Non sapeva da quante ore stava seduta su quel balcone al settimo piano.
Il pomeriggio scorreva sempre lentamente, ma ormai Rosaria aveva imparato ad apprezzare quelle ore di attesa in cui non faceva assolutamente niente, nient’altro che stare seduta sul balcone e farsi trascinare dai pensieri e dai sogni sul futuro che don Vito le aveva promesso. Perché non sarebbero stati sogni per sempre, lei questo lo sapeva e l’anello che portava al dito ne era la testimonianza.
Appeso alla ringhiera c’era il grosso vaso di gerani che sua madre aveva piantato, ma i gerani erano rinsecchiti, bruciati dal sole, perché Rosaria non aveva mai avuto voglia di annaffiarli. Cosa poteva importargliene dei gerani, del resto? Sua madre non capiva niente.
Ogni tanto le giungevano le voci dei bambini che giocavano nel cortile sotto al balcone e allora lanciava un’occhiata distratta a suo fratello Antonio.
Un tempo anche Rosaria aveva giocato in quel cortile ma sembravano passati secoli, adesso. Si era sempre sentita molto diversa dalle bambine con cui aveva giocato e che ora lavoravano tutte come operaie. Erano le stesse bambine che l’avevano presa in giro quando era stata bocciata in seconda e poi in quarta elementare e che adesso storcevano la bocca al suo passaggio per via della storia con don Vito.
Era tutta invidia, Rosaria lo sapeva, perché don Vito aveva scelto lei e non loro, perché con il loro stipendio da operaie non potevano permettersi gli abiti e i gioielli che don Vito le regalava. E soprattutto la invidiavano per la bella macchina lucida con cui don Vito veniva a prenderla la sera.
Vide Rocco che attraversava il cortile ed entrava nel portone e allora seppe che erano le sette, perché Rocco tornava sempre dal lavoro alle sette.
Anche Rocco storceva la bocca al suo passaggio e questo a Rosaria dispiaceva perché Rocco era stato il suo primo ragazzo e a quattordici anni aveva creduto di essere davvero innamorata di lui. Ma negli ultimi due anni era cresciuta e aveva bisogno di un uomo, non di un ragazzo, Rocco avrebbe dovuto capirlo e rassegnarsi al fatto che la loro storia era finita: lei ormai era la donna di don Vito.
Vide anche sua madre che attraversava il cortile, urlava qualcosa ad Antonio con la sua brutta voce, poi entrava nel portone.
“Vengo,” disse Rosaria quando sentì il suono del campanello. Si alzò dalla sedia malvolentieri, lentamente, e andò ad aprire la porta.
Sua madre teneva un sacchetto di plastica in entrambe le mani e li appoggiò per terra non appena entrò.
Che schifo, pensò Rosaria e lo pensava ogni sera quando sua madre rincasava, con i capelli in disordine e il vestito grigio, sempre lo stesso, che tirava in vari punti perché era sempre più grassa.
Sembrava una grossa anguria, con la testa, i piedi, le braccia, tanto era tonda sua  madre.
Che schifo, pensò ancora Rosaria guardando gli aloni di sudore che si erano formati sotto le ascelle dopo un’altra giornata di lavoro all’impresa di pulizie.
Perché l’unica cosa che sua madre avesse saputo fare era stato trovarsi un lavoro in un’impresa di pulizie. Oltre ad aver sposato suo padre, naturalmente.
Suo padre era morto una sera, cadendo dalle scale, mentre tornava a casa una sera, ubriaco come al solito. Rosaria aveva dieci anni e anche allora le altre bambine avevano storto la bocca.
Sua madre stava estraendo la spesa dai sacchetti e la riponeva sugli scaffali o nel frigorifero. Era visibilmente stanca, con una mano si scostò un ciuffo di capelli che le ricadeva su un occhio.
