Apro gli occhi. 

Sbatto le palpebre. 

Cerco di capire dove mi trovo. 

Ma mi sento confusa.

Sono sdraiata sul pavimento del salone e sul soffitto il ventilatore gira veloce, gettando aria sul mio corpo immobile. 

Allora osservo le mie braccia, piene di lividi, le gambe invase da ematomi. Vistose scie rosse imbrattano il pavimento e la stanza è in disordine. Sono sporca e insanguinata, ho ferite profonde, ma non sento male da nessuna parte. 

Cerco di alzarmi. Ma non ci riesco. E mi sforzo di capire perché mi trovo in quello stato. 

Poi all’improvviso ricordo che avevo un appuntamento con Max, un ragazzo che una volta frequentavo. La nostra storia era finita a causa dei nostri caratteri opposti, ma quel sentimento era rimasto intrappolato in fondo al mio cuore, che aveva sempre sperato in un miracolo. Quella mattina ero emozionata, avevo scostato le tende con delicatezza per capire se il sole volesse aiutare il mio tentativo di rendermi più carina. 

E il sole c’era. Splendeva nel cielo e mi aveva regalato un sorriso.

Mi ero preparata, indossando un abito corto ma non troppo esagerato e mi ero truccata appena, per non dargli soddisfazione, perché non avrebbe dovuto capire quanto ancora ci tenessi a lui.

Ero agitata e in cuor mio speravo ancora in una rinascita dell’amore.

Poi era successo. 

Un forte scoppio mi aveva fatto sobbalzare e un polverone scuro si era fatto strada attraverso la finestra e mi aveva raggiunta, soffocandomi. Mi ero sentita male, ero caduta a terra e la testa aveva iniziato a girare. 

 

Poi avevo chiuso gli occhi. 

 

Ed eccomi di nuovo qui, su questo pavimento gelido. Ma capisco subito che è il momento di alzarmi. O almeno ci devo provare.

Mi sollevo sui gomiti, mi metto seduta e mi sento strana, ma non sto male più di tanto.

Un odore dolciastro e nauseante raggiunge le mie narici ed è un tanfo che all’improvviso mi turba e trovo insopportabile. 

Mi alzo. 

Ma mi accorgo subito che non riesco a camminare bene. Il mio andamento è instabile, malfermo e le gambe si trascinano stanche sulle piastrelle sporche. 

Procedo a fatica e raggiungo la porta. Esco e prendo la rampa di scale che mi separa dall’uscita. Tutto attorno a me è molto strano, ma non capisco cosa. Forse l’assenza di rumori, la mancanza degli odori. 

Il bimbo del terzo piano non urla come sempre e il profumo del ciambellone di sua madre non arriva ad estasiare i miei sensi. 

Niente è come ogni giorno. Tutto è diverso. 

Una volta arrivata al piano terra mi accorgo che la porta del vicino è spalancata, macchie di sangue ricoprono il pavimento e il fango inzacchera le scale e il pianerottolo.

Poi qualcuno mi spinge e precipito dalle scale. E allora alzo la testa e mi rendo conto di tutto. 

Mi giro e una vicina mi raggiunge, minacciosa, con un martello in mano. Urlo, ma al posto della voce mi esce un grugnito; lei mi colpisce con forza sul petto e non sento dolore. Il sangue zampilla sul suo viso, sulla mia carne c’è uno squarcio ma rimango viva e la guardo con odio.

Allora mi giro verso la strada e l’orrore mi colpisce in pieno volto. 

E’ piena di corpi morti che si trascinano con lentezza e cercano di raggiungermi. 

Grido, ma un verso orribile esce ancora dalla mia bocca.

Zombie.

Possibile che esistano? E da dove sono sbucati?

La vicina grida, gli zombie si avvicinano. Lei scappa e mi volto verso di loro. Non riesco a fuggire. Ma i morti viventi m’ignorano, passano oltre, inseguono la donna e io sospiro, sollevata.

Rientro, salgo le scale, lenta, mentre la fame cresce e sento il corpo vibrare. 

Poi un ragazzo arriva di corsa e si ferma davanti a me, chiamando il mio nome. 

Incredibile! E’ Max, ma non mi riconosce, urla e cerca di evitarmi. 

Vorrei baciarlo e abbracciarlo ma l’odore di sangue inebria i miei sensi. 

Invece lo afferro con forza, lo mordo avidamente e strappo pezzi di carne dal suo collo.

Urlo disgustata, sorpresa, inorridita; i gesti mi vengono spontanei e continuo a ripeterli meccanicamente. 

Ancora un altro morso ed urlo ancora più forte, con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato, ma la fame è tanta e quel povero ragazzo muore tra le mie braccia fra grida strazianti e schizzi di sangue. 

Impossibile! Sono una zombie. 

Ho mangiato Max. 

E ho ancora tanta fame.

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