Clarissa è una ragazza di vent’anni, ‘una brava ragazza’ dicono di lei gli abitanti del quartiere in cui vive da sempre.

Vive coi suoi genitori e suo fratello, più piccolo di un paio di anni, e ama studiare.

Mente brillante durante gli anni del liceo, i primi anni di università avevano confermato la sua stacanovistica volontà di apprendere e di dimostrare che lo è davvero, quella brava ragazza che tutti dicono.

Le sue giornate sono divise tra lezioni e studio, incontri coi professori, esami e lezioni, ancora… ancora… e ancora.

Università, studio, esami… esami, studio, università…

Perchè “le cose o si fanno al massimo delle proprie possibilità o non si fanno”, così le aveva sempre ripetuto sua madre, fin dalla tenera infanzia, così aveva imparato a fare in ogni cosa della sua vita, così è adesso il suo modo di essere viva, vista, vissuta e riconosciuta.

Poi sua madre si ammala e succede tutto all’improvviso. Un’esame di routine rivela nei suoi esiti un ospite sgradito e pericoloso: carcinoma mammario metastatico al IV stadio.

Bisogna operare, subito.

Le giornate di Clarissa diventano allora lezioni, studio, università, esami... e ospedale.

Arrivata di corsa all’uscita di sua madre dalla sala operatoria, dopo l’ennesimo esame superato a pieni voti, la sua vita di studentessa modello si scontra con la sofferenza impressa su quel volto semicoscente, ancora immerso nell’anestesia, e con la pesante mutilazione subita.

E sono giornate di ansie, dolore, dottori, medicazioni, visite, lezioni, studio, università, esami… e panni da lavare e stirare, pasti da cucinare per suo fratello e suo padre, casa da tenere più o meno in ordine durante la convalescenza di sua madre.

Ed è chemioterapia, pesantissima, invasiva, devastante…

Sua madre perde i capelli e soffre. Passa le sue giornate abbandonata sul divano, spenta, assente, o si trascina per la casa per arrivare in bagno a vomitare. E Clarissa le tiene la testa, la sorregge in mezzo agli spasmi, la rimette in poltrona, la copre e ogni tanto interrompe i suoi studi per controllare che sua mamma respiri ancora, una volta che le convulsioni le danno tregua. Il percorso tra la sua scrivania e la poltrona dove giace sua madre, o l’involucro che ne rimane, è un incubo che ogni mezz’ora la costringe ad avvicinarsi a quel corpo esanime per accertarsi che il petto si alzi ancora tra un respiro faticoso e l’altro.

Così le sue giornate diventano sostenere sua madre, cercare di controllare, per quanto possibile, che sopravviva a quella cura che la sta uccidendo perché non la uccida il tumore, e poi, se rimane il tempo, esami, studio, università, lezioni… lezioni, università, studio, esami…

Se rimane il tempo.

Finisce la chemioterapia, ritorna il tumore, quasi uno scherzo del destino, o un suo accanimento feroce sul corpo di sua madre e sulla vita di Clarissa. Si torna in prigione...senza passare dal via...mano sfortunata nel giro di Monopoli che spesso è la vita.

Di nuovo sotto i ferri sua madre, di nuovo le giornate tornano a concludersi in ospedale, dopo le lezioni, l’università, lo studio, gli esami e la casa da tenere in ordine.

Si ricomincia con la chemioterapia, e stavolta non è un ciclo solo ma tre, pesantissimi, invasivi, devastanti. Stroncano ogni resistenza del tumore, forse… Di sua madre, di sicuro…

Per la prima volta nella sua vita Clarissa, tra uno spasmo di vomito e l’altro, vede sua madre piangere e implorare che finisca tutto.

“Io l’ho fatto per voi, per il babbo, per te e tuo fratello… ma se dovesse tornare un’altra volta io non lo faccio più, non chiedetemi di farlo di nuovo...” è la resa definitiva che Clarissa raccoglie dalle labbra di sua madre prima di sorreggerla di nuovo mentre il corpo sfinito si scuote a vomitare ancora.

Sua madre smette di lavorare, una ‘finestra’ per il pensionamento anticipato si apre sulla sua quasi quarantennale carriera di insegnante, suo padre lavora molto meno per poter seguire sua moglie dentro e fuori dagli ospedali, le giornate di Clarissa sono ancora lezioni, università, esami, studio, casa da tenere in ordine… ma cominciano a mancare i soldi.

(continua...)

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