C’era stata una sparatoria.

Una delle solite sparatorie da regolamento dei conti. Secondo i testimoni una macchina si era fermata inchiodando, è partita una raffica e poi qualcosa è andato storto. Sono immediatamente fuggiti sgommando e urlavano più forte delle gomme e del motore.
E qui cominciavano le cose storte.
Di solito quando arrivo, trovo le tracce dei pneumatici, la folla radunata fuori dalle strisce “Crime Scene Do Not Cross” e la parete di una casa crivellata di colpi. Dentro sembra di stare in un film dell’orrore: tutto distrutto, schizzi di sangue dappertutto, corpi macellati dalle raffiche, si fa fatica a capire come stavano le cose prima per il tanto piombo che è stato sprecato.
Invece questa volta mi ero trovato in piedi davanti a dei marcatori segnaposto perché un agente aveva notato strane gocce di sangue sull'asfalto dove forse si era fermata la macchina e le aveva subito registrate: è stato bravo e attento, glielo dirò. La parete della casa aveva pochi colpi sulla destra e una scia arrivava a una portafinestra, andata in briciole, niente di più.
Dentro una donna tremante col bambino che strillava nascosti sotto a un divano, un uomo coperto di schegge, una pistola fumante in mano ma nemmeno una palla in corpo. Qualche danno fatto dai proiettili ma metà della casa era intatta, disturbata solo dal viavai degli agenti, infermieri, patologi (intervenuti per nulla): nessuno là dentro si era fatto male e la prima pattuglia era arrivata subito dopo, si trovava in zona perché aveva intravisto la macchina degli assalitori bruciare un semaforo poco prima.
L’uomo, ora è in sala interrogatori. Ha più cerotti lui addosso che una farmacia negli scaffali ma sta bene.
Lo guardo e non parlo. Non arrivo a capire nemmeno come fare la domanda giusta, lui sta lì, seduto, fermo, occhi ben aperti e faccia di cera, teso ma nemmeno sembra respirare. Ok, si comincia.
“Steven Whome, quarantatré anni qualche multa e una notte in gattabuia per ubriachezza molesta da giovane. Intanto dimmi come hai fatto a sparare prima di loro. Non se ne esce vivi da una sparatoria così.” Non mi ha tolto gli occhi si dosso, ora sbatte un istante le palpebre e parla con un filo di voce.
“Li ho sentiti arrivare, Qui nessuno sgomma.”
“E tu avevi una pistola non registrata pronta in tasca per caso, è così?”
“Si… No. Ce l’avevo.” Corrugo la fronte, mi inclino un pelo in avanti
“Ce l’avevo e basta.” Ammette il possesso di arma, è già un passo avanti.
“Tu senti sgommare una macchina e spari all'impazzata, è così che è andata?”
“No, un colpo solo.” È vero, il tamburo aveva un solo posto vuoto. Queste sue risposte stringate cominciano ad innervosirmi e alzo la voce:
“E tu vuoi farmi credere che con un colpo, sparato prima che cominciassero loro, sei riuscito a spaventarli tanto da farli scappare?”
Comincia a sbattere gli occhi, resta immobile e accelera il ritmo, quasi posso sentire il rumore delle palpebre: blink, blink, blink…
Solleva leggermente la testa e drizza lentamente la schiena, blink, blink, blink… 
Volta piano la testa, fissa il vuoto tre un battito e l’altro, blink! Molto lentamente muove il braccio, ritmato dalle palpebre blink… blink… blink… 
È ipnotico, lo lascio fare ancora un po’ e lui distende il braccio, questo movimento al rallentatore lo fa sembrare teso e sciolto al tempo stesso blink… blink… blink… 
Sposta il peso sulla sedia, porta appena avanti la spalla blink… blink… 
Inspira blink… 
Lentamente protende il braccio, gli occhi sono fissi nel vuoto e sempre ben aperti blink… blink… blink… blink… 
Il braccio si allunga ma si ferma prima di essere completamente steso, qui dentro non importa puntare e sembra indicare un punto blink... 
Sembra la mano di un vecchio stanco, trema appena blink… blink… 
D’improvviso lo sguardo cambia espressione, diventa dura, il dito si è appena piegato. Lui resta immobile come se cercasse di assorbire tutti i dettagli di una immagine che vede solo lui. Non faccio in tempo ad intervenire che la sua pantomima si interrompe, ritira il braccio, volta la testa e si siede meglio. Prima di parlare respira percettibilmente, interrompendo quel senso di apnea. Il tono della sua voce è cambiato, adattandosi allo sguardo, ha preso coscienza di sè ed ha smesso di sentirsi una bestia in gabbia? Forse.
“Quando ho messo il dito sul grilletto la prima raffica era già partita, ho rivissuto istante per istante quel momento e nell'attimo preciso in cui ho sentito il click del cane sotto al polpastrello avevo già gli echi dei primi spari nelle orecchie”.
“E COME FARESTI A RICORDARTELO COSÌ BENE, ISTANTE PER ISTANTE???” Stava per cedere, me lo sentivo!
“Ho ucciso un uomo.”
Lui non poteva saperlo, ma li avevamo inseguiti e presi, erano sbandati e il motore si era spento. Due avevano in faccia sangue e frammenti di cervello che nemmeno Jackie O’ e il terzo di loro, il boss di una banda di criminali, aveva il cranio sfondato con la precisione di un cecchino.
Ero senza parole eppure mi sforzai di tirare fuori un po’ di fiato.
“Ah, e come fai a esserne così sicuro?”
“L’ho guardato negli occhi, eravamo io, lui e il proiettile”.

 

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