La vide sulla pensilina opposta mentre la metro B era in arrivo.

Cercò di capirla, ma il treno arrivò togliendola al suo sguardo, che era stato rapito da quella gentilezza e serietà composta che lo colpirono inesorabilmente, lasciandogli un’immagine indelebile di dolcezza.

E dire che quel tratto di percorso si riempie talmente tanto... che qualche volta ti tocca aspettare il

treno dopo. Ma comunque lei andava verso Termini, magari per prendere poi la linea A verso Spagna, o meglio verso Lepanto.

Gli sembrava plausibile vederla in un lavoro preciso: uno studio professionale, oppure un impiego in una

società internazionale.

Fantasie! Non l’avrebbe rivista più, se non fortuitamente qualche altra mattina mentre andava nella direzione opposta alla sua.

La sua metrò arrivò… lasciò scendere i ragazzi, che avevano poca fretta di entrare nelle aule universitarie

così vicine a quella fermata, e poi entrò sistemandosi, ma pronto per uscire due stazioni dopo.

La mente era sempre lì su quella immagine così dolce e serena, quasi si prendeva in giro da solo a riproporsela nella sua testa.

'Che vuoi fare domani mattina? Prendere la metro con lei in direzione Termini? E poi che le dici? Come ti puoi presentare? Che ridicolo saresti! Queste cose accadono solo nei film ma sulle metropolitane di New York, di Parigi, di Londra. No, su quelle di Roma proprio no.'

Il treno volò per quelle due fermate e lui si proiettò verso il suo studio con la flemmatica fretta di sempre.

Il giornale Metro in una mano, dove aveva percorso le notizie con la stessa velocità del treno; la borsa del computer nell’altra, ma era bilanciato preparandosi per la frenata lenta che precede

l’apertura delle porte.

Era la solita giornata, con le solite parole dette al solito telefono alle solite persone per i soliti scopi.

Poi l’appuntamento dall’avvocato per la causa di separazione che era in via di soluzione.

Prese il treno in direzione opposta, quando gli uffici dell’Eur scaricano con veemenza i loro occupanti sulle banchine della metropolitana.

Quella era piena zeppa e poi con quel caldo estivo lui la preferiva nel tratto in galleria più di quello in superficie: l’aria che entrava dai finestrini era fresca quanto quella del ventilatore condizionato che

frullava sulla testa sua e degli altri occupanti la vettura.

Scese a Termini, dove s’incontrano le due linee principali riversando nella corrente dei corridoi migliaia di anime fagocitate dalla fretta e dai troppi impegni.

'Che vita è questa?', si domandò guardando il suonatore di violino che con il figlio attendeva un treno più libero per poter dispiegare le sue capacità musicali.

'Troppo caos, ma siamo sereni non c’è nessun tipo di allarme: c’è solo la fretta di ciascuno di noi, che si scontra con la fretta dell’altro'.

Il colloquio con l’avvocato durò poco, le formalità si erano ridotte da un pezzo e bisognava solo aprire il carnet degli assegni.

Aveva lasciato la borsa in ufficio e non sapeva se tornare a prenderla oppure lasciarla lì, vista l’ora che non avrebbe consentito un minimo di approccio lavorativo.

Entrò nella metro mostrando il suo abbonamento e si andò a cercare un posto a sedere sui sedili grigi che ti fanno sentire anche più solo.

Guardò il tabellone che lo invitava a stare seduto dati i 4 minuti previsti

per l’arrivo del treno. Poi abbassò lo sguardo sul pavimento dove la giornata trascorsa venne

rapidamente riproiettata.

Davanti a lui cadde una borsa da donna rovesciando il contenuto nel raggio di un metro.

Il telefonino della sfortunata rimbalzò rotolando pericolosamente verso il bordo della banchina.

Lui, libero da borse, scattò superando le altre cianfrusaglie sparse davanti alle sue gambe e saltò bloccando quel Nokia nuovissimo prima che diventasse obsoleto tra i binari della metro.

Lo raccolse soddisfatto e girandosi verso la proprietaria aprì un sorriso sereno e rassicurante.

Incrociò lo sguardo di lei che era china a raccogliere portafoglio, agenda e quelle misteriose cose che solo una donna sa di avere nella propria borsa.

Rimase lì con lo sguardo nel suo, riconoscendola anche se appariva molto più stanca rispetto alla mattina.

“Ecco qui, salvato!”, disse mentre le accarezzava i capelli con lo sguardo.

“Grazie – rispose lei – molto gentile a tuffarsi per salvarmelo”.

“Può succedere dopo una lunga giornata di lavoro!”

“Non me ne parli non si riesce più a vivere un attimo in serenità”, replicò lei entrando nel treno che era arrivato puntuale.

“È proprio vero”, le disse mascherando l’emozione.

“Dove scende?”, chiese sapendo già la risposta.

“Io a San Paolo e lei?”, rispose quell’angelo.

“Anche io… “

E risero tutti e due mentre la metrò ripartì veloce con il

suo ennesimo carico di varia umanità.

Ma stavolta con molta più felicità a bordo.

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