Guardai nello specchietto retrovisore due volte in una frazione di secondo.
 E la seconda volta il muso dell'auto mi era addosso, era nel retrovisore.
Scartai, istintiva e fortunata, alla mia destra  e frenai badando a controllare la mia macchina.
Sentivo i miei amici svegliarsi, biascicarmi qualcosa mentre io mi accostavo sulla corsia d'emergenza.
Il conducente dell'auto dietro di me aveva inchiodato i freni, l'avevo visto rialzare la testa un attimo prima di perdere il controllo.
Un colpo di sonno e riapri gli occhi mentre a cent'ottanta all'ora  stai per schiantarti con la macchina che ti ritrovi davanti!
E la sua auto sbandò e cominciò a ruotare su se stessa continuando a spostarsi in avanti nel mezzo dell'autostrada vuota alle sei del mattino, io e i miei amici a guardare la scena di un film, "cazzo, no, cazzo!".
Finalmente smise di girare e si fermò sulla corsia di sorpasso col muso in contromano e una fiancata incollata contro lo spartitraffico come una macchinina giocattolo ad una calamita.
Noi scendemmo dalla macchina urlandogli di spostarsi di lì, erano in tre, tutti in uno stato di stupore e torpore, potevo leggerne i pensieri da come si guardavano attorno, si guardavano addosso, i corpi vivi: che succede, dove siamo, cosa...?
La targa era svizzera.
Io mi misi a correre verso una colonnina d'emergenza per chiamare soccorsi, comunicai di fare presto, che era pericolosissimo, ancora niente morti, nessun ferito ma ero tranquilla, badavo a parlare in modo corretto quel minimo di francese che ancora ricordavo per farmi capire anche se in fretta, con urgenza.
Tornai a urlare con i miei amici, gli urlavamo si uscire.
Di svegliarsi.
Di uscire.
Da là!
Subito!
Arrivò un'auto della polizia, un poliziotto francese assonnato mi fece alcune domande mentre il suo collega andava verso quegli svizzeri ancora rincoglioniti che non si spostavano da quella posizione da suicidio e da omicidio.
Il gendarme assonnato ci disse di ripartire e di fare attenzione... Bon voyage.
Vidi che accendevano i candelotti di segnalazione, rimisi in moto l'auto e ripartimmo.
Non era più l'alba, il sole stava già illuminando la vallata davanti a noi.
Avevo vent'anni, i miei amici mi domandarono se volessi il cambio alla guida - no, io sono sveglia - e si riaddormentarono.
Quella mattina mi sentii spuntare due occhi dietro la nuca.

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