Cammino da ore, nel sottobosco appena illuminato da un pallido sole invernale. Non so come sia accaduto che mi trovo qui, in mezzo ai rovi, su un sentiero costeggiato da sassi coperti di muschio. Gli alberi svettano altissimi come colonne di una cattedrale gotica e non so nemmeno che tipo di alberi siano. La luce del sole che filtra attraverso le foglie assume una colorazione verde, da acquario. Sento fra i rami un frullare d'ali e qualche strido di rapace. Ho quasi paura, solo quasi. Non temo gli animali anche se li sento svolazzare sulla mia testa e ringhiare sommessamente dai cespugli di mirto, sempre più vicini. Lupi e volpi, mi accompagnano tenendosi a distanza mentre daini, cerbiatti e leprotti fuggono spaventati al mio passare. Tutta la vita della foresta mi passa accanto e mi fa compagnia. Mi fa sentire meno sola.

Non so quanta strada devo ancora percorrere per raggiungere l'antica Abazia isolata in mezzo al nulla. Se uscirò viva dall'intrico del bosco in cui mi trovo.

Mi fermo un momento per riprendere fiato, nella borraccia non ho più nemmeno una goccia d'acqua.

Alla mia destra, fra gli alberi di castagno, scorgo un bagliore di luce proveniente da una piccola polla d'acqua cristallina che sgorga fra i sassi e scivola via con sommesso gorgogliare in leggera discesa, e si perde in un ruscello in mezzo al bosco. Riempio la mia borraccia di acqua fresca invitante e mentre compio l'operazione mi sento osservata. Alzo gli occhi e lui è lì davanti a me, tranquillamente seduto su di un sasso, mi guarda col sorriso ironico e lampi di verde negli occhi << Salute a te madamigella>> mi apostrofa << Cosa ti conduce in mezzo alla foresta tutta sola?>>

Dovrei avere paura, ma non riesco mai ad avere paura <<Sto recandomi a Staffarda, devo incontrare il Priore>>, e aggiungo per darmi un tono << è mio zio e mi aspetta >>.

Mi sorride in tono canzonatorio <<Allora è meglio che ti affretti ad uscire dal bosco. Tra due ore sarà buio e non va bene che una donzella si perda qua in giro>>.

Non lo ascolto nemmeno, affretto il passo verso quella che mi sembra la fine del bosco. Gli alberi pare non finiscano mai, sono sempre più fitti e intricati. Ho le braccia e le gambe graffiate e sanguinanti a causa dei rovi. Il mio coltello è troppo piccolo e serve a ben poco. Più che camminare sto arrancando senza fiato. Di tanto in tanto mi fermo per respirare. Vedo il cielo che si sta oscurando e mi affretto senza risultato per uscire. Sento gli animali intorno a me che camminano liberi al di fuori dei rovi e non capisco perché. Poi ho un momento di illuminazione: Sono vittima di un sortilegio. L'uomo che ho incontrato alla fonte sta ostacolando il mio cammino ed io non posso oppormi. Perché? Perché mi vuole prigioniera? Che fare per liberarmi? Provo con le preghiere, che secondo lo zio Abate sono un toccasana per tutti i mali... non servono a nulla, mi fanno solo perdere tempo. Ricordo quello che diceva la zia Teresa, maga, cartomante e strega: "Ricorda che la magia funziona solo se ci credi. I sortilegi spariscono davanti a te se superi la paura e smetti di credere". Giusto, cara zia qui non c'è assolutamente nulla. Il sentiero è libero davanti a me e vedo il cielo azzurro e sereno della sera. Miracolo. Spariscono i rovi e gli alberi si diradano. La foresta è finita. Davanti a me si stendono campi coltivati a grano a perdita d'occhio. Sono tutti di proprietà dell'Abazia. Qui sono passati i Templari ed hanno lasciato le loro tracce dovunque. Il mio cammino sta per finire, la mia strada scorre in mezzo ai campi e in lontananza vedo già delinearsi l'ombra del complesso abaziale. Non è vicina, ma la raggiungerò prima di notte. Tutto intorno è deserto. I contadini sono già tornati alle loro case, con gli animali. Il silenzio del nulla viene interrotto dal galoppo di un cavallo che si avvicina. Si ferma in mezzo alla strada davanti a me. E' un meraviglioso stallone nero. Amo gli animali neri, cani, gatti, capre e cavalli, trovo che siano più belli ed eleganti degli altri. Questo è enorme, ha la criniera e la coda che arrivano fin quasi a terra. Il cavaliere non è altri che l'uomo che ho incontrato alla fonte. Mi obbliga a guardarlo ed è lo stesso sguardo verde sfrontato <<Così tu sai resistere agli incantesimi! Si può sapere che sei?>>

<<E tu chi sei?>> Si mette a ridere <<Brava, una domanda ad una domanda. Sono il signore di queste terre>>.

<<Bugia! le terre appartengono all'abazia e ai frati. E' stato un lascito dei Templari. Tu sei un impostore>>.

<<Avrei ucciso per molto meno. Non ti permettere più di chiamarmi impostore. Il mio nome è Henry de Barcly e sono l'erede legittimo nonchè ultimo discendente di Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro dei Templari>>.

<<E con ciò? Tanto piacere, sono Vivian, Dama del Lago e sacerdotessa di Avalon>>.

<<Sei orgogliosa e un po' troppo lontana da casa. Attenta che la tua arroganza non ti porti male>>.

<<Senti chi parla di arroganza, vattene e lasciami in pace. Siamo vicini all'abazia e preferisco arrivare da sola>>.

Si allontana in una nuvola di polvere.

Mi sveglio nel mio letto con la strana sensazione di aver dimenticato qualcosa. E' stato un sogno, un po' incubo, noir e divertente. Evviva l'erede dei Templari, quanto a me capita spesso di identificarmi con Morgana o con Vivian la Dama del Lago. Dovrei consultare uno bravo perché l'ultimo è ricoverato nel repartino delle Molinette dove gioca e tresette con il mio angelo custode e altri due luminari di psichiatria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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