L'appuntamento

di Dario Mazzolini 

 

Si erano dati appuntamento in una stanza di un Motel, fuori dalla città e con l'insegna illuminata giorno e notte che si vedeva anche nella peggiore delle nebbie.
M. lo attendeva, senza entusiasmo, avrebbe potuto andarsene; niente la tratteneva in quello spazio dove respirava odori di altri amplessi, di solitudini che trascinavano dolori e sofferenze. Ormai era tardi per i ripensamenti e l'idea di questo sconosciuto, con il quale passare qualche ora di sesso alcolico, la incatenava al letto. Una moquette verde macchiata, un tavolino, un posacenere e appeso alla parete un maxischermo con canali satellitari per adulti. 

In  fondo, pensava, non ho più nulla da perdere.

Stanca si toccava continuamente i capelli, guardandosi nello specchio che rifletteva occhiaie profonde, malinconiche e disilluse. Una sigaretta dopo l'altra, boccate di veleno, fumo masticato, privo di gusto.
Lui arrivò in ritardo, salutandola con un mugugno incomprensibile, senza pronunciare il suo nome. Si udiva solo il ronzio del frigobar mentre il silenzio intorno appesantiva tutto il disagio e il disprezzo per le loro vite: erano delusi, inermi, sconfitti. Avevano oltrepassato il limite, corpi morti che cercavano una via di fuga. Anche C. si sedette attendendo qualcosa che stava per capitare. 

Volse lo sguardo verso di lei che non smetteva di fissare lo specchio di fronte. Si alzò prese due birre dal frigobar, M. si spostò indietro i capelli con un gesto sensuale non voluto. Togliendosi le scarpe si lasciò cadere sul letto.
Allungò le braccia, lo voleva con rabbia, desiderava la sua rabbia, il suo nulla per dare un senso alla propria solitudine, al proprio disperato bisogno di appartenere a qualcuno, anche se per finta. Si spogliarono insieme fissandosi negli occhi, i loro corpi nudi mostravano la noia, l'angoscia del tempo e le ferite dell'amore quando non c'è. E fu somiglianza di passione che polverizza l'anima oltrepassandola, baci crudeli, rubati e pretesi, disarmonia di due assenze, di due corpi lontani.
L'ansia diventò rancore e in quell'attimo finale di sublime vuoto gridato, la stanza divenne un angolo di Purgatorio dove affondarono per riemergere.
Si rivestirono e uscirono senza parlarsi, senza voltarsi indietro, ognuno per la propria strada.

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