Gridavo e protestavo che non avrei mai detto certe parole, ma era tutto inutile. Diventai il capro espiatorio di ogni nefandezza passasse per la testa delle due. Ogni cosa era colpa mia e non avevano nessuna pietà.

Avevo imparato ad isolarmi, non parlavo con nessuno, restavo chiusa in me stessa e studiavo e mi presi una belle rivincita. Si inaugurava il monumento ai caduti, il 4 novembre, e la scuola partecipava al completo. Giorgio, il capo dei bulli, ebbe l'incarico di imparare la lunga poesia da recitare davanti al sindaco e alle autorità. Dimenticò di studiare e in tutte tre le classi non c'era uno che l'avesse imparata. L'avevo studiata io perché era bella e non vedevo l'ora di farla sentire. Non ho mai visto una persona in preda all'ira come la mia maestra quel giorno. Era furibonda, il suo preferito, il nipote del suo amico carissimo, il figlio di una delle famiglie più rappresentative, non era stato capace di imparare una poesia e io che ero la più disprezzata sapevo tutto e le salvavo la faccia. Pallida di rabbia mi strattonava cercando di mettermi in ordine il collo del cappotto <<Ecco qua, così è dritto ma cerca almeno di recitarla ad alta voce>> Che razza di idea. Con coraggio andai davanti al monumento e recitai la poesia con tutto il calore e la passione che potevo. Alla fine ci fu un applauso e un brava, fuori campo da parte del sindaco. Una bella soddisfazione. La maestra, verde di rabbia, non mi rivolse la parola per una settimana. In questa piacevole situazione i giorni scolastici passavano tranquilli. Avevo adottato la strategia del chissenefrega, parlavo con tutti ma restavo sempre sulla difensiva, giocavo poco e restavo sempre per conto mio. Le altre bambine non sentivano la mia mancanza e i maschi ancora meno. Pareva si fossero scordati di me.

Giorgio, il capo bullo, mi ignorava volutamente obbediente alla mamma che gli aveva tassativamente proibito di rivolgermi la parola. Non si poteva mischiare ricchezza e povertà, bada bene non educazione e sensibilità.

Non mi parlava direttamente ma talvolta mi lanciava una frecciatina scherzosa, direi gentile se paragonata agli scherzi pesanti rivolti alle altre. Si divertiva a farle piangere tirando i capelli o facendo lo sgambetto. Con me non si comportò mai così. Tra noi non vi fu mai nulla di più di un ciao, ed era lampante che se lui non mi prendeva in giro gli altri se sentivano in dovere di fare altrettanto.

Finita la scuola cominciò il lavoro, e le mie peripezie sono narrate nel racconto La falegnameria. Ogni giorno ho dovuto combattere con ostacoli più o meno gravi, con persone capaci di farmi male. La più dolce fra tutte fu la mia cara defunta suocera, sempre molto attenta ad essere gentile in presenza di terzi e sempre zelante a farmi a fette in mia assenza. Non importa, oramai lei non c'è più e io sono ancora qui a far danni, Ma ci pensate alla soddisfazione, al sottile piacere che si prova quando si segue il funerale di una persona che ci ha fatto soffrire. In quel momento si capisce tutto il significato di ''siedi sulla sponda del fiume''.

Con gli anni ho imparato a gestire il mio comportamento e a volte vengo ancora fraintesa perché mi scappano battute involontarie e c'è sempre qualche buontempone che si diverte a mie spese e io ci casco perché sono ingenua a non penso mai che gli altri siano maligni perché io non lo sono.

Posso dire che una vita sempre in balia dei bulli non è una bella vita, mi difendo con la mia fantasia sempre attiva.

Se penso adesso a distanza di anni, vedo tante cose tristi nella mia vita eppure sono compensate da tante cose belle e dal piacere di aver conosciuto, ultimamente, tante persone carissime alle quali mi sono affezionata. Voglio bene agli amici virtuali perché non ne ho nella realtà, tranne una piccola fatina in pigiama arancione ( e tu sai di chi parlo, vero scrit imp).

La mia vita è stata costellata da episodi dei quali non mi era chiaro il senso, fino a quando un logopedista, dal quale portavo mio nipote affetto da una forma grave di dislessia, mi propose di fare alcuni test gli stessi del bambino e si rivelarono illuminanti per me. Una serie di analisi e ulteriori ricerche diagnosticarono la mia dislessia. Ecco chiarite le mie magagne dalle quali non sono guarita ma da quando ero piccola sono migliorata. Se capita di leggere qualcosa che non vi piace fatemelo sapere potrebbe trattarsi di una frase involontaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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