Il 29 gennaio 1980, in una piovosa giornata d’inverno, venni al mondo. I miei genitori, già avanti con gli anni, avevano a lungo desiderato un figlio e finalmente il loro sogno si realizzò. Crescendo come figlio unico, ricevetti da loro tutte le attenzioni possibili: non mi fecero mai mancare nulla, pur dovendo spesso affrontare sacrifici economici. Studiai con impegno, fino a conseguire la laurea.

Durante l’infanzia e l’adolescenza scoprii un lato particolare di me stesso: mi piacevano gli abiti femminili. Da bambino ero convinto di appartenere al genere femminile e trovavo naturale imitare mia madre nel modo di vestire. Quando lei se ne accorse, mi rimproverò duramente: “Questi vestiti appartengono alle donne, e tu sei un maschio”. Nonostante ciò, al liceo continuai a indossare abiti femminili di nascosto, prendendo mille precauzioni per non essere scoperto.

All’università, invece, vivendo in un bilocale da solo, ebbi finalmente la possibilità di esprimermi più liberamente. Non solo mi creai un piccolo guardaroba femminile, ma iniziai a vivere quasi quotidianamente come una ragazza, tranne quando dovevo recarmi a lezione o fare la spesa. Su internet seguii tutorial su moda e trucco, e con mia grande sorpresa divenni piuttosto bravo: imparai ad abbinare i vestiti, a scegliere i colori e a truccarmi con cura. Continuavo a provare attrazione per le donne, mi sentivo eterosessuale, ma non riuscivo a spiegarmi perché il vestirmi da donna mi facesse sentire così bene e rilassato.

Dopo la laurea trovai lavoro come supplente in una scuola privata. Poco tempo dopo, mio padre morì. Questo evento mi spinse a non allontanarmi troppo da mia madre: raramente passavo una notte fuori casa. Ma due anni più tardi se ne andò anche lei, lasciandomi in una profonda solitudine. Mi arrangiavo in cucina, mentre per le pulizie e il bucato mi affidavo a una giovane vicina di casa, Marianna, che accettò di aiutarmi in cambio di un piccolo compenso.

Marianna era stata madre molto giovane: aveva avuto suo figlio Angelo a soli sedici anni. Ora era una donna di circa quarant’anni, ancora affascinante e piena di vitalità. Una sera, felice perché il figlio aveva appena trovato lavoro in un’azienda di marketing, volle festeggiare insieme a me. Aveva preparato una torta e messo dello spumante in fresco. Mangiammo, bevemmo e, complici i troppi brindisi, le barriere caddero.

A un certo punto, con tono scherzoso ma pungente, mi chiese: “Cosa ci fanno tutti quei vestiti femminili nel tuo armadio? Hai un’amante nascosta? O sei gay?”. Mi sentii punto sul vivo e replicai: “Non ho un’amante e non sono gay. Se vuoi, posso dimostrarti che sono etero al cento per cento”. Lei, con un sorriso provocatorio, rispose: “Provaci, se ne sei capace”. In pochi istanti si spogliò completamente.

Perdi il controllo: la desiderai con un’intensità che non avevo mai provato. Facemmo l’amore con trasporto, passando dal divano alla camera da letto, senza più freni fino all’alba. La mattina seguente, fui svegliato dal telefono: era Angelo, che mi chiedeva notizie della madre, non trovandola a casa. Lo rassicurai dicendo che aveva festeggiato con me e si era addormentata sul mio letto, mentre io avevo dormito sul divano.

Quando Marianna si svegliò, sorpresa di trovarsi nuda nel mio letto, mi chiese spiegazioni. Le raccontai la verità: la sua provocazione, la sfida accettata, la passione che era esplosa. Lei rimase turbata, ma ammise che, pur essendo stata un po’ brilla, l’esperienza le era piaciuta. Dopo un caffè, tornò alle sue faccende come se nulla fosse.

Qualche settimana più tardi, rientrando dal lavoro, la trovai seduta sul divano, visibilmente agitata. Mi disse, in lacrime, che era in ritardo con il ciclo. Comprai subito un test di gravidanza: il risultato fu inequivocabile, Marianna era incinta. Entrambi fummo presi dal panico. Poco dopo arrivò Angelo, e lei, decisa a non nascondere nulla, lo abbracciò dicendo: “Tesoro, ho una bellissima notizia che cambierà le nostre vite: sono incinta”.

Il ragazzo, sconvolto, replicò: “Ma alla tua età?”. Lei, quasi offesa, ribatté: “Non sono vecchia, sono nel fiore degli anni”. Angelo allora chiese chi fosse il padre. Marianna mi indicò. A quel punto lui mi fissò con rabbia: “Che cosa hai fatto a mia madre?”. Risposi: “Niente di male. Ho solo esaudito un suo desiderio, e ne sono orgoglioso”.

Ne nacque un’accesa discussione. Angelo ci accusò di essere irresponsabili e se ne andò sbattendo la porta.

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