«S'intona al colore dei suoi capelli, ma non per questo è il caso di lasciarlo lì».
La rossa fissò il cocktail davanti a lei e poi l'uomo dalla cravatta marrone.
«È un tentativo di abbordaggio da bar?».
L'uomo sorrise. «Non è un tentativo».
La rossa afferrò il bicchiere. «Allora è un fallimento» disse vuotandolo in un sorso.
Si alzò e sì allontano col passo atletico e la camminata sicura di chi sa di essere osservato e non se ne dispiace.

L'uomo dalla cravatta marrone fece tintinnare il ghiaccio nel bicchiere e si girò verso la rossa.«Ha cambiato cocktail» osservò.
«Lei invece non ha cambiato abitudini. Ci prova sempre con le donne sole ai bar degli alberghi».
«Sarebbe tanto strano?».
«Questo è un albergo internazionale. Convegni, riunioni... gente da tutte le parti del mondo. Stuzzica il gusto per l'avventura, in tutte le sue forme. Però adesso, con quello che sta succedendo in città, siamo chiusi qui. Come animali. Pecore che hanno sentito l'ululato del lupo nel buio al di là del recinto».
«Come mai da queste parti?».
«Il convegno di antropologia» rispose la rossa. «“Letteratura, folklore e miti cinematografici”. Sa che, nei libri, Sherlock Holmes non dice mai “elementare, Watson” o che il morso di un licantropo non ti trasforma in un licantropo, se non nelle sceneggiature di Hollywood? E lei? Perché è qui?».
L'uomo dalla cravatta marrone pagò il conto.«Forse glielo dirò domani sera, se la troverò» disse alzandosi. «Almeno non potrà sostenere che la sto importunando».

«Un'altra tranquilla serata al bar dell'albergo?».
«Questa città non è molto allegra quando piove».
«Quale città lo è?».
«Viaggia molto, a quanto pare».;
La rossa giocherellò con lo stelo del bicchiere. «Si capisce?» chiese.
«L'accento» spiegò l'uomo dalla cravatta marrone. «L'inglese non è la sua lingua madre, ma non si comprende quali siano le sue origini. Io le indovino quasi sempre. Fallisco solo con chi viaggia da molto, molto tempo. Alla lunga, l'inflessione si perde per strada. A me è successo così».
Lei parve osservarlo per la prima volta, poi sorrise. «Viaggio da quando ero ragazza. Secoli».
Lui sorrise di rimando. «È solo un'impressione» fece avvicinandosi di uno sgabello;
La rossa non reagì. «Avevamo lasciato una domanda in sospeso, mi pare» disse dopo un po'.
L'uomo dalla cravatta marrone esitò a lungo. «Psichiatria forense» disse infine.
«Il Cannibale Volante?» chiese la rossa «Certo che avrete parecchio da discutere. Abbastanza per non parlarne con me».
Lui rigirò tra le mani il bicchiere, pensoso.«Hai presente Criminal Minds, la serie TV? Be', nella realtà è diverso. Ecco perché questo convegno internazionale».
«Allora non è come in TV».
L'uomo bevve un sorso «Come se fosse facile entrare nella mente di un uomo. Come se fosse facile capire... oh, sì, alcune cose sono come in TV. Il nostro amico si sposta parecchio. È colto, intelligente, organizzato, spietato. Un predatore. C'è stata anche l'escalation di violenza, come di prammatica. Dalle armi da fuoco è passato al rasoio. A un certo punto ha iniziato a prendere parti delle vittime come feticcio. Pezzi di dimensioni sempre più grandi. Poi ha cominciato a staccarle a morsi».
La rossa bevve un lungo sorso. «So che vi sfida. Ha ucciso l'ultima vittima tre giorni fa, proprio quando è iniziato il convegno».
L'uomo emise qualcosa che poteva sembrare una risata. «Ci sfida, sì, e allora? Lo faceva anche Jack lo Squartatore. Ma questo che cosa ci dice di lui? Il fattore di stress, per esempio... ne avrai sentito parlare. Una malattia? Un lutto? Problemi economici? O magari una sera è tornato da uno dei suoi viaggi e si è trovato la serratura di casa cambiata e la notifica di divorzio sotto lo zerbino? È cominciato così?».
«Ma il fatto che mangi pezzi delle sue vittime...».
L'uomo posò il bicchiere sul bancone. «“Ti mangerei di baci”... quante volte l'hai detto? O te l'hanno detto? Abbiamo tutti le nostre brave forme di feticismo e tutti, da bambini, abbiamo attraversato la nostra “fase orale”».
La rossa allungò una mano verso quella dell'uomo, poggiata accanto al bancone, fermandosi un istante prima di toccarla. «Più o meno siamo tutti mostri, sì. Non dovevo spingerti a parlarne»
Di nuovo quella strana risata. «Lo sai che cosa diceva Nietzsche, vero? “Chi lotta contro i mostri deve guardarsi dal divenire anche lui un mostro. E se tu guarderai dentro l'abisso, anche l'abisso guarderà dentro di te”».
La rossa coprì quei pochi centimetri che separavano la mano dell'uomo dalla sua. I barman facevano tintinnare i bicchieri e, fuori, la pioggia scrosciava più forte.
«Un sacco di volte» disse. Lui la guardò con fare interrogativo. «“Ti mangerei di baci”. L'ho detto un sacco di volte. Forse sono anch'io una predatrice». Gli sfiorò la mano.
«È un tentativo di abbordaggio da bar?»
La rossa svuotò il bicchiere con un unico, lungo sorso.
L'uomo dalla cravatta marrone sorrise scoprendo i denti. «In ogni caso, meglio essere predatori che prede».

