due del pomeriggio, attacco alle 16 al bar-ristorante dentro Eataly, mi aspetta una bella passeggiata di un chilometro abbondante

«Rimani qui, è pericoloso lì fuori»

Mi guarda con l’aria “ettecredo, ho campato tanto perché rimango nel cortile, me lo dovevi dire tu di rimanere qui? Sei proprio un bipede stupido”.

Scendo i pochi scalini e mi dirigo verso la destinazione.

55 minuti, ottimo risultato, senza correre, non posso permettermi di sudare, sono in anticipo, posso permettermi di fare il cliente al bar.

«Max! Sei in anticipo! Ma come ti va, abiti qui vicino, io arriverei alle quattro e trenta secondi, chi te lo fa fare!»

«Voglio stare senza nevrosi, senza paura che con i mezzi o con la macchina succeda qualcosa che mi faccia ritardare»

«Stranamente anche Jessica è già arrivata, mettiti al tavolo con lei, ve lo porto insieme il caffè»

«Ma chi? La burina dei Castelli? Perché dovrei?»

«Dammi retta, vacci, non buttarla giù, oggi s’è vestita da gran figa, guardala, poi ne riparliamo»

«Beh, non è mai stata brutta, forse scialbetta, ma in ogni caso… PORCO CAZZO!! Ma che ha fatto?»

«Te l’ho detto, ora mi credi?»

«Davide, oltre il caffè porta una scatoletta di baci Perugina»

«Stronzo, ci provi subito! Allora prezzo pieno per te!!»

Mentre mi avvicino le gambe della ragazza crescono e si allungano, arrivo lì che sono diventate tre metri e quaranta metri l’una

«Jess, ci sono novità?»

«E cingue che me lo dicheno, ma fino a ieri per caso nun me conoscevate?»

Ha una parlata di fuori Roma molto simpatica

«Non pensavo che avessi le gambe»

«Pensavi che fossi paraplegica? Come facevo ‘o servizio al tavolo?»

«Intendevo, avevi tutto quel ben di Dio e lo tenevi nascosto sotto i jeans?»

«Stamattina è passata n’ amica, stufa di vedermi così e m’ha cambiato l’aspetto: capelli, colore, trucco e vestiario»

«Praticamente ti ha rifatto il tagliando!»

«Che stronzo, perché, so’ così cambiata?»

«No, eri già carina»

«Sona falso, prima nun me guardava nisuno»

«Prima non ti conciavi così»

«Lo vedi che era vero???»

«Ma hai delle gambe splendide, quelle le avevi già, perché te le coprivi?»

«Nun me piace che me guardeno, pare sempre che me spojeno…»

«… Disse colei che si stamattina si è presentata seminuda»

«Avevo bisogno di certezze»

«Ora le hai, sanno tutti che sei una gran bella ragazza»

«Nun so’ più la sorella senza tatuaggi di Chef Rubio de Frascati?»

«Io non l’ho mai detto!»

«Ma gli altri sì, nevvero?»

«Rispondo solo in presenza del mio avvocato»

Continuo ad ammirarla, lei guarda altrove per farmi finire il giro di perlustrazione, è eccitata dalle attenzioni, i capezzoli si sono inturgiditi e premono contro la camicetta, ha delle tette bellissime che ha sempre nascosto sotto maglioni informi, un viso non di certo brutto, ma anonimo, che il trucco ha risaltato.

Sospiro.

«Beati i clienti! Ora andrai in giro così per i tavoli?»

«Massimo, ma sei scemo? Così avrei le mani di tutti sul culo? Ho anche i jeans ed un maglione, mi cambio cinque minuti prima del servizio»

«Ma sei bona lo stesso! Hai un’aura particolare»

Jessica si sporge verso il tavolo e fa gli occhietti a cuore

«Davvero? Sto fatto dell’aura nun me l’aveva mai detto nisuno»

Arrivano i caffè ed i cioccolatini

«Davide, simbazzito? Chi li ha presi questi? È la confezione da 8,25 euro, me voi da rovinà?»

«È da ieri  che Max me li ha ordinati per te»

Mi guarda.

«Davvero lo penzavi de ggià? Grazie!»

Cavolo, anche lo sguardo è diverso, perché non me ne sono mai accorto, mi rendo conto che da un po’ guardo i suoi occhi smeraldini invece del corpo

«Ti piacciono i miei baci? Era tanto che volevo farlo, ieri mi ero già deciso prima di vedere le cosc… ehm… il nuovo aspetto»

«Nun gomingià a esse malizioso, me piaceno quelli de cioccolato, li tua nun l’ho mai sentiti»

«Mi piacerebbe scambiarceli»

«Nooo, io nun te li gombro»

«Ma io vorrei i tuoi naturali, sono molto più preziosi»

Sculetta sulla sedia

«Sei proprio ‘no sporcaccione, peccato che me sei simbatico»

«Dai, stasera vorrei sfoggiarti, andiamo ad ascoltare della musica qui vicino»

«Ma poi ho problemi pe’ tornà a casa»

«Rimani da me, ho la stanzetta degli ospiti, puoi anche chiuderti a chiave se non ti fidi di me»

«Ma io me fido, è che nun ciò gnente pe’ cambiamme»

«Dalle mie parti non ti conosce nessuno, posso dire che sei la mia fidanzata che viene da fuori, mi faresti fare un figurone che per qualche anno starei a posto»

«Davero te piacerebbe famme combarì come fidanzata? Sei dorce!»

«Almeno rimedio alla figuraccia per non essermi dichiarato prima»

«In effetti me piacevi pure tu, ma nun me guardavi mai»

«Sono timido, avevo para del tuo rifiuto»

«Nun giavevo penzato, nun me guardava nisuno co’ la voja de portamme a letto, ecco perché!»

«Avevi pensato che non mi piacessi, che idiota che sono stato, potevo perdere tutto aspettando ancora»

«Poro cucciolo, ma io t’aspettavo, chettecredi!»

Le prendo la mano, gliela bacio, mi  guarda sorridendo mentre le dico nell’orecchio:

«Mi dai un bacio?»

«Voi quello de cioccolato?»

«No, quello dolcissimo, il tuo»

«Sìpproprio un marpio…»

Non le faccio finire la frase, le ho chiuso la bocca con la mia, sono riuscito nell’intento, come avrei fatto stasera a dirle che non ho una camera per gli ospiti e dovevamo dividerci il letto, oltretutto dovevo baciarla lungo il percorso fino a casa per fare il romantico, recuperare la macchina ed andare al locale… ma questa è un’altra storia

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Il drago verde

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