Le dionee iniziarono a chiedergli più insetti, poi carne trita. Vide che crescevano a dismisura e che i loro dentini, che originariamente erano sottili e fragili, divennero dei veri e propri denti aguzzi e appuntiti di un materiale molto duro, simili a denti umani. Un giorno le vide catturare addirittura dei topi e sciogliere la loro carne in breve tempo assimilando la vita. 

Lui continuava a portare loro avanzi di carne cruda ma non tralasciava mai di curare tutte le altre piante.

Un giorno, la vecchia signora se la prese come sempre con George col pretesto di avere sporcato di terra il terrazzo. Ogni giorno inventava una scusa per poterlo umiliare e quando non c'era lei c'era sempre qualcun altro che lo faceva. Sembrava che lo facessero apposta, che ci godessero nel farlo.

George era ormai esasperato e quella mattina, dopo aver fatto come al solito il suo giro delle terrazze, andò in giardino. Era triste. Si sedette sul gradino e con la faccia tra le mani sospirò sconsolato. Dopo un po' l'edera gli si avvicinò, gli si avvolse alla caviglia ed iniziò ad arrampicarsi con dolcezza su di lui. Le sue foglie iniziarono ad accarezzarlo sul volto. George sorrise e sfiorò con un dito una piccola foglia. Si alzò in piedi e l'edera scivolò via.

George corse al giardino d'inverno e quando fu davanti alle dionee disse: “Aiutatemi. Cosa posso fare? Vi prego, aiutatemi”.

Una dionea rispose: “George non ti preoccupare. Domani mattina inizieremo la disinfestazione”.

George non riuscì a dormire quella notte. Continuava a pensare a cosa voleva dire la sua amica e a quello che poteva accadere il giorno dopo.

Arrivò la mattina. George si alzò, si vestì e fece il suo solito giro. Poi scese in giardino e iniziò a pulire le foglie di edera. All'improvviso Joseph, il marito di Annette, si scagliò contro di lui incolpandolo di aver scheggiato il prezioso vaso nell'ingresso. Inoltre non perse l'occasione per criticare il suo lavoro e gli rinfacciò i soldi che gli dava. Urlando, gli disse che entro l'indomani doveva lasciare la villa perché potevano fare a meno della sua collaborazione.

George rimase sbigottito e disse: “Non può farmi questo! Lo sa che non ho un posto dove andare e non ho un altro lavoro. La prego mi dia un po' di tempo. Non può farmi questo dopo tutti questi anni!”.

Joseph rispose: “No. Questa è la mia decisione. Domani vattene o ti farò cacciare dalle forze dell'ordine!”.

Detto questo Joseph gli girò le spalle, si accese la sua pipa e vestito col suo orribile abito marrone scuro si diresse verso l'entrata della villa. George cadde in ginocchio in lacrime.

All'improvviso un ramo di edera fece inciampare il vecchio signore facendolo cadere. Joseph si girò ed una volta di più incolpò George di non aver rastrellato bene.

In un attimo l'edera avvolse Joseph dalla testa ai piedi. Questi guardò George con uno sguardo di terrore, l'uomo tentava di liberarsi dal rampicante ma quando aprì la bocca per urlare subito l'edera fece due giri intorno a essa e al suo collo fino al completo strangolamento lasciando di lui solo un cadavere bluastro. Solo quando l'edera non sentì più il dimenarsi del signor Pinkers, allentò la presa, prese il corpo, lo sollevò e lo portò con sé giù per la scarpata.

George, in quel momento, era solo un meravigliato spettatore di quello che stava accadendo. Si rialzò, guardò in fondo alla scarpata ma non vide nulla si voltò verso l'edera e la ringraziò.

George non sapeva ancora cosa esattamente stesse succedendo, ma quello che aveva capito era che le sue piante erano le uniche amiche che aveva, le sue uniche alleate e che poteva solo contare su di loro.

Non vedendolo rientrare, verso sera Margareth, la cognata, uscì di casa per cercare Joseph. Fece il giro della villa ma vide solo George che stava annaffiando le rose. Margareth, con la sua consueta maleducazione ed arroganza guardò George e gli disse: “Sei ancora qua? Da domani non ti vogliamo più vedere. Non avrai più un centesimo da noi! Cercati un altro lavoro!”.

George rispose a Margareth col suo solito modo pacato e gentile che l'indomani sarebbe andato via ma che prima voleva che la signora si avvicinasse per sentire il profumo delle sue rose. Margareth rispose: “So benissimo che profumo hanno!”.

Ma George insistette e le disse che il loro profumo ora era più intenso e profumato del solito.

Margareth, con espressione di stizza, si avvicinò al roseto e si chinò per odorare il profumo delle rose. D'un tratto quelle splendide rose la intrappolarono nei rovi. Le loro spine si allungarono ferendo il corpo di Margareth. I boccioli iniziarono a sbocciare e fiorire come se un miracoloso fertilizzante li stesse nutrendo e le rose bianche iniziarono a colorarsi di rosso riducendo il corpo di Margareth in un involucro prosciugato da ogni liquido vitale.

George guardò le rose. Sorrise soddisfatto perché erano le rose più belle e grandi che aveva mai visto. Erano molto rigogliose e piene di vita.

Giunse la sera e George si ritirò nel suo appartamento. Quella doveva essere la sua ultima notte lì.

Annette non vedendo più rientrare il marito e sua sorella Margareth si preoccupò e chiamò la polizia denunciandone la scomparsa.

Era terrorizzata ma non poteva fare altro che aspettare mentre George era nel suo piccolo appartamento adiacente alla villa che aspettava chissà che cosa. Era già notte fonda quando uscì dal suo appartamento per andare al giardino d'inverno dalle sue dionee. Arrivato lì capì che le piante lo stavano aspettando e gli dissero di non preoccuparsi perché avrebbero pensato loro ad Annette. Gli chiesero solo di accompagnare la donna da loro l'indomani mattina. Sorridendo, George annuì e tornò al suo appartamento.

Quella mattina George non fece il suo solito giro ma si diresse direttamente al giardino d'inverno. Sapeva che Annette l'avrebbe cercato. Infatti dopo qualche minuto Annette guardò sul retro della villa e vide la porta del giardino d'inverno aperta. Si diresse subito lì e trovò George. Indispettita gli disse: “...ma tu non dovevi andartene stamattina?”.

George rispose: “Qui ci sono le mie piante. C'è la mia vita. Non sono io che devo andarmene... sei tu che devi morire!” così dicendo la spinse verso le dionee che nel frattempo, nutrendole con carne cruda, erano diventate molto grosse e voraci.

Annette finì in mezzo ad esse e pezzo dopo pezzo le dionee la divorarono. Ogni “bocca” di quelle piante strappava carne e assimilava il sangue da quel pezzo come se fossero i sali minerali di un insetto. Succhiavano finché dal pezzo di carne non usciva più nulla per prendere subito un altro pezzo fino a che, di Annette, non rimasero che le ossa. Infine anche quelle vennero polverizzate dai denti ormai sviluppatissimi delle dionee.

George continuò ad abitare in quella villa ed a fare il giardiniere curando ogni giorno le sue amate piante, mentre la polizia continua ancora oggi a cercare le tre persone scomparse ipotizzando ogni cosa su quella misteriosa scomparsa.

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