Sono l’agente matricola n. 574 della stazione di polizia West End, io e il mio collega stiamo salendo le scale del n. 3 di Saville Row. È quasi l’ora di pranzo di un freddo giovedì di gennaio, il nostro comandante ci ha mandato a chiedere ai quattro baronetti che stanno suonando sul terrazzo di interrompere la musica.

Ho già parlato con un tale “Neil Aspinall” e continuiamo a salire; dal volume del suono capisco che non manca molto. Le canzoni mi sembrano nuove, perché non le ho mai sentite. Quella che stanno suonando ripete spesso la frase “Don’t let me down”. Forse stanno sul tetto del palazzo per girare un filmato.

Siamo finalmente arrivati. Sir Paul ci vede, si avvicina al microfono e dice, rivolgendosi agli altri tre: <<Avete suonato di nuovo sui tetti e lo sapete che a mamma non piace>>. Poi riprendono a suonare un’altra canzone, l’ultima, ci assicurano i collaboratori. "Get back, Get back to where you once belonged". In strada sta succedendo il finimondo, siamo sulle spine, dopo un po’ faccio segno di chiudere, Sir John e Sir George si interrompono, Sir Paul li incita a continuare. Riprendono, finiscono il brano e mentre gli altri appoggiano le chitarre agli amplificatori, Sir John al microfono dice:

<<Bene. Grazie a tutti da parte mia e del mio gruppo e speriamo di aver superato questo provino!>>.

Andiamo via rammaricati. Quando usciamo dal palazzo qualcuno grida: <<Sono loro che hanno fatto smettere di suonare i Beatles>>.

Iniziamo a scappare per le strade di Londra, inseguiti da una folla inferocita.

Mi sveglio, come sempre mi accade quando ho quest’incubo, sudato e agitato.

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