Forse era Lisa a non amarlo più.

Tutto si riduceva in messaggini e baci virtuali sul cellulare. Il tempo che passavano insieme era sporadico e sovraccaricato dall’ambizione carrieristica, quella che forse, a lei mancava. 
“Passa una bella giornata tesoro. Capiterà di stare insieme”.

Spense il cellulare.

Oggi aveva un giorno libero dal lavoro, sola con se stessa; e meno sola che con lui. L’avrebbe chiamata. Certo. Anche il controllo era una sua caratteristica. 
Ora le era chiaro.

Dopo aver passeggiato nel lungo viale alberato del centro, fece degli acquisti nei suoi negozi preferiti, in modo esagerato e inutile, come sempre quando era inquieta e nervosa. 

Aveva fame e si sedette sulla panchina nel giardino di una scuola elementare. Nel suo - lunch box -  c’erano panini deliziosi, l’aria era già primaverile, il silenzio nutritivo. 
Mentre guardava il grande tiglio pieno di germogli che troneggiava nel mezzo del giardino, intravide un uomo seduto per terra, appoggiato al tronco. Era in ombra. Lui di sicuro l’aveva vista. 
Un tipo strano; capelli incolti, barba lunga, indossava dei sandali aperti. 
Di solito i clochard stazionavano sotto il ponte al nord della città, o ai margini del fiume. Niente di personale, però… 

Finito di mangiare l’ultimo panino, appoggiò le buste degli acquisti sul braccio e tirò fuori dal portafogli un euro. Passando guardò se per terra c’era una scatolina o un berretto rovesciato, dove far cadere le monete. L’euro che aveva in mano cadde sull’erba… Senza girarsi si allontanò a passi veloci.

”Ehi… Ti è caduta una moneta!’’

Che vuole quel tipo… 

“Fermati…”
“Cosa vuole? Non ho capito.’’

L’uomo sorrise: 

“Mi hai preso per un mendicante… o per cosa?”

Si sentì avvampare.

“Ma no… Si figuri!“

Non era un clochard. Che stupida.

“Comunque ci sei andata vicino. Per essere povero sono povero. 
Possiedo:

Un orto

quattro galline

alcune piccole piante

due paia di pantaloni

due maglie

due paia di scarpe

un giubbotto

e un cappello per l’inverno. 

Tutto in colori basici. 

Il bucato lo faccio il Martedì. 
La doccia tutti i giorni.

Sono anche pulito. Pensa un po’.

E lavoro a tempo perso. Non ti voglio annoiare con i conti”.

Lisa scoppio a ridere:

”Mi scusi… non volevo… ora devo andare.” 

‘Perché mi dai del lei?’

Non lo so… con l’ombra… insomma non vedevo bene da laggiù.

’’Già. Le ombre creano sempre malintesi. A volte capita anche a me.

Ma di sicuro siamo coetanei.

Per il momento tengo in ordine il giardino di questa scuola e preparo merende per i bambini. Le mamme sono contente”.

Lui prese la moneta finita accanto al suo piede e gliela porse. 

“Lo vuoi un caffè?” 
Aprì una borsa portavivande e tirò fuori un thermos con due tazzine; 

“Puoi appoggiare le buste e sederti sull’erba. Sei molto elegante. 

Ho un telo così non ti sporchi. Tu cosa fai invece?”

Lisa era immobile, guardava un punto indefinito e le sudavano le mani. Era evidente anche a lui: ”Non mordo sai?“ dopo un attimo di silenzio aggiunse: “Ho anche un sacco di tempo libero”.

“Ma io no. Non ho tempo libero!”

Non sapeva neppure lei perché avesse risposto così stizzita.

Lui sembrò non farci caso, il tono di voce era sempre calmo e rassicurante:

“Fai bene ad essere arrabbiata, se non hai mai tempo libero”.

’Ciao… allora’.

La guardava con quegli occhi scuri, allungati e profondi, le sorrideva con ancora le tazzine in mano.

”Scusa se ti ho trattenuta.”

Lisa avrebbe voluto trovare qualcosa da dire, invece buttò le buste a terra e iniziò a ridere. 

“Cosa ti fa tanto ridere?

”Tu mi fai ridere. Il resto… poi lo capirò”.

Anche lui iniziò a ridere:

”È un buon inizio, non credi? Io mi chiamo Michel.”

“Io Lisa. Il caffè è buono!”

 

Sdraiata con le braccia sotto la testa, guardava le foglie del tiglio muoversi con il vento. 

Rimasero in silenzio ad ascoltare il cinguettio degli uccellini. Lisa chiuse gli occhi:

“Hai un odore di terra e erba tagliata”.

 

Quasi anonima sorridi
e il sole indora i tuoi capelli.
Perché per essere felici
è necessario non saperlo?

(Francesco Pessoa)

 

La campanella della scuola suonò e un boato di gridolini e risate si confuse con l’improvviso battito d’ali dei passerotti rimasti nascosti tra i rami del tiglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

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