Salve! Sono Samantha, Samantha, con l'h.

In una società che obbliga a presentarsi, ad avere un profilo sui social, a vivere i propri ologrammi come fossero realtà, eccomi qua, anch'io presente in questo panorama contemporaneo a raccontarvi la mia storia, una storia che si ripete, si ripete dagli albori dell'umanità, una storia che ha un inizio, uno sviluppo ed avrà una fine.

Ho sempre odiato gli stereotipi che rendono un'immagine di noi donne chiuse in casa, a svolgere soltanto compiti familiari sotto la predominanza di tutti gli uomini, intenti a spartirsi le zone di potere anche quando si è incapaci di sostenere il compito affidatogli sempre da altri uomini. Ai miei tempi le donne erano rarità nelle forze di polizia, nelle forze armate, nella stanza dei bottoni delle aziende e delle industrie. Oggi sono presenti in maniera poderosa in tutte le realtà lavorative, hanno vinto la loro battaglia per la parità dei diritti e sono onnipresenti nelle piccole e grandi decisioni del mondo, anche se in tutti i paesi della Terra non sempre è così.

Io non ci sono riuscita a diventare quello che sognavo. Ci sono donne che vivono ancora sotto il condizionamento degli uomini e soccombono perché si sentono sole e non vedono alcuna possibilità di sfuggire a una prepotenza che in alcuni uomini viene inculcata da piccoli. Ma la cosa drammatica non è il possesso di questa sottocultura maschilista da parte di alcuni! È che il condizionamento dei propri figli viene sempre dai genitori, da papà e mamma (una donna), dai nonni, nonno e nonna (una donna).

Io avevo avuto invece inculcato dai miei il valore della libertà e la forza di poter combattere contro chi potrebbe attentare al mio diritto di decisione e di scelta autonoma.

Qualcosa però, che con il passare degli anni ho perso per le numerose sconfitte che ho accumulato. Non è mai stato un vero desiderio quello di essere sulla scena, ma a volte è la stessa vita che ti porta ad essere sul palco della storia non da comparsa, ma da protagonista del nostro modo di essere. La ribalta può essere anche pericolosa se non si detiene una buona capacità di autocontrollo, competenza tale da saper prendere decisioni che possono cambiare la vita e il corredo di sogni di ognuno di noi.

Il controllo eccessivo di noi, il rimanere impassibili alle vere stimolazioni sensoriali della vita, però, può portarci a diventare anaffettivi, a chiuderci dentro ad un bozzolo e a non avere più rapporti con il mondo e con gli altri e a disdegnare anche le carezze di chi ci ama.

Esiste infatti un Alzheimer che colpisce il cervello e tutto ciò collegato ad esso e un Alzheimer dei sentimenti che provoca la perdita di tutte le memorie sensoriali e ti trasforma in un legno secco, insensibile e senza più vigore.

Ne sono consapevole, a volte. Perché io sto vivendo tale situazione. E il dramma è che non riesco a superare tutto ciò perché non riesco a vivere più per soddisfare i miei desideri. Una donna senza desideri può sopravvivere ma è come un filo di paglia che può bruciare in un attimo e annullarsi.

Essere in scena vuol dire anche questo. Raccontare emozioni, mimare emozioni. E lo si fa talmente bene che si corre il rischio di non provarne più nella vera vita perché si rimane insensibili a ogni sollecitazione esterna, in quanto si crede di aver trovato la soluzione per frenarne il loro impeto. Si aspetta solo l'applauso del pubblico dopo la recita. E si è attori sulla scena in cerca solo di applausi e non di armonia.

Samantha con l'h è dunque uno strumento del copione di chi lo scrive e non più attrice della sua vita. Una protagonista calata nella scena, che aspetta le battute dalla memoria del testo che ha imparato e non dal cuore o dalla chimica delle sue emozioni.

È come se avessi perso l'h del mio nome, o meglio, è come se fossi diventata un' "h", una lettera muta nel panorama delle armonie, delle sinfonie e dei rumori di una condizione umana. E di questo il tempo ne ha cancellato ogni vibrazione passionale. Sono in silenzio, inattiva, inoperosa, sempre più con l'anima seppellita con il corpo, sdraiata. Sono diventa il silenzio.

E di questo ne do testimonianza ogni giorno perché trasmetto la mia immagine in diretta Facebook e una fotografia per costruire il film, fotogramma per fotogramma, della mia disperazione. Sono su instgram, silenziosamente un'immagine ripetuta alla Andy Warhol, quasi volessi riprodurre industrialmente la mia immagine anaffettiva, con un colore sempre più sbiadito, tendente al grigio, sfocato, tendente all'infinito.

Sono convinta che di me rimarranno solo ologrammi inattivi. Rimarranno grida senza suono.

E un profilo. Quello di Samantha, Samantha con l'h.

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