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Son nato di sabato, cent’anni fa. Mia mamma, la Maria, che in verità si chiama Leandra, ha 23 anni, non s’è ancora sposata con mio padre, il Carlo, ma a giugno lo faranno e si mariteranno nella stessa chiesetta del mio battesimo, quella di Brancon. Lui è un ragazzo del ’99. Non ha paura di niente. È nato a San Paolo del Brasile, nel caldo e nella polvere di una fazenda, a diciassette anni l’han spedito sul Carso, con tanta grappa tra le vene e un coltello tra i denti nella notte, a passar la linea nemica. Mi han chiamato Egidio di primo nome e Mentore di secondo. Mentore era uno dei quattordici fratelli di mio padre, quello nato un anno prima di lui e poi morto in nave, di tifo, durante la traversata per tornare a casa. A lui il Mentore gli è rimasto nel cuore. Così Egidio resterà solo sulle carte, e tutti mi chiameran Mentore. Anche il giorno che son morto in mezzo alla neve, era di sabato. Una mitragliata nella schiena, mentre saltavo da una buca all’altra nel freddo e nella nebbia delle cinque di mattina in mezzo alla steppa. E quando son caduto ho chiamato “Mama, mama!“ e l’Adriano, il Tommasi, quello del Poggio Rusco che stava dietro di me, ha sentito che mi lamentavo, ma non m’ha più visto in mezzo alla bufera. Ed è andato avanti. E a me, quando son cascato, è passato per la mente il mio fratellino, il Giovanni, che ha quattro anni adesso e io gli ho costruito un carretto per giocare prima di partire, e dovreste aver visto quanto rideva felice mentre lo spingeva su e giù per la strada. E poi m’è venuta in mente la Bruna. Ah quant’è bella la mia Bruna! È mora ed ha un viso bambolina e diventa sempre rossa quando la guardo. Se solo fossi tornato da qui le avrei chiesto di diventare la mia morosa.
E poi m’è venuto in mente l’Adriano. È il mio amico del cuore. Quante ne abbiamo fatte assieme! Chissà se è ancora a Corfù ? Abbiam vent’anni, ma ce ne sentiamo il doppio. Tutta ’sta miseria e ’sti orrori della guerra ci han fatto invecchiare in fretta. Quanto schifo che ho visto qui. Spero solo che il mio Giovannino non debba mai vederlo. Insomma, son cascato qui, di sabato, con la faccia sprofondata nella neve e poi è piovuta altra neve dal cielo e poi altra ancora e m’ha coperto tutto e poi nessuno m’ha più visto. E dopo è arrivato il disgelo e poi l’estate, ma qui, sotto a questa balca, nessuno ci vede. Sì perché siamo in tanti cascati per terra così, a faccia in giù. E siam rimasti per sempre qui. A casa la Maria quanto ha pianto! Quante corriere che ha aspettato sperando che da una o l’altra scendessi anch’io. Ah… quanto che ha pianto! È diventata mezza matta. Le han anche detto che mi son sposato e son restato qui e che son felicemente maritato, e per fargliela andar giù le han dato anche mezza pensione di guerra. Speriamo che serva per tirar su Giovannino! Il Tommasi, no, lui ce l’ha fatta. Ha impiegato quattro anni, gli han tolto tre dita congelate dei piedi, ma è tornato a casa. La Bruna s’è sposata con il Tonino, alla fine non è che lui le abbia voluto un gran bene, ma insomma ci ha fatto due figli. Ah… la mia Bruna! Oggi faccio cent’anni. Cent’anni di venerdì. Son sempre qui in mezzo alla neve ed ho vent’anni per sempre.
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Utente Anonimo
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