Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno,
non si guardò neppure intorno.
F. De André – Il pescatore 
L’ultima volta che l’ho visto per strada, il Pescatore stava conducendo il suo carrello lungo il marciapiede sconnesso della provinciale, nel mezzo della discesa che porta fuori città. Lo avevo incrociato alcuni minuti prima, mentre salivo in direzione opposta, verso il centro, alla vana ricerca di un bar aperto. Il primo chiarore scialbo di una giornata uggiosa rincorreva le nuvole sfilacciate nel cielo caliginoso; quella luce inconsistente si rifletteva sulle facciate anonime dei palazzi di periferia, generando miraggi rettangolari sul parabrezza punteggiato di minuscoli cadaveri.
Non ho mai saputo perché tutti, in paese, si riferissero al vecchio barbone con quel nomignolo, che, in quell’entroterra arido e piatto, evocava interminabili traversate e romanzate avventure estive.
Forse era per quel modo che aveva di andarsene in giro, spingendo le sue masserizie con la metodica determinazione di una rigorosa consuetudine; o per lo sguardo vigile, con cui spazzava il modesto orizzonte, cercando la volta celeste oltre i grovigli elettrici tesi fra gli angoli delle palazzine scalcinate.
Aveva metodo: vagabondava incessantemente per i viali vuoti, ponti sospesi fra le vite ordinarie che gli erano precluse; ma nonostante l’aspetto trasandato e irresoluto, era animato da una studiata complessità. Si muoveva con ordinata successione causale, cosa che impediva di liquidare i suoi gesti e il suo comportamento come un’inutile trastullarsi. Sembrava studiare la città, osservarne i movimenti complicati, il brulicare nascosto. I suoi occhi irrequieti scrutavano sotto la superficie della realtà, eludevano i suoi ingannevoli riflessi, cercando altro: come avviene per il guizzare dei pesci, che si scorgono in trasparenza, oltre il velo oleoso dell’acqua quando è ferma. Sì, credo che sia per questo, che lo chiamavamo “il Pescatore”: era paziente e metodico, silenzioso e attento. Aveva l’aria di aspettare il momento buono, e nessuna fretta di gettare l’esca.
Voltai la macchina nello slargo della piazzetta, riuscendo di misura a compiere un giro completo senza manovrare, e imboccai la discesa verso la provinciale, diretto alla stazione di servizio: forse potrà sembrare bizzarro, ma fra le tante ragioni per sentirmi frustrato e infelice che avevo in quel momento, la mancanza di un caffè era l’unica a provocarmi una punta acuta di disagio. La ricerca infruttuosa di un impiego, l’incombere dello sfratto esecutivo, il progressivo disfacimento dei rapporti con la mia famiglia: niente di tutto questo, inclusa la prospettiva di trovarmi a quarant’anni suonati in mezzo alla strada, riusciva ad infastidirmi quando la mancanza della tazzina bollente fra le mani. La sensazione era più forte di uno stordimento: avevo i sensi ottusi, il cranio pesante, riempito di melma, che ondeggiava sul collo in precario equilibrio. La fibrillazione incoerente del cervello, che dal risveglio mi sottoponeva frammenti inconcludenti di idee bislacche, si condensava ormai in un solo, disperato grido della mente imballata: mi serviva un caffè, e ne avevo bisogno subito.
In quello stato, è difficile spiegare perché accostai a fianco del Pescatore; ancor meno riesco a ricordare per quale ragione l’uomo accettò il mio passaggio, che neppure aveva chiesto. Stipammo le sue carabattole nel bagagliaio della mia utilitaria agonizzante, chiudendo con difficoltà il portellone su un cumulo spaventoso di coperte, vecchi stracci, pentole ammaccate e sacchetti mezzo strappati; poi ripartimmo, lasciandoci alle spalle il rutto slabbrato della marmitta rotta e una nuvola di fumo nerastro. 
Negare l’evidenza è quasi sempre inutile; nel mio caso, sarebbe addirittura ridicolo. Per quanto cerchi una causa dell’orrore davanti a me, so che tutto questo è dovuto soltanto alle mie azioni: sono andato troppo oltre, allungando le mani su un velo sottile, che non doveva essere sollevato. Ci sono luoghi, e momenti, che non si devono trovare; le porte che li custodiscono non sono fatte per essere aperte.
Per i primi chilometri procedemmo in silenzio: guidando, occhieggiavo il Pescatore con discrezione, temendo che trovasse inopportuna la mia curiosità. Ma lui continuava a scrutare il paesaggio, indifferente alla mia presenza, come se stesse viaggiando da solo: l’occasione che gli avevo offerta, lo capii dopo, era quella di godere, dalla vettura in movimento, di una più vasta visuale del suo mondo. Come se il film della sua vita fosse stato improvvisamente proiettato in avanti, alla velocità di uno scorrimento rapido, travolgendo la quotidiana, pedestre prospettiva del suo lento trascinarsi.
