La sconosciuta non ha un nome, non ha una casa dove andare, un letto dove dormire, non ha nulla.

Non se ne fa un cruccio, da che ricorda la sua vita è sempre stata questa e non ha niente da piangere o da recriminare.

Non ha amici, né un lavoro, vive dove capita, dorme dove capita, mangia quello che la mensa dei poveri le offre. Frequenta persone come lei, altri individui senza identità con i quali lega lo stretto necessario, quanto basta per avere punti sbilenchi di riferimento. Spettri invisibili agli occhi della società, ma che si manifestano fra loro, dividendosi le misere cose che posseggono, un tesoro inestimabile che custodiscono con cura.

La sconosciuta stona fra i suoi simili, sembra capitata per sbaglio in questo universo parallelo: è sempre pulita, non ha l'odore tipico della strada, della polvere, di corpi emaciati dalle privazioni, non ha l'odore forte delle notti gelide o caldissime passate sui marciapiedi o sulle panchine.

Non chiede mai l'elemosina, non barcolla quando cammina, non beve schifezze.

La sconosciuta non parla.

Alcuni dei fantasmi la chiamano “sguattera” perché quando le va bene fa la lavapiatti in qualche pizzeria per una mancetta. Non si lamenta mai, potrebbe avere tra i 15 e i 20 anni, è bella, la carnagione è chiara, i capelli biondi corti. Ogni mattina si lava senza fare rumore nel convento delle Sorelle della Pietà Misericordiosa. Entra nel retro, in accordo con la madre portinaia. Si sono incontrate per caso mesi fa, alla mensa dei poveri. La religiosa una mattina ha incrociato i suoi occhi e da allora non li ha più dimenticati: si è avvicinata con discrezione, tentando di instaurare una conversazione anche minima, sedendosi al suo triste tavolino, l'ultimo della sala, quasi nascosto, per non dare fastidio.

“Come ti chiami?, io sono suor Angela”. Nessuna risposta, solo un cenno col capo di ringraziamento per il cibo che sta mangiando. La suora non prosegue oltre, sa che è difficile comunicare con queste persone, però non si arrende e le prende una mano. Prova una stretta al cuore nel vederla da vicino, “una ragazza così giovane non dovrebbe essere qui, non ha una famiglia, una casa, qualcuno che l'aspetta”? La pelle è delicata, morbida, le unghie curate. “Un fiore benedetto e incontaminato tra la disperazione, un raggio di sole inaspettato, forse un segno di Dio”, pensa.

 

Insiste “Hai bisogno di qualcosa? Vuoi lavarti i capelli, vuoi fare una doccia calda vuoi dei vestiti nuovi?” Le escono così queste parole, d'istinto. “Hai dei capelli così belli che è un peccato non tenerli curati”. La sconosciuta li tocca e annuisce. Suor Angela è contenta perché ha aperto un piccolo varco nella corteccia della sua diffidenza. ”Finisci di mangiare, poi vieni a chiamarmi. Ti accompagno in convento dove puoi lavarti, non preoccuparti di niente, voglio solo aiutarti”. La ragazza la fissa negli occhi quasi per scovare un segnale anche minimo di una trappola o di un inganno, poi pensa, che una suora farebbe un peccato grave a mentire.

Decide di fidarsi e dopo un'oretta quando ormai la mensa si sta svuotando di spettri non più affamati, si avvicina alla religiosa, in disparte per non disturbare, le tira piano la veste nera per farsi notare e vedere. Suor Angela la prende per mano e con voce materna le dice “Vieni andiamo a darci una sistemata”. La sconosciuta incespica, non sa se seguirla o scappare, ma il calore della mano della suora le trasmette un senso di fiducia e di bontà. Lei che non ha mai conosciuto né l'una né l'altra la segue senza protestare e senza dire una parola nonostante la suora faccia di tutto per avviare un discorso.

Entrano dal retro del convento, Suor Angela vuole evitare le reprimende della madre superiora, ”Questa porticina è sempre aperta, la chiudo io alla sera, quindi se vuoi e quando ti senti, passa da qui, in fondo al cortile c'è un bagno. Non avere paura, è un cortile di servizio, quello principale col giardino, è dall'altra parte, circondato da un porticato e poi siamo soltanto sei sorelle, qui ci vengo solo io. Entra nel bagno e aspettami che torno”.

 

La sconosciuta obbedisce senza fiatare. Il locale è piccolo ma c'è tutto l'occorrente per una veloce pulizia, dalla doccia, al lavandino, a uno specchio. Dopo qualche istante la religiosa torna con tutto il necessario, un bagnoschiuma, una spazzola, un pettine e una salvietta, nell'altra mano una borsa di plastica con alcuni vestiti puliti. “Spogliati” le dice come direbbe una madre alla figlia e apre il rubinetto dell'acqua calda ”Se hai vergogna a farti vedere nuda, mi giro dall'altra parte”. La sconosciuta entra in doccia e il suo corpo bianco come l'innocenza, viene avvolto da un getto caldo di acqua, poi vuota il bagnoschiuma e con delicata energia le sue mani corrono sul corpo e sui capelli. Non vorrebbe più uscire, si sente a casa e pensa che questa suora potrebbe essere la madre di cui non ha memoria. “Posso girarmi adesso?” Non aspetta risposta e le allunga la salvietta per asciugarsi. La ragazza senza un passato, allontana suor Angela che vorrebbe aiutarla. Non vuole che altri la tocchino. Alla fine si osserva allo specchio, si veste pettinando all'indietro i capelli. Prima di fuggire abbraccia la suora. Deve andare a lavare i piatti alla pizzeria La Gioconda, ha questo nome perché si dice che il proprietario sia un discendente di Leonardo da Vinci e solitamente ai tavoli ci sono pseudo artisti, pittori, musicisti, scrittori e attori che non hanno mai calcato le scene. Fra di loro, tra una nebbia di sigari e sigarette, nonostante il divieto di fumare, parlano di successi, ingaggi importanti, sapendo però che sono solo bugie, illusioni o sogni; e più ne parlano più ci credono, giusto il tempo di mangiare qualcosa ad un prezzo irrisorio, perché il proprietario si sente un mecenate, in dovere di aiutare il loro genio incompreso. Quando escono con la pancia piena, ripiombano nella tristezza solita, diluita dall'abbondanza di vino ingollato, per raggiungere i pressi della discarica dove abitualmente si trovano per la notte. Anche la sconosciuta, a breve, li raggiungerà attraverso la scorciatoia che passa sotto il cavalcavia.

 

 

 

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