«Cosa c'è di bello nelle serate di pioggia?»
«Parlate di questo ai convegni di antropologia?»
La rossa fece spallucce. Indossava un vestito da sera, scollato. Uno spolverino leggero le pendeva mollemente da un braccio. «Solo di vecchi libri, vecchi film e lupi mannari. In realtà è un modo di farsi perdonare per ieri sera. Ti ho fatto parlare di lavoro fuori orario».
Lui si grattò il mento con fare esageratamente pensoso. «Cosa c'è di bello? Vediamo... pozzanghere, macchine che ti schizzano, piedi bagnati...».
Lei rise scuotendo la testa. «Si può camminare stando abbracciati sotto un unico ombrello».
L'uomo guardò fuori dalle vetrate all'ingresso. «È l'ultima sera» annunciò «Domani parto per altre mille e mille splendide avventure».
La rossa gli si avvicinò. «Hai cambiato cravatta» disse «Stasera è verde».
«S'intona al colore dei tuoi occhi»

La rossa camminava stringendosi al braccio dell'uomo, i tacchi che risuonavano sul marciapiedi deserto.
Lui inalò l'aria umida della notte, sollevando lo sguardo verso le finestre dei palazzi. Illuminate, vigili. «Le pecore sono al sicuro nel recinto» disse.
Lei rilasciò un respiro lungo, sommesso. «Non c'è nessuno. Tranne noi mostri».
Un'auto passò veloce, schizzando spruzzi.
La rossa stava sul lato lontano dalla strada, ma saltò indietro, sotto l'ombra degli alberi.
Lui l'abbracciò come per sussurrarle tenerezze, ma, quando estrasse il rasoio, il suo bisbiglio era quasi doloroso. «Lo hai capito subito che ero io, vero?»
Lei chinò il capo. Quando lo alzò, i suoi occhi brillavano al buio.
«Chi mangia carne umana ha un odore particolare, ma voi umani non riuscite a percepirlo» disse.

Per assumere la forma bestiale, tra zanne, peli e tutto il resto, la rossa impiegava quasi un minuto, ma lui era rimasto lì, immobile, terrorizzato come un coniglio, togliendole perfino il piacere di una buona caccia attraverso il parco.
Dio, quanto li odiava, i dilettanti.

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