Ci ho lavorato tanto, in un modo così metodico che non mi riconosco. Una strategia che ha richiesto un anno di tempo per
arrivare a oggi. Non mi riconosco, in questa architettura, in questo architettare. Io non calcolo, non pianifico, sono impulso,
urgenza violenta e impatto... Invece, questa volta, ho lavorato ai fianchi, ho atteso, ho trattenuto gesti e parole, sono stata
presente senza esserci, ho agito senza agire... fino ad oggi.
Oggi era il giorno perfetto e lo sapevo! Ho preso ciò che serviva, ho fatto in modo che fossimo assolutamente sole, che lei si
rilassasse e si sentisse al sicuro e, prima che il pomeriggio morisse, ho colpito. Un colpo preciso, al tramonto, con il
bersaglio illuminato dall'ultimo raggio di sole ed io, il cecchino, ben coperta e all'ombra.
E ha funzionato. L'ho afferrata, l'ho baciata, mi ha baciata, mi vuole e la voglio. Il mio sangue corre, ho le vene in fiamme,
devo attendere fino a domani, sperare che non ci ripensi, fare in modo che non ci ripensi!
Dopo tanto tempo, tanto sopore, tante paure, tanta freddezza nel sangue e nei lombi, desidero di nuovo. E se sarà un
incendio e poi il deserto, non m'importa. Voglio l'incendio, la fiamma viva, la pelle che brucia, la paura in cenere, voglio una
rinascita.
Lei, pelle abbronzata, sapore di birra, lei, maglie strappate e isole arrossate nella stoffa dei jeans, lei, che voglio tanto da
non riuscire a dirlo a nessuno. Lei mi farà morire dell'ultima morte, porterà con se' il mio ultimo desiderio. Lo so già, non mi
illudo, questo fuoco si spegnerà con le prime piogge, le braci fumeranno ad ogni pesante goccia che cade mentre la luce
muore all'orizzonte, su un deserto piatto. Arriverà una notte fredda e sarà l'ultima morte; la morte del sangue e della carne,
di quello che mi rende viva, della pelle che vuole altra pelle da toccare, il vero amare, non c'è sentimento tanto appagante,
la peluria del suo ventre, il colore del sole sulle sue braccia, il cuore può battere quanto vuole, quella cicatrice sul suo collo,
questa voglia di azzannare quanto più posso prima che il mio incantesimo di vampiro si trasformi in cenere bagnata...
Ho davvero pianificato? E lei? Non abbiamo saputo tutto fin dal primo sguardo? Sì, l'ho saputo io e l'ha saputo lei.
Eppure, doveva accadere oggi, non un anno fa e neppure un mese fa. E l'ho fatto accadere. 
L'ho deciso ieri, ho definito i particolari nella notte, stamattina ho preparato il terreno: niente guardie del corpo, niente
distrazioni. Come per catturare un animale selvaggio, ho cosparso il bosco di bocconi succulenti su un sentiero studiato e la
fiera è rimasta nella tagliola senza possibilità di fuga... 
Quella che morirà dissanguata sono proprio io. La tagliola era per me, è sempre stata per me. L'ho creata, l'ho piazzata, il
dolore che mi arriva alla testa e il sangue che sgorga dalla ferita è il mio, sarà il mio, una tagliola arrugginita, sono già
infetta, brucio di febbre, di malattia del sangue, lei mi sta già uccidendo, mi sta suicidando.
L'ultima morte, poi distruggerò la fucina per le tagliole, l'ultima morte e potrò finalmente lasciar cadere la mia pelle,
l'ultima morte, per vivere ancora una volta e poi basta.

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