Le scale mobili mi portano verso l’inferno, un’afa terribile mi attanaglia, il 10 agosto a Roma è un incubo indescrivibile.

Sono le otto di mattina, devo farmi quasi tutta la linea A, come tutte le mattine per undici mesi l’anno. Oggi è l’ultimo giorno prima delle ferie, per un mese non voglio più scendere sottoterra. Molta gente è già partita, non c’è il solito fiume umano. Mi giro come sempre per vedere le ragazze che scendono dietro di me, stamattina ce n’è una che vale per dieci, due gambe che viste dal basso aggiungono trenta punti al suo fascino, è bionda con due code ai lati della testa tenute da elastici a ciucciotto, bocca a cuore, occhi verdi dietro ad un paio di occhiali da vista che le donano un fascino intellettuale. Un vestitino bianco leggero e dei sandali bassi, tutto ciò che indossa (a parte ciò che non mi è dato vedere). È con una sua amica, carina, ma che sparisce in confronto a lei.

il convoglio è già fermo in banchina, allungo il passo per prenderlo, quando arrivo inizia a chiudere le porte, le tengo bloccate aspettando le ragazze, riescono ad entrare.

Mi ringraziano emettendo una falsa ansimata, per far capire che hanno fatto appena in tempo e si mettono a sedere davanti a me, siamo gli unici di quella parte di vagone.

La bionda mi guarda: «meno male che c’era lei, in estate diminuiscono le corse, la prossima passerà tra almeno un quarto d’ora»

L’altra continua: «è vero che siamo in anticipo, però un cappuccino tranquillo al bar fa iniziare bene la giornata»

«meglio non rischiare, l’altro mese ho perso una corsa mentre ero sulle scale mobili e per problemi tecnici la corsa successiva c’è stata dopo un’ora»

«è vero!» mi risponde l’amica «lei la prese, bastarda, mentre io dovetti aspettare»

Parlando di guasti tecnici e ritardi, arriviamo a Termini, nel frattempo ho scoperto che ha dei piedini splendidi, delle bellissime mani affusolate, ma non sono riuscito a sbirciare altro, ha messo la borsa sulle gambe.

Quando si parla di problemi metropolitani si fa subito amicizia, altre persone si uniscono a noi nella disamina dei guasti, discorsi accavallati, la sua amica si unisce con foga a due massaie incavolate, ne approfitto per fare un’intervista più approfondita, si chiama Laura, ha 26 anni, scenderà ad Arco di Travertino per andare in ufficio, reparto amministrativo di una società, l’altra scende molto prima, a Re di Roma, ne approfitto per mettermi vicino a lei, per non dover urlare.

«se scendo anch’io lì, posso offrirti la colazione?»

«qual è la tua fermata?»

«Colli Albani, ma non ho orari, sto registrando la base di un disco, posso arrivare a piedi con calma, vorrà dire che il fonico inizierà da solo»

«ci sto, ma la colazione devo offrirla io»

«per quale assurdo motivo?»

«oggi inizio le ferie ed il tre settembre mi sposo, ti sembra ancora assurdo?»

«no, permettimi di farti gli auguri, hai ragione, offri tu»

ride

«l’hai presa bene»

«si capiva così tanto?»

«beh, ero sicura che al bar mi avresti chiesto di venire in vacanza con te»

«no, avrei chiesto di sposarti e di essere la madre dei miei figli»

un’altra risata squillante

«come potrei rifiutare una proposta così allettante? Va bene, sarò bigama» stavolta sono io a ridere, ci alziamo per uscire, arriviamo in superficie e ci dirigiamo verso il bar, rallento impercettibilmente, il sole mi dona un suo controluce, i vestiti bianchi d’estate sono un dono di Dio, le sue gambe faranno parte dei desideri irrealizzati della mia vita, si gira

«puoi camminare di nuovo vicino a me, ho fatto finta di credere al tuo rallentamento, è da quando eravamo sulla metro che cercavi disperatamente di sbirciare… e pensare che non mi vedo bella, cerco di valorizzarmi, ma le gambe sono secche, le tette sono piccole, ho tre gradi di miopia, la bocca è larga e le labbra sono sottili»

«nient’altro? Ora se vuoi comincio a dirti le cose belle che io vedo in te, ma poi faresti tardi al lavoro»

«grazie, gli ultimi complimenti da lavorante zitella, al ritorno dalle vacanze, con l’anello saranno più discreti»

«ci sediamo ad un tavolino esterno, me lo devi, grazie a me hai preso il metrò prima»

«va bene, ricordati che pago io, non mi far fare le corse per precederti alla cassa, voglio gustarmi con calma il mio… ecco Gianni, ciao, lo chiedo direttamente a te» si avvicina il barista

«tu lo so cosa prendi, il signore invece?»

«caffè e cornetto alla crema» chiude gli occhi ed allunga le gambe per prendere il sole

«sei scorretta»

«scusami, è il momento che preferisco, prima di chiudermi al buio dell’ufficio, puoi guardare, non protesto»

Ecco, questi sono i momenti che dividono la vita in due, conosci una ragazza splendida, può dirti di sì e può dirti di no, com’è successo. Se diceva di sì, forse non sarebbe stata la donna della mia vita, ma… chi può dirlo? Ormai nessuno saprà mai come poteva andare a finire.

Forse nelle altre dimensioni parallele potrebbe aver perso il metrò perché è inciampata sulla banchina… oppure può essere scesa a Re di Roma con la sua amica… oppure proprio lei potrebbe esser scesa lasciandomi la sua amica carina che mi sarei portata a letto il giorno stesso, oppure… oppure in questo preciso momento la sto baciando mentre è sdraiata sulla sedia a prendere il sole, dopo aver accettato la mia corte, partiamo domani per i Caraibi.

Devo riuscire a trovare la dimensione giusta cavolo, ho una ventina di giorni di tempo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

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