"[...] quando hai detto “scremato” con quel tono da voce del supermercato che ti ricorda che l'offerta del secolo è vicino alla cassa due, ho pensato stessi escludendo il gusto. Quel termine lo associo all'assenza di gusto"
"..."
"Ovvio, che è metaforico! Non può non esserlo. Quante volte pensi di parlare in un momento quotidiano qualsiasi e contestualizzare usando il termine “scremato” per indicare qualcosa che non abbia a che vedere con spesa, latte, processi di produzione, allevamenti intensivi, la caducità delle mammelle delle vacche o la sproporzione, in termini di vendite, fra l'intero e lo scremato, cercando di intervenire in maniera pomposamente decisiva su una distinzione che evidenzi una qualità definitiva che l'altro non riuscirà mai ad avere? Si parte da un significato che spero sia oggettivo per personalizzare il pensiero. Lo si fa con tutto, no? Siamo almeno d'accordo che se pensi a quello “scremato”, lo associ a qualcosa di talmente filtrato da non avere sapore?"
"...?!?"
"Ma certo, in questo senso sei sempre stata diretta! Non esistono scappatoie da quello che vuoi dire quando esponi un concetto. Quando penso a questo, credo tu possa essere una di quelle persone che messe in soffitta per un numero di giorni che renda sopportabili le assenze, potrei farmi bastare al telefono, ad esempio..."
"...!"
"Massì, lo so che stiamo insieme da 10 anni, era per parlare..."
"...!!"
"Ehi! Non sto subordinando niente!"
"...!!!!!"
"Non ti ho mai negato la possibilità di..."
"!!!!!!!!".
Di solito trovo la strada di casa meglio se non mi cambiano i segnali stradali con la scusa del turismo. D'estate, qui, certi doppi sensi diventano sensi unici perché bisogna garantire il passeggio di quelle comitive di anziani che associano la presenza di sale marino a cure termali a basso costo.
Le velocità invernali di chi ci abita, vengono sostituite da sombreri di scheletri semoventi che fingono di nascondere dibattiti dai virtuosi decibel pensionistici. E allora vedi protesi alle anche che sviluppano velocità mediocri nell'esatto punto in cui sei sempre in ritardo.
Giustifichi tutto e tutto mal digerisci.
Io non riesco a sopportare questo mutamento di convenzioni. Non riesco a immaginarmi che una limpida e chiara segnalazione debba essere rettificata con intervalli così brevi. Ho sempre valutato la possibilità che una convenzione sfiorasse il canone e poi diventasse qualcosa di più di una sentenza di cassazione.
In fondo, però, non posso neanche pensare di prendermela così tanto per il solo fatto di sentirmi vincolato ai segnali stradali molto di più di un passante medio. Un passante medio infatti, fa stalking alle autovetture. Rientra nella regola accettando il loro ritmo con la scusa di sentirsi indifeso. Ovviamente parlo dei passanti non pazzi. E credo di aver letto persino teorie sui tempi musicali dispari che riescono a conciliare meglio il passeggio urbano in città con volumi di traffico particolarmente intricati.
Ho letto che le cose intricate dopo aver faticato per trovarsi, litigano abbastanza da rendere ovvio il loro andarsi bene. E lo sottolineano con altrettanto ovvie e intricatissime ipotesi di successo dimostrate da scelte binarie degne di un bimbo in attesa di tetta materna.
Sono abituato a fare colazione e a concedermi a tutte quelle cose rituali che danno un senso alla quotidianità quando mi alzo dal letto. Quella mattina mi ero svegliato con il termine “scremato” in testa. Non ricordo il sogno che l'ha partorito, ma ho difeso davanti ad Annarita la possibilità che non si parlasse di latte e di colazione, anche perché era troppo ovvio. Stavamo bevendo latte e facendo colazione.
"[...] il tuo inconscio ha fame!"
"Allora provvederò a leggere di più!"
"Sono sicura che abbia più a che vedere con la riduzione calorica che hai portato nella tua cena che non con subdoli sottintesi Freudiani"
"Tu lo sai che non c'è niente di legato alla fame nei miei risvegli. Mai. Mi si smuove l'appetito quando sono in Via del Corso a 10 minuti dal lavoro e a distanza di ben 30-35 da quando sono uscito di casa."
"Sì ma hai 43 anni, non puoi seriamente considerarti un animale dalle certezze inossidabili in materia di colazione, cazzo Sergio..."
I passi scorrevano con l'andatura di un getto d'inchiostro da tipografia. In un moto di ragionevole dubbiosità, Sergio scagiona le teorie della moglie ed entra nel market del paese.
Scaffali con marchi, tetrapack, slogan, brand, rime da pubblicità tatuati su alcuni neuroni fossili.
I prodotti nel banco frigo sembrano simili ad un plotone sull'attenti quando passa il capitano.
Quell'algida tensione a essere perfetti.
Il dito di chi sceglie che avanza, scalza la sottomarca col il bavero del prezzo presuntuoso e va verso la tranquillità della scelta costante lasciandosi intorno quelle gocce depositate sul cartonato dei brick vicini, che non è condensa fredda, ma sudore rilasciato per l'ebbrezza di un “quasi”.
Codici a barre, cicalini da lettore del barcode, contante frusciante, qualche voce da cellulare, nessun cenno di umanità.
Quando Sergio rimane in un luogo altamente ansiogeno per più di 5 minuti, al momento in cui ne esce guarda il cielo e ricomincia a farsi domande sulle nuvole come quando era piccolo.
Quella di oggi era: «Se un cumulonembo è raffreddato, nel momento in cui starnutisce, lo spostamento che provoca sovraintende un temporale in un una zona circoscrivibile?»
Una parentesi di ruga gli allarga la bocca: una nuvola più a sinistra gli ha ricordato la sua vecchia Renault 5 in formato cotton fioc.
Due secondi dopo, c'è un marciapiede con un ingombro. Un marciapiede di un giorno semi-festivo dove c'è un ingombro. Un ingombro che chiude il passaggio a chi ha fretta di fare gli ultimi regali.
Quell'ingombro umano è Sergio Nazzareni di anni 43 e di professione “hamburger gigante animato” fuori da una di quelle catene che l'America dei grassi idrogenati ci ha regalato.
Sergio Nazzareni ha l'occhio destro che guarda il cartone del suo tetrapack, appena acquistato.
Il sinistro è già svenuto. Legge nitidamente solo il “parzialmente scremato” della confezione.
Ha il tempo di confabulare un pensiero. Il pensiero è "solo parzialmente scremato uguale solo parzialmente riversato".
La confezione è solo parzialmente rovesciata sul marciapiede.
Un tizio con la bici, la cravatta e un casco di gomma urla al commesso del banco pescheria di portargli del ghiaccio.
Annarita è a casa mentre sorseggia la sua terza tazza di latte. Per la prima volta una discussione le ha fatto prendere un termine da un contesto preciso e gliel'ha fatto mettere in un altro.
Nella fattispecie, “scremato” ha generato nei suoi pensieri mattutini il nome Simona, convincendola che è
il nome perfetto per la figlia che sta arrivando.