Guardati, avrebbe voluto dirle Rosaria, hai quarant’anni e ne dimostri sessanta, fai un lavoro miserabile, sei vestita come una mendicante e non hai un soldo per metterti a posto i denti. Che razza di donna sei? Io non sarò mai come te.
Era tutta la vita che lo pensava, io non sarò mai come te, e adesso sapeva di aver avuto ragione. Guardò ancora l’anello di don Vito, il vestito costoso che lui le aveva regalato. Sua madre non li notava nemmeno, tanto era chiusa nel suo mondo di formica risparmiatrice e laboriosa.
Tornò sul balcone e si appoggiò alla ringhiera, perché fra poco don Vito sarebbe passato a prenderla. Era un uomo famoso e rispettato da tutti.
Rosaria sorrise quando vide la sua grossa auto entrare nel cortile e fermarsi davanti al portone.
“Esco,” disse passando davanti agli occhi assenti di sua madre e corse giù per le scale.
Sua madre scosse la testa e ripensò a quello che Rocco le aveva detto la sera prima, quando l’aveva avvicinato per scoprire se aveva intenzione di sposare la sua Rosaria, prima o poi .
“Lo sanno tutti,” aveva detto Rocco, “possibile che proprio tu non te ne sia accorta, Nina?”
E per la prima volta lei aveva visto quello che non aveva mai voluto vedere: l’anello e tutti quei vestiti così belli e costosi che certo Rosaria non aveva acquistato con i soldi che lei guadagnava all’impresa di pulizie.
Ripensò anche a se stessa da giovane, quando aveva l’età di Rosaria e poi a suo marito, a quando si erano innamorati e sposati, alla felicità dei primi anni di matrimonio. Ma poi lui non aveva pagato una tangente a don Vito e don Vito gli aveva fatto bruciare il negozio di falegname.
Da allora la vita per lei era stata un inferno, perché avevano due bambini piccoli e suo marito aveva iniziato a bere e il loro amore era scomparso: quando tornava lui non faceva altro che insultarla e picchiarla.
Lei aveva trovato il lavoro all’impresa di pulizie e aveva mantenuto la famiglia, ma, quando suo marito era morto, si era sentita sollevata perché era pur sempre una bocca in meno da sfamare e poi, se non altro, aveva smesso di picchiarla. Ancora adesso si sentiva in colpa per quel sollievo, perché, dopotutto, suo marito era un brav’uomo e da giovane l’aveva amata molto. La colpa di quello che gli era capitato non era sua, era di don Vito, che spadroneggiava con il suo macchinone e che adesso…
Rosaria e don Vito. Rosaria, la sua bambina che amava più di chiunque altro.
Le aveva regalato l’anello, i vestiti, sicuramente tante promesse, come aveva fatto con tutte quelle povere disgraziate che aveva lasciato e rimpiazzato non appena si era stufato.
Nina andò sul balcone, si appoggiò alla ringhiera e vide sua figlia che saliva sulla macchina di don Vito. Lui le aveva aperto la portiera e stava facendo il giro dell’auto per andare al suo posto.
Nina si passò la lingua sulle labbra secche e strinse convulsamente, con entrambe le mani, il vaso di gerani, senza staccare gli occhi dalla testa di don Vito, con i capelli unti, tinti di nero, sciolti sulle spalle. Aspettò che si trovasse sotto la sua traiettoria e solo allora chiamò:
“Don Vito!”
L’uomo si fermò proprio nel punto preciso in cui lei aveva voluto che si fermasse e alzò la testa.
“I miei omaggi!” gridò Nina mentre lasciava cadere il vaso e poi sorrise perché aveva centrato il bersaglio.
 

