Lunedì mattina, oggi devo assolutamente stirare le camicie di mio marito. Ho una sedia piena di panni da stirare alta quanto il Monte Bianco. Metto l'acqua nella caldaia della stirella , apro l'asse e tengo a portata di mano l'appretto spray.

Sono piuttosto brava e mi piace stirare, specialmente le camicie. Guardo compiaciuta la prima. Perfetta. Apro l'armadio a muro, dove camicia e magliette pendono in bell'ordine dagli appendini di alluminio, e per poco non mi prende un colpo. Sono tutte sporche di sangue. C'è sangue dappertutto che gocciola fin sul pavimento. Mi manca il respiro, sto ansimando, vorrei respirare. La camicia appena stirata mi cade dalle mani mentre vado ad aprire la finestra nel vano tentativo di riprendere fiato. Quando mi giro nell'armadio è tutto in ordine, non c'è più sangue e le mie belle e ben stirate camicie pendono al loro posto. Raccolgo quella caduta e la sistemo nell'armadio. Chiudo le ante, stacco la presa del ferro e fuggo al piano di sotto. Vado in bagno per bagnarmi il viso ed è tutto sporco di sangue. Sangue dappertutto sul lavandino, sul bidet, nella vasca e dentro al water, perfino sul muro e sulle piastrelle. Gli asciugamani grondano e per terra si è formata una pozzanghera rossa. Esco, sono sconvolta e suono alla vicina di casa. Non siamo amiche perché è arrivata da poco , ma quando mi vede capisce che sono sconvolta perché farfuglio più che parlare. Mi fa entrare in casa e mi offre un posto sul divano <<Le posso dare un cordiale o gradisce qualcosa di forte?>>

<<Grazie, si>> non riesco a dire altro. Non voglio raccontarle quello che ho visto, mi prenderebbe per pazza. Mi porge un bicchiere di cognac francese da cento euro la bottiglia (minimo). Mi pare che si tratti abbastanza bene, si vede che i lillari non le mancano. Scambiamo poche parole e mi pare di essermi ripresa. Mi giro per osservare un dipinto alle mie spalle e per poco non cado a terra fulminata: dal quadro gronda una cascata di sangue che scivola sul muro fino al pavimento in pregiato legno di ulivo. E' orribile. Lei sembra non accorgersi di nulla e continua a parlare del più e del meno. Mi alzo, la ringrazio e la saluto. Appena sto per varcare la soglia lei mi posa una mano sul braccio. <<Vai, tanto so dove trovarti. Ti prendo quando voglio>>. Mi sorride mostrando due file di denti aguzzi , feroci, da belva. Non rientro in casa, scendo le scale a precipizio e sul portone mio marito mi blocca. <<Dove credi di andare? Torna su che stasera abbiamo da fare con te>>.

Grido, ma nessuno mi sente, mi trascina su in casa e mi sbatte sul letto con violenza. Penso ''che ci fa qui, dovrebbe stare in ufficio a quest'ora'' e svengo.

Quando mi risveglio sono in un letto bianco e confortevole, in una stanzetta bianca e azzurra. Ho due flebo attaccate al braccio e alcuni elettrodi in testa collegati con macchine che emettono impulsi luminosi. Mio marito mi tiene la mano e ha gli occhi pieni di lacrime.

<<Amore, ti sei svegliata! Come ti senti?>>

<<Dove sono che mi é successo?>>

<<Sei in un reparto di rianimazione dell'ospedale, appena starai meglio ti riporterò a casa. Il ferro da stiro era rotto e ha fatto corto circuito, hai preso una scossa da trecento volt. Sei rimasta in coma per dieci giorni. Ho avuto paura di perderti>>.

<<Figurati, sono sempre qua più viva che mai. Ho fame>>.

<<Adesso sì che sono sicuro che stai bene>>, mi sorride felice.

Appena mi dimettono, vado in pizzeria e mi strafogo di fritto misto calamari e gamberi. Compro una stirella nuova e cerco una ragazza che venga a stirare per me.

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