ELSA

Civitavecchia? Una pentolaccia.

Il mare c’è, come no, se c’è il porto c’è anche il mare.

Ma lo vede solo chi torna e chi parte.

Chi sta dentro la pentola vede solo muri muri muri muri.

Sì mi gira male, mi dà tutto fastidio, mi alzo, spiccio un po’ casa e mi ributto a letto, nemmeno la televisione guardo più, non lo so che ci ho. Però so che a Civitavecchia ci sono nata troppi anni fa, ma non mi è mai sembrato un buon motivo per restarci, tant’è che nel ’70, piantai Franco Sinali, portuale e sposai di corsa Vito Giacomelli, maiolicaro di Roma e, quel che più conta, a Roma residente.

Via Attio Labeone 48. Abitavamo con suo padre, sua madre e sua sorella. Tutti stronzi e il Quadraro non era Las Vegas, ma c’erano gli eterni lavori della metro a cento metri e Cinecittà a due fermate di tranvetto Stefer.

Ci andavo tutti i giorni e porca miseria quelli sì erano giorni, come diceva la canzone. Mia suocera storceva il naso, ma io mettevo la scusa che al mercato della Subaugusta i pomodori stavano a 20 lire di meno, saltavo sul tranvetto blu e tanti saluti. Quando scendevo al capolinea li compravo subito i pomodori, così mi toglievo il pensiero, poi la mezz’oretta davanti all’ingresso di Cinecittà non me la toglieva nessuno. Che facevo di male?

Ce l’ho ancora il quadernetto degli autografi e sono più le firme delle comparse e delle impiegatelle che quelle dei divi, perché per non sbagliare, io l’autografo lo chiedevo a tutti, ma proprio tutti quelli che entravano e che uscivano.

Di Roma non m’è rimasto altro. Quando sono rimasta incinta di Claudio ero di nuovo a Civitavecchia, con un marito non più maiolicaro ma portuale come Franco Sinali, che poi se n’è fatte poche di risate alla faccia mia….

Mio padre aveva trovato il posto fisso a Vito e l’appartamento a ventimila lire al mese proprio sopra al suo e dagli a ridere, proprio sotto a quello di Sinali, che intanto s’era sposato la cugina americana, Mary Sinali… Neanche la fatica di cambiare cognome ha fatto quella là.

Mai l’ho potuta soffrire, mai! Né a quei tempi che si dava un sacco di arie perché era stata missnonsochecavolo dalle parti sue, né oggi che il povero Franco non c’è più e lei è un comò e siamo pure consuocere.

Per farla breve da Civitavecchia non mi sono più mossa. Ho avuto Claudio, poi Tiziana, le rate, le corna e gli alimenti perché Vito s’è dato.

Insomma come moglie non mi sono fatta mancare niente e lo so che anche a Roma una moglie non avrebbe avuto di meglio. Ma Vespucci Elsa ex in Giacomelli, che sarei io, ci pensa ancora a quel tranvetto della Stefer, alle buste dei pomodori.

All’ingresso del Paradiso….

 

MICAELA

Vivere a Civitavecchia con la noia che fa su e giù come i traghetti delle FS., su e giù come un pezzo di broccoletto mal digerito. Vivere immaginando qualcosa da immaginare. Stiamo tutti nella pentolaccia, sì, ha ragione Elsa, tutti dentro e attorno muri e la gente va da un muro all’altro, così, come se cambiando muro cambiasse anche l’aria alle stanze della propria vita.

Chi sta meglio sono i vecchi che si sono tolti il pensiero di agitarsela. I ragazzi se la inventano come possono. Davanti ai bar le copie di Ambra ridono a strilli, le copie di Fiorello agitano il codino, appiccicati ai vesponi come se il culo fosse un francobollo e il sellino la busta.

Potrei essere una di loro, ho vent’anni, ma sarà che la copia non l’ho mai saputa fare e sogno anch’io di partire. In America ci ho ancora una nonna e qualche zio, ma intanto abbozzo e non mi lamento, non faccio come Elsa che dice dice, ma a Civitavecchia poi ci sta, punto e basta. Come gli altri, né peggio né meglio degli altri.

Le roderebbe anche a Parigi perché quando arriva la menopausa è un momentaccio e io glielo dico sempre a mia suocera (è mia suocera Elsa), sì, glielo dico e glielo ridico di non fissarsi col passato che è peggio. Io lo so, ci sono già passata con mamma che da quando le sono finite le cose sue o spalanca finestre pure a gennaio o si chiude in camera coi ricordini sparsi sul letto.

Elsa ci ha gli autografi e mia madre le foto di quando era miss Pizza napoletana a Brooklyn nel 59. Aveva 18 anni, i capelli gonfiati a melone e 52 centimetri di vita. Oggi pesa novanta chili, si guarda e piange….

No, io non conservo niente, neanche le foto del mio matrimonio al Comune, se le tenessero loro, io ricordi non ne voglio più.

Voglio solo me stessa, Sinali Micaela, momento per momento e se avrò una figlia (sono al settimo mese e non lo so se è maschio o femmina, non lo voglio sapere), se avrò una figlia le insegnerò solo questo: NON RIMPIANGERTI MAI. Ai maschi inutile dirlo. Quelli non crescono. (SEGUE)

 

 

 

 

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