LETTERE PERDUTE

 

 

Il porto di Amsterdam brulicava di gente in un’affollata giornata di fine primavera. Una folla di persone era in attesa di imbarcarsi. Intere famiglie dalle facce tristi, si aggiravano sul molo a passi lenti. I commercianti ambulanti davano la voce per le loro mercanzie. I marinai si davano un gran da fare per caricare a bordo le provviste necessarie al lungo viaggio. La traversata richiedeva almeno tre mesi di navigazione. Le compagnie di navigazione assicuravano i loro passeggeri che erano stati presi in considerazione ogni tipo di eventuali imprevisti e che le provviste imbarcate erano più che sufficienti. Fra quelli che erano in attesa di partire c’erano anche molti condannati, si riconoscevano per le catene che portavano alle mani e ai piedi guardati a vista dai soldati con i fucili. Erano stati condannati a morte, ma per benevolenza del re era offerto loro la possibilità di scontare la condanna nei campi di lavoro nelle nuove terre d’oltremare. Mescolati fra la folla si celavano ladri e borsaioli che approfittando della confusione lavoravano le proprie vittime con destrezza, portavano via ai poveretti, tutti i risparmi conservati per affrontare la nuova vita in quel mondo sconosciuto e lontano.

Jan era insieme al suo precettore che doveva accompagnarlo, la madre lo aveva vestito con un abito ricavato da un vecchio vestito del padre adattato alle sue misure. Il giovane ormai era cresciuto e la differenza con il genitore era minima. Il padre era un predicatore protestante e ed era molto rigido verso tutti, compresi i figli. Li aveva cresciuti nel timore assoluto di Dio. Jan era un giovane insofferente ai canoni di educazione paterna, aveva più volte progettato di imbarcarsi per le Americhe. Il suo spirito ribelle lo aveva spesso messo in difficoltà, ma era sempre riuscito a cavarsela. Ora, finalmente, era sulla banchina pronto a partire. Aveva racimolato i soldi del viaggio con vari lavori fatti per altri nella comunità. I genitori si erano arresi e avevano acconsentito al viaggio purché fosse accompagnato dal precettore. Avevano un indirizzo in Louisiana, dove erano attesi da uno zio, un fratello del padre emigrato già da tempo in quelle terre. Il vascello che doveva ospitare il giovane, si chiamava “ Adventure”, un nome appropriato alla sua situazione. Dopo ore d'attesa le operazioni di carico merce erano finite e il capitano stava per dare l’ordine di mollare gli ormeggi. Tutti quelli che dovevano imbarcarsi si affrettarono a salire a bordo. Le donne piangevano e stringevano i bambini vicino alle loro gonne. Dopo i rituali d'addio fra abbracci e lacrime, Jan lasciò i suoi sul molo e corse sulla passerella seguito dai passi lenti del vecchio che lo accompagnava. Sciolte le cime, le poche vele issate spinsero lontano dalla banchina la grande nave; in poco tempo era già con la prua dritta verso l’ignoto.

 

Jan era in Lousiana ormai da quasi un anno, la vita nel nuovo mondo non era poi tanto diversa da quella di casa, la differenza era nel numero di schiavi che avevano a disposizione nella tenuta dello zio. L’uomo era l’esatto contrario del fratello, tanto rigido, morigerato e religioso uno, quanto ubriacone dissipatore e violento l’altro. Trattava i suoi schiavi con la frusta e spesso il giovane Jan aveva dovuto assistere a delle impiccagioni di uomini di colore per delle assurde banalità. Odiava quel genere di comportamenti disumani. Rimpiangeva il suo viaggio voluto a tutti i costi. Ogni giorno scriveva lettere alla madre e alla ragazza che aveva lasciato in Olanda. Prima della partenza aveva promesso che, appena possibile, l’avrebbe chiamata per raggiungerlo. Alla luce di quello che stava vivendo, adesso non era più tanto sicuro di fare la cosa giusta, le scriveva per sapere la sua decisione e se, magari, era il caso che tornasse lui. Inviare lettere dall’altra parte del mondo non era una faccenda facile, ci volevano tre mesi per andare e altrettanti per tornare. Una lettera impiegava sei mesi prima di poter ricevere una risposta. Il giovane imperterrito continuava a scrivere tutti i giorni e inviava le sue lettere con ogni nave in partenza verso l’Europa. Dopo alcuni mesi le risposte cominciarono ad arrivare.

La madre raccontava la vita di casa, non mancando di ringraziare il Signore per la benevolenza verso il figlio lontano. La fidanzata era indecisa se intraprendere anche lei il lungo viaggio, perchè leggendo quanto scriveva lui non era proprio allettante la prospettiva di vivere in un ambiente piuttosto ostile e persone crudeli. Per i primi mesi le lettere arrivavano di continuo poi, improvvisamente, cessarono di arrivare. Jan continuava a scrivere lettere ogni giorno, ma dall’altra parte non arrivò più niente. Passarono mesi e anni, ma per quante domande faceva ai marinai che arrivavano dal vecchio continente non riuscì a sapere nulla, in patria le cose andavano come sempre, non c’era nessuna guerra, o epidemia, niente che potesse giustificare il silenzio da parte della famiglia. Jan dopo alcuni anni di speranza si arrese, era cresciuto e aveva trovato lavoro tramite lo zio, come sorvegliante in una piantagione di cotone. Aveva il compito di tenere sotto controllo un numero di schiavi di colore addetti al lavoro nei campi. Durante il tempo che lavorò in quella piantagione conobbe la figlia di un ricco proprietario di piantagioni e dopo poco la sposò. Passarono gli anni. Deluso e insoddisfatto di quella vita, prima di diventare cinico come gli altri, decise di tornare in patria. Era un uomo adulto e maturo, benestante, poteva essere felice, ma non aveva dimenticato la sua famiglia. Tornò nella sua vecchia abitazione e non trovò nessuno, la casa era in rovina dei familiari, nessuna traccia. Fece ulteriori ricerche e alla fine, la verità, venne a galla. La famiglia aveva fatto un trasloco e aveva comunicato la notizia in una lettera al figlio lontano, solo che la nave, che trasportava quella lettera, era stata assalita dai pirati e affondata. Le successive lettere che lui aveva scritto non erano mai state recapitate. La madre non ricevendo più notizie si era ammalata per lo sconforto ed era morta in breve tempo. Il padre rigido nel suo comportamento convinto che la colpa era del figlio ingrato, non avendo notizie lo dimenticò del tutto. Morì, due anni dopo, solo e ubriaco in una taverna. Jan trovò, all’ufficio postale, tutte le lettere che lui aveva mandato in quegli anni, erano l’unico ricordo tangibile che gli restava della sua famiglia.

 

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