George fu preso dal panico quando il giorno 7 giugno si svegliò di gran lena. Aveva fatto tutti i procedimenti post riposo-notturno, si era alzato, aveva sbadigliato, si era lavato; ma quando si era guardato allo specchio aveva subito notato qualcosa di strano. Lo specchio non rifletteva la sua immagine. Accese la lampadina... nulla! Non riusciva più a vedere la sua faccia, il collo, il petto, la sua immagine. Allora andò in sala da pranzo dove c'era un enorme specchio con cornice stile barocco. Aguzzò la vista, inforcò  gli occhiali... non c'era nessun lineamento della sua persona.

Si preoccupò. Non ci vedeva più? Gli occhiali non erano più graduati secondo la sua esigenza? Gli specchi avevano perso la loro capacità riflettente? Qualcuno gli aveva fatto un  brutto scherzo? L'ansia lo aveva assalito. Doveva scoprire cos'era successo, chi era stato, quale nuova esperienza stava vivendo! Eppure ricordava che la sera prima si era specchiato, tanto che aveva notato le sopracciglia cresciute a dismisura e che si era ripromesso di sfoltire la mattina seguente. Non riusciva a capire più nulla. Dove era andato a finire la sua immagine? Lui riusciva a vedere tutta la realtà, ma la realtà non riusciva a vedere più lui!

Provò a chiamare al telefono la sua Edith. Il telefono. Quante volte lo aveva utilizzato? Alla chiamata rispose una voce di donna. Lui parlò, ma fu come se non avesse chiamato perché la sua voce non riusciva più a essere ascoltata da nessuno. La donna domandò chi fosse al telefono fino a quando, stanca del silenzio, riattaccò. Ma che é successo? George era distrutto. Era forse morto? Si sentì le pulsazione al polso. C'erano. Era soltanto scomparso come realtà ed era entrato nel regno della sovra-realtá. Sembrava continuare a vivere ma senza interazione. E perché era successo tutto questo?

Non si dava pace e non riusciva a trovare alcuna risposta. Si lavò, si vestì di fretta e furia e uscì. Tutto era come prima. Lui vedeva tutti ma non poteva interagire con gli altri. Era diventato solo uno spettatore. E non aveva più storia, non poteva più essere protagonista della storia. La signora Mildred, vicina di casa, stava rassettando il giardino infestato dalle erbacce. George la chiamò per salutarla, ma fu come se non fosse avvenuto questo evento. George insistette. Non rispose nessuno. Era come se lui non esistesse più. Si sentì urtato e non riusciva a trovare alcuna spiegazione.

"Devo andare a trovare Edith", pensò.

"Forse lei mi potrà aiutare a cercare il motivo di questa nuova condizione".

Arrivò nei pressi dell'abitazione della donna, stava per avvicinarsi quando si aprì la porta. Edith accompagnava suo marito che si recava al lavoro e lo salutava con un bacio appassionato. Edith? Il marito? E che sono io il suo amante clandestino. Non ci capiva più niente. Arrivarono anche due bimbi che salutarono il loro papà. Edith ha due figli? Sembrava la famiglia ideale che si vede nelle pubblicità dei nostri biscotti del Mulino.

George si appiattì e fu spettatore di tale scena che lo sconcertò. Pensò di andarsene e si recò al lavoro. Lavorava in una nota azienda di automobili come operaio specializzato. Arrivato all'ora dell' ingresso cercò il cartellino da timbrare. Non c'era nessun cartellino. Cercò di chiedere agli altri compagni di lavoro, ma nessuno gli dava retta... semplicemente perché non esisteva. Angoscia e disperazione. Uscì dall' azienda e camminò per la strada. Tutto era come un tempo ma il tempo aveva cancellato la sua presenza nel mondo. Viveva una realtà desolante dove non c'era più comunicazione. Ognuno era solo nel cuore del mondo trafitto dalla propria solitudine.

Pensò a quanto era bello quando poteva interagire con gli altri. Si recò allora da sua madre. Suonò ma non aprì nessuno. Cercò di origliare alla porta se fosse in casa (ma dove sarebbe potuta  andare se costretta da tempo in una carrozzina?).

Avvicinandosi strettamente alla porta capì che poteva oltrepassarla come un fantasma. Il suo corpo era solo un ologramma che viveva senza il soggetto vivente. Sua madre era seduta davanti al camino, sfogliava un album dove c'erano lei e lui. Ricordava quel suo figlio scomparso da anni. Era solo il suo amore di madre a tenerlo ancora in una realtà extratemporale, nessuno più si ricordava di lui. Anche la sua vedova che si era sposata ed aveva avuto figli con un altro uomo. L' amore su questa terra si stava spegnendo perché l' unica che lo ricordava era quella vecchietta che ogni giorno pregava, piangeva e voleva riaverlo con sè come quando era piccolo. George capì allora che solo l' amore rende eterni, l'amore che noi lasciamo in questa terra e che chi rimane può decidere di rifiutare producendo l' oblio. Gli vennero in mente i versi del Foscolo: 

Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna: e se pur mira
dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
fra' l compianto de' templi Acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d'Iddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove nè donna innamorata preghi,
nè passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda.

 

E si commosse.
Un rumore assordante lo scosse. Driin. Sono le sette. George si ritrovò nel letto con una Edith invecchiata, che si rigirò dall' altra parte. Dove sono? Dove sono stato? Si alzò, si lavò, si vestì e uscì. Corse da sua madre. Prese al volo due cornetti al bar, ai frutti di bosco, come piacciono a lei. Arrivò. Bussò. Una badante gli aprì. La mamma era nella sua sedia a rotelle. George corse ad abbracciarla. "Mamma ho desiderio di fare colazione con te!". La madre in silenzio lo guardò sbalordito. Il suo George, il suo George era con lei. E pianse di felicità.

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