Non importava se l’aumento dello stipendio se ne andava tutti i mesi al gioielliere, non importava se doveva rinunciare ancora alla sua pizza bianca e neppure gli importava più di arrivare con le tasche vuote al giorno trenta (o trentuno); doveva decidersi: avrebbe chiesto la mano di Jenny ad ogni costo.

Decise che l’avrebbe portata in un bel ristorante, economico ma carino. Vista collina, cibo sano, aria fresca e pulita, non troppo distante da Caselminore, visto che non possedeva mezzi di trasporto propri e non aveva ancora preso la patente.

Quando chiamò, la dottoressa Lorenzi era in sala operatoria, gli dissero che avrebbero riferito il messaggio. Non ne andava dritta una. Avrebbe dovuto rimandare la cena alla sera successiva, proprio il giorno in cui l’Italia era giunta ai quarti di finale europei con la Spagna!

Porca puzzola!” pensò.

In effetti la dottoressa Lorenzi lo chiamò intorno alle 20, con la voce stanca di una che si era guadagnata la pagnotta senza sosta.

“Ciao, tesoro mio. Come stai? Sono esausta, giornata di interventi: 2 femori, 3 rotule, una frattura scomposta.” La descrizione della giornata di Jenny fece a James l’effetto di un lassativo: si sdraiò sul divano prima di cadere a terra come una pera matura “La tua giornata è stata migliore?”

“Era il mio giorno libero.” Sospirò lui “Avrei voluto invitarti a cena ma, vista l’ora, credo dovremo rimandare…”

“Facciamo domani sera! Visto che ci sarà la partita troveremo i locali vuoti!”

Eccola là! Tempismo perfetto dottoressa Lorenzi. Si era già pregustato una serata svaccato sul divano, in mutande e canotta, sorseggiando l’unica birra che poteva concedersi in un anno… invece… Ah, l’amore! 

“Va bene.” Gli uscì. Va bene? Non andava bene per niente ma aveva acquistato un anello da 9000 euro e si sarebbe tagliato le vene piuttosto che rinunciare a fare la sua proposta.

Decise tutto lei. Ristorante, cibo, luogo, così James si ritrovò seduto nella cabriolet rosa di Jenny con i pochi capelli sbattuti dal vento e la pelle arrossata dal sole del tramonto. Curve. Curve su curve. Si ammutolì alla quinta curva, alla nona iniziò a sbiadire in volto, giunse sul luogo con un leggero colorito violaceo, in tinta con la cabrio. La dottoressa Lorenzi sembrò non accorgersi di nulla fino a che non furono seduti al tavolo. Il ristorante era completamente vuoto. Neppure uno schermo che potesse dargli almeno la più pallida idea del risultato calcistico ma, quel che più lo preoccupò fu il menù: sushi!

“Non mi sembri molto in forma.” Disse Jenny guardando finalmente il suo viso color lavanda “Ti ha dato fastidio l’auto?” James annuì “Devi scusarmi, non tutti riescono ad abituarsi alla mia guida sportiva.” Sorrise lei. Anche Calamaretti accennò un sorriso tirato, pensando a quello che avrebbe dovuto ingurgitare.

Per tutta la sera le portate di pesce crudo si susseguirono lentamente, fuori silenzio, lo stomaco dell’ispettore iniziò a rombare in maniera piuttosto prepotente, tanto che al terzo rimbombo Jenny lo guardò e si accorse che il colorito era passato al grigio perla.

“James! Stai poco bene?” Lui alzò la mano e la fece oscillare poi si alzò e corse al bagno dove riuscì a liberarsi di tutto ciò che aveva ingurgitato che non era molto. Si guardò allo specchio: grigio topo. Rovistò in tasca, tirò fuori la scatola con l’anello da 9000 euro, tornò da Jenny e, senza sedersi, le mise la scatoletta aperta a lato del piatto ancora pieno di salmone affumicato:

“Vuoi sposarmi, Jenny?”

La Lorenzi spalancò gli occhi blu e si illuminò in un sorriso a 32 denti, facendo sì con la testa, James scappò ancora in bagno.

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