Tutti i racconti

1
0
16

La stanza numero 49 - 1/3

20 December 2025

Salgo lentamente le scale dell’albergo. La mano scivola sul corrimano di legno, levigato da anni di passaggi: per un istante mi trasmette un calore piacevole. Mi hanno consegnato la chiave senza esitazioni, come se questa fosse una stanza qualunque, in un sabato d’agosto come tanti. Io invece so [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

1
1
15

COABITAZIONE - 2/2

Momenti di convivalità tra nonsense e umorismo

20 December 2025

Quel che sia, non la si sopravvaluti, la coabitazione, che è ben distante dalla convivenza. Coatti o signorili siano quelli che la praticano, la base di ogni coabitazione è la condivisione, coatta o meno. Ragioniamo sul dualismo, vi è un’innegabile differenza qualitativa: nella convivenza si condividono [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

1
1
30

COABITAZIONE - 1/2

Momenti di convivialità tra nonsense e umorismo

19 December 2025

Il coabitare, ossia il terriccio su cui fiorisce il nostro vivere insieme. La coabitazione è il coabc della società, è la base e l’altezza un po’ di tutto, in particolare di ogni strumento urbanistico. E’ impensabile infatti che la totalità degli individui associati usufruisca di un alloggio a [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

1
4
28

IL NUMERO UNO

19 December 2025

La lunga striscia d’asfalto che stavo percorrendo, aveva appena salutato l’area metropolitana con le sue guglie di cristallo e le sue torri a scandire ritmi e tempi del prepotente e recente sviluppo urbanistico della città. L’incombente presenza del cemento era, solo in parte, ingentilita dai numerosi [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

5
4
39

Road to H.P.L. 2/2

18 December 2025

Mi svegliai la mattina seguente in preda all’euforia per la scoperta che avevo fatto; ero così eccitato che quel giorno stesso decisi che avrei seguito, come una bibbia, tutto ciò che quel manoscritto di cento anni fa mi avrebbe rivelato. Incontrai a metà mattinata un mio caro amico che non vedevo [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

10
8
48

Palermo, 1929

La bottega dei giocattoli

18 December 2025

È quasi il tramonto e sulla Passeggiata delle Cattive si intravede un timido arcobaleno. Una bambina, forse di 10 anni, porta con sé un fagotto di pezza e trascina per mano il fratellino recalcitrante. Si dirigono verso la Kalsa. «Spera che il signor Impallomeni possa ripararla, altrimenti sono [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

5
7
37

Road to H.P.L. 1/2

17 December 2025

Cominciò tutto nel più classico e romanzesco dei modi, vale a dire il ritrovamento di un manoscritto. Mi trovavo all’interno di un negozio di libri d’antiquariato in piazza Vittorio Veneto a Montecatini Terme, a pochi passi da casa mia. Ero in cerca di un’edizione rara dello “Scannatoio” di Zola [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

5
5
29

Se fossi Cecco e non lo sono

17 December 2025

Ah, se fossi poeta! Direi che se la tua voce si potesse sniffare sentirei vaniglia dolce e leggera, rosa suadente, caffè caldo e forte e rum capace di ammaliare! Si potesse bere come Passito ne terrei un bicchiere per un pomeriggio intero, s'assaggiasse ne sarei goloso come torte di ottimo pasticcere. [...]

Tempo di lettura: 30 secondi

  • Maria Merlo: Molto bella davvero. Like.

  • ducapaso: Paolo, Filiberto, Dax, Maria a voi un grande abbraccio di ringraziamento, temevo [...]

6
8
63

Il mistero dei gelati molli

16 December 2025

Da quando è in pensione Ernesto ha scoperto che le giornate sono lunghe, ma le sere lo sono di più. Per questo ha inventato un rito, una piccola cerimonia personale che nessuno gli può contestare: alle nove in punto si mangia un gelato. Alle nove esatte, non un minuto prima, non un minuto dopo. [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

3
9
57

Una certa dignità

La gabbia del Signor Cesare

16 December 2025

Come tutte le mattine, alle sei in punto, Salvatore il custode del palazzo nobiliare Paparo nel centro storico di Napoli, si dedicò alle pulizie del cortile e dello spazio davanti al portone. Un paio di colpi di scopa e poi buttò tutto per strada, un budello dove il sole faticava ad arrivare e [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Rubrus: Sono situazioni relativamente comuni, specie nelle grandi città, in [...]

  • Dax: Racconto carino...mi spiace per Cesare. like

3
2
35

CENTRALE PARANOICA 9

HARD STONED BOY

15 December 2025

Hi, qui è la centrale paranoica. Non va benissimo, hanno fiutato l’intruso e mi cercano. Non sanno chi sono, cosa sono e che faccio, così ad ogni buon conto ci provano a sterminarmi. Intanto hanno sigillato lo Psychotronic e sparso una specie di DDT digitale tutt’attorno all’area... E che mai [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

  • Paolo Ferazzoli PRFF: I like.
    scrivi bene e lo sai.
    Ti piace provocare scandalizzare se [...]

  • Dax: Un racconto eccentrico. Fatico a comprenderne il senso..Like

3
4
48

Prima di casa

15 December 2025

«Mio Dio! Ancora tre ore di macchina devo fare!» pensò, lo sguardo fisso sulla strada oltre il parabrezza. Il tramonto incendiava il paesaggio di un rosso vivido: sarebbe stato romanticissimo goderne accanto alla sua compagna, magari con un drink in mano. Invece eccolo lì, solo, a guidare verso [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Dax: bello, intenso...mi spiace per il protagonista 😢.
    like

  • Rubrus: Come dicevo, rieccomi. Devo dire che per un habituè del genere avevo [...]

Torna su