La motrice era molto bella. L'aveva voluta di un bel rosso metallizzato, con finiture cromate che la facevano sembrare una berlina di lusso, anche se in realtà era un camion, cioè uno strumento di lavoro, né più né meno. Aveva appeso le foto dei figli e della moglie dentro la cabina, proprio sopra il parabrezza, così poteva guardarli quando lo prendeva la nostalgia, mentre attraversava paesi lontani come la Finlandia o la Romania. E, appeso alla bocchetta di aerazione c'era il pupazzetto portafortuna che gli aveva regalato Kevin, il suo primogenito. Il lato B era la sfilza di rate che avrebbe dovuto pagare, prima di poter dire che quella bestia d'acciaio era davvero sua. Ma non si poteva fare diversamente. Il vecchio camion ormai gli costava più di riparazioni che di gasolio. Mise la freccia ed entrò nell'area di servizio. Era stanco e aveva urgente bisogno di una toilette. Conosceva tutti gli autogrill dal Brennero a Reggio Calabria, perciò sceglieva l'area di sosta in base alle esigenze del momento. Sapeva dove il caffè era più buono e dove c'erano le docce migliori, quelle tenute in ordine, pulite e comode da usare. Parcheggiò a fianco di un collega del nord, che riconobbe dall'adesivo col leone di San Marco. Spense il motore e rimase assorto nelle sue preoccupazioni, dimenticandosi per qualche minuto dei bisogni fisiologici. Aveva appena fatto l'ultima consegna e non sapeva quando ci sarebbe stata la prossima. Di offerte di lavoro nemmeno l'ombra. La cosa peggiore  era che se fosse stato costretto a saltare due o tre rate del finanziamento, la banca avrebbe potuto riprendersi indietro il mezzo. E senza motrice sarebbe diventato uno dei tanti disoccupati. Hai voglia a dire che oggigiorno nessun lavoro è sicuro e che bisogna essere sempre pronti a impararne di nuovi! Che lavoro nuovo puoi imparare a sessant’anni suonati? Quando sei praticamente già alle soglie della pensione? Un colpo di clacson lo fece trasalire, ricordandogli che doveva andare subito al bagno. Quando ne uscì si sentiva già un po' meglio. Ordinò un caffè ristretto e sedette a guardare la tv. Nei titoli che scorrevano in basso sullo schermo una notizia catturò immediatamente la sua attenzione: “Grazie all'accordo tra un gigante dell'autotrazione e un leader americano dell'informatica, entro il 2025 inizieranno a circolare camion a trazione elettrica senza guidatore”. Ecco, pensò Giovanni Clericetti, un altro buon motivo per mandare tutto al diavolo. Pensare che io da piccolo ci giocavo, con i robot. Adesso mi rubano il lavoro. Malgrado possedesse una motrice con rimorchio a tenuta stagna, coperto dal telo automatico, le commesse scarseggiavano e il camionista vedeva nero. Le granaglie che un tempo portava dalla Sicilia ora arrivavano dal Sud America, ed erano trasportate da flotte di vettori di proprietà degli stessi armatori. Quindi, lui e tanti altri erano rimasti a secco. Per un lungo istante, l'uomo pensò di farla finita. Poi immaginò lo strazio che una decisione estrema avrebbe recato alla sua famiglia, ai parenti che gli volevano bene e agli amici sinceri che aveva; pochi, ma buoni. Per giunta, da quando aveva passato il confine austriaco in direzione sud e aveva consegnato il luppolo a Merano, pioveva a dirotto. Che fare? Gli serviva qualche giorno per riflettere. Pensò con nostalgia al paese dov'era nato. Ai giochi per strada con i coetanei della contrada dove abitava e alla brava gente sempre pronta a dare un mano a chi aveva avuto un colpo di sfortuna. Dopo tanti viaggi per consegnare la roba degli altri, ora sentiva la necessità di farne uno solo per sé stesso. Fece il pieno. Chiamò a casa dicendo che sarebbe tornato due giorni dopo e ingranò la marcia. Magari non sarebbe servito a nulla, ma voleva tornare indietro. Anche se non è possibile viaggiare indietro nel tempo, c'è comunque modo di tornare alle origini. Ingranò la marcia e riprese l'autostrada. A Bologna incontrò un collega a cui era molto affezionato. L'ultima volta si erano visti in Spagna. Anche lui era preoccupato per il futuro e in più aveva qualche problema di salute. Pranzarono insieme, in una trattoria fuori mano dove si mangiavano le migliori tagliatelle al ragù di tutta l'Emilia Romagna. Mentre aspettavano sgranocchiando grissini, l'amico gli confidò che stava per mollare. «Mio figlio ha preso una rosticceria vicino all'Eur. Gli darò una mano in cucina. A servire non son buono. Con il caratteraccio che ho manderei a quel paese qualche cliente. Ma mi pesa, sai? Dopo una vita a macinare chilometri non so come mi sentirò a star fermo.» Lui stette un po' in silenzio prima di rispondergli: «Beato te che almeno hai una prospettiva. Io invece a quel volante ci sono inchiodato. Anche perché non saprei fare altro. E di ordini nemmeno l'ombra. Vabbè, lasciamo perdere. Godiamoci queste tagliatelle.» Si salutarono sotto la pensilina appena fuori dalla porta, con il rumore della pioggia a fare da colonna sonora e una forte stretta di mano che sapeva di addio. Il percorso verso sud fu stancante e noioso. Passata Roma, le strade diventavano scomode. C'erano parecchie buche e bisognava guidare con molta attenzione. Però dopo Napoli uscì il sole. Giovanni, detto Giuvà, arrivò al paesello natale il giorno dopo, verso le undici del mattino. Non fece tempo a parcheggiare il camion che subito gli si fece intorno una ciurma di ragazzetti, affascinati da quel mostro rosso fuoco. Gli fecero mille domande e nel frattempo arrivarono gli zii, due cugini e i vecchi vicini di casa. Zù 'Ntò lo accolse con un abbraccio che quasi lo stritolò, poi si fece serio: «Sono contento che sei venuto, Giuvà. Mi piacerebbe invitarti a pranzo, ma non abbiamo neanche l'acqua per la pasta. L'acquedotto è fuori uso, come al solito, e qui le cisterne arrivano solo dopo aver rifornito Paola, che è più importante di Serra d'Aiello.» «Non ti preoccupare zio, mi fa piacere lo stesso. È come se me l'avessi offerto, sto piatto di spaghetti.» Solo allora si ricordò che nella fretta di partire da Merano aveva lasciato il telo di copertura aperto. Salì sulla sponda del rimorchio e vide che il cassone era pieno, quasi all'orlo. Ce n'era abbastanza per dare acqua a tutti, e involontariamente si ritrovò a essere festeggiato come un salvatore. Era convinto di fare un viaggio a vuoto, invece, senza saperlo, aveva portato qualcosa di prezioso. Anzi, proprio la cosa più importante. Quando ripartì per Milano, aveva il cuore leggero e gli era tornato il buonumore. Sarà stato un caso, ma lungo la via ricevette un paio di telefonate. Gli chiesero di fermarsi a Caserta a caricare del grano per un molino toscano e poi ritirare del farro; serviva a una catena di supermercati che aveva i magazzini proprio a Sesto San Giovanni, a due passi da casa sua. Vedi, a volte il destino è pieno di sorprese.

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