Forse fu per questo, che lui mi fece capire: credo che intendesse ringraziarmi, a modo suo, dell’opportunità che gli avevo offerto; avvenne con gradualità, ma me ne resi conto, dopo un tempo che non sono mai riuscito a quantificare, quando era già troppo tardi. Avevamo superato, senza che me ne accorgessi, la stazione di servizio, alla quale non mi ero fermato. L’urgenza di caffeina che mi aveva tormentato era rapidamente scomparsa, surclassata nei miei pensieri dall’impressione che accento a me stesse accadendo qualcosa di straordinario. Un brusio silenzioso, impalpabile ma percettibile, emanava dalla mente del Pescatore e si abbatteva ai confini della mia coscienza, come le onde di un campo di follia: una mareggiata di pensieri distorti, alieni, che erodevano a poco a poco il profilo della realtà intorno a noi.
La macchina arrancava nella pianura amorfa: la luce solare, frastagliata dalla coltre soffocante delle nuvole, era incapace di ombre nette, e rendeva indistinti i contorni delle cose, circondandole di aloni sporchi. Il calore si addensava fra noi, rendendo l’aria appiccicosa come miele: il tubo rotto dello scappamento riversava il suo miasma fumogeno nell’abitacolo, ma non osavo aprire i finestrini, paralizzato com’ero nella passiva azione di guidare, lungo un rettilineo interminabile e deserto. Percepivo sempre più intensa l’inquietudine di un presagio, la sensazione di essere sul punto di assistere a qualcosa di unico: ero certo che nella mente del Pescatore stesse giungendo a compimento un disegno maestoso, illuminato e chiarificatore. Dell’imminente rivelazione sarei stato, unico al mondo, testimone e apostolo.
C’era una sola strada, oltre alla provinciale, che solcava la pianura. Conduceva ad una modesta altura, isolata in mezzo al deserto, dalle cui pendici iniziava l’abitato: la imboccai, certo che quell’improvvisa ispirazione fosse una sua precisa richiesta, e l’automobile iniziò a risalire con meccanica sofferenza il fianco della collina. Al piazzale panoramico, dove fermai l’auto, il Pescatore scese e io lo seguì: l’aria fresca mi sferzò il viso e il contrasto con il tanfo soffocante della vettura mi lasciò boccheggiante.In piedi, poggiato al parapetto, il vecchio puntava lo sguardo in basso, sul groviglio di strade e caseggiati.
- Guarda! – mi disse.
Lo feci: la città luccicava di riflessi, puntiformi e confusi; come in una tela macchiaiola, vetrate, lampioni, lamiere e asfalto contribuivano ad un insieme armonioso. Da lassù era possibile percepire, allo stesso tempo, l’individualità di ogni scintilla di luce, tanto quanto la complessa autonomia del tutto, entità a sé stante, generata da singoli elementi inconsapevoli. Gradualmente si fece strada nella mia mente un’idea, che accolsi dapprima con stupore, e che poi, mentre giungeva la consapevolezza, generò in me un orrore crescente.
Stavo ammirando la perfezione.
Quell’ammasso era la splendente fusione di punti di luce: ciascuno denso delle miserie, dei disincanti, della brutalità di un mondo erratico e grossolano; ma l’insieme non pareva conservare nulla dello squallore che impregnava le sue parti. Da lassù, ogni particolare era perduto, impersonale, anonimo; nell’assenza di dettaglio, la realtà emendava i suoi errori, ingoiati dall’infinitesimale sovrapposizione fra le tessere che la compongono. Di modo che la luce, nei vaghi riflessi, non portava con sé l’impietosa visione ordinaria del mondo, ma solo il riverbero indistinto dei suoi confini.
A suggello di quell’impressione, immensa e terribile, il vecchio parlò e mi disse: - Ecco la perfezione dell’universo.
Così seppi, finalmente, ciò che da tempo avevo conosciuto, ma mai osato credere. Ossia che la palude triste, in cui sprofondava la mia vita, era già, irrimediabilmente, la pienezza dei tempi; qui erano l’Eden, il Nirvana, il paradiso che avevo perduto: il migliore dei mondi possibili.
Caddi. Nel vortice oscuro della vertigine dardeggiavano gli strali del sole, finalmente vivido, che squarciavano le nuvole per trapanarmi gli occhi spalancati, fissandomi nelle retine l’immagine indelebile della verità, che ora mi tormenta, inconfutabile. Sopra di me, rivolto ad oriente, il volto del vecchio si scaldava alla nuova luce.
Stava in silenzio, con gli occhi chiusi, e aveva il viso disteso, come se dormisse: ma poi, lentamente, sollevò le palpebre e sorrise.

Tutti i racconti

0
0
9

Il paese dei piccoli 2/2

28 December 2025

Il cambiamento avvenne in modo quasi impercettibile, come tutte le rivoluzioni profonde. Arrivò il compleanno di Orlan. Secondo la Legge della Statura, il giovane avrebbe dovuto iniziare a rimpicciolire a partire da quella data: un millimetro alla volta, quasi impercettibile, ma abbastanza per [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

0
0
7

Nuovi Orizzonti - La consegna

Dax
28 December 2025

Max era affondato sulla poltroncina della cabina di pilotaggio, lo sguardo perso nel vuoto interstellare. La sigaretta elettronica sbuffava vapore viola che gli velava il volto. Doveva trovare un modo per salvare la creatura nella cassa… e sé stesso dalla Space Force. Non era affar suo, eppure [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

2
5
29

Il paese dei piccoli 1/2

27 December 2025

C’era una volta un mondo in cui il tempo scorreva al contrario. Non era il passato a farsi più lontano, né il futuro a venire incontro: erano le persone a rimpicciolire, anno dopo anno, recuperando a ritroso ogni stadio della loro crescita. Così, chi aveva accumulato saggezza ed esperienza non [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Maria Merlo: Una prima parte davvero accattivante. Brava.

  • GiuliaCango: GRazie di cuore a tutti e a tutte per i commenti... mi piacerebbe fosse letta [...]

2
1
114

E tu, tu mi pensi mai?

27 December 2025

Ti ho pensato, sai? Ti ho pensato così spesso che a volte mi sembravi vero, mi sembravi intero, in carne ed ossa. Mi sembravi in piedi di fronte a me, col tuo odore e il tuo fiato dentro al mio. Mi sembravi vivo, si. Eri vivo. Eri così vivo che ad un certo punto ti ho stretto forte, ti ho abbracciato. [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

4
3
29

L'Oltre

26 December 2025

D’amore e d’odio, sublimati e coscienti, vive la mia sfera. Luce e ombra si contendono il pensiero fatto materia. Ho perso la crisalide per superare ogni tempo e visitare ogni spazio. Non mi cruccio se gli dei mancano all'appuntamento. Procedo col mio bagaglio senza aspettare il treno. Corro spedito, [...]

Tempo di lettura: 30 secondi

  • VittorinaPerbo: La lotta tra bene e male di ascendenza romantica trova una sua pur difficile [...]

  • Dax: bella.Like

2
2
30

La Statistica

26 December 2025

Che Adelmo avesse qualche rotella fuori posto lo pensavano in tanti, ma dopo ciò che accadde non ci furono più dubbi. Quando andava in centro gli capitava di incontrare quei gruppetti di persone che “giocano” alle tre campanelle, nota truffa studiata ai danni dei turisti. Lui passava delle mezz'ore [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

  • VittorinaPerbo: Bel racconto che parte con tutta la serietà di un esperimento di un [...]

  • Rubrus: Mi ricordo un episodio, cui non ho assistito direttamente, ma riferito da persona [...]

5
4
33

Cose che capitano solo a Natale

25 December 2025

Nel camino di una casa c’è qualcosa che lo intasa. Non può essere la neve, quella scesa era lieve. Non può essere il carbone, se bruciato va benone. Sto pensando che è Natale, sarà mica un animale? Non si sa che cosa sia, però il fumo non va via. Ci si sente una gran voce, ma non pare sia feroce. [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

11
10
184

Procopia e il Cervo - 2/2

ovvero bisogna sempre leggere con attenzione

25 December 2025

«Ecco qui» disse Procopia. «“Come trasformare un cervo volante in rospo”: andrà bene. Tanto poi so come cavarmela». Il principe-bacherozzo cercò invano di protestare, ma la principessa non ci fece caso: nessuno dà mai retta agli insetti, neppure ai Grilli Parlanti, figuriamoci poi alle blatte. [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

  • Maria Merlo: Letto e riletto volentieri. Una favola degna di Gianni Rodari. Simpatica, dolce, [...]

  • Dax: Moolto carino.Like allo smeraldo 😊

8
6
43

Una storia dal Polo Nord

24 December 2025

Era il 24 dicembre. In Lapponia, tutti gli gnomi erano indaffarati per finire gli ultimi doni mentre cantavano a squarciagola i canti di Natale. (Hai mai provato a cantare mentre fai un pacchetto? Guarda è una cosa difficilissima, eppure a loro riesce benissimo.) Intanto Babbo Natale, sprofondato [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

11
7
184

Procopia e il Cervo - 1/2

ovvero bisogna sempre leggere con attenzione

24 December 2025

C’era una volta, in un paese non troppo lontano, una bambina che si chiamava Procopia. Procopia viveva felice in un castello col tetto tutto d’oro zecchino insieme al padre, Re Paciocco, e alla madre, Regina Carina. Il Conte Stellario abitava giusto dirimpetto. Egli desiderava tantissimo per il [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Dax: Bello Bello.Like

  • GianlucaEgo: Bello l inizio di questa fiaba con l aiutante che è una figura della [...]

7
6
49

Maria o della Natività

23 December 2025

Milano non dormiva mai. I tram correvano sui binari, i Navigli brillavano di luci sospese e i grattacieli riflettevano il cielo notturno. Maria, stanca e affaticata, camminava accanto a Giuseppe che la sorreggeva, avvolta in un cappotto consumato. I suoi occhi nocciola, profondi e calmi, sembravano [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

  • An Old Luca: Bravo Dario
    e con l'occasione
    un augurio di feste serene per tutti [...]

  • Davide Cibic: Scritto bene, è un racconto che ha un ritmo e un incedere inesorabili. [...]

6
3
26

Il Valore del Donare: Le Radici di una Vita di Generosità

Genitori, insegnate ai vostri figli il valore della vita e del donare e non il valore di un cellulare.

23 December 2025

Da piccolo, vivendo a Chiaiano, un paese ricco di vegetazione, a pochi chilometri da Napoli, che per molti era sinonimo di salubrità, oggi deformato, umiliato, dalle varie costruzioni che ne hanno deturpato l'ambiente e dove gli abitanti non respirano più aria pura ma polvere di cemento. Negli [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Gennarino: Gentile Paolo grazi di cuore, Un caro saluto dalla mia stupenda Napoli.
    Buone [...]

  • Maria Merlo: Tanta dolcezza e verità. Bravo!

Torna su