Non so come sia finita quaggiù. Non che sia un brutto posto, le persone sono gentili e si prendono cura di me. Purtroppo io non le capisco. I suoni che pronunciano mi sono familiari, ma il senso delle parole mi sfugge ed io non riesco ad esprimermi se non con mugolii. La cosa mi turba e mi rattrista, avrei tante domande da fare loro.... Non c'è molto da fare, qui, né ho compagnia, anche se c'è molta gente che va e che viene, per cui il mio tempo lo passo per lo più dormendo, o guardando fuori, o vagando inquieta nel poco spazio che mi è stato concesso.
Ogni tanto, di notte, guardo il cielo e quando splende la luna piena mi sento sempre strana, irrequieta. Allora faccio fatica ad addormentarmi e quando infine cado in un sonno agitato faccio sempre lo stesso sogno ….
Sono in piedi, con la schiena appoggiata ad un muro, le mani abbandonate nelle  tasche, e guardo affascinata il tetto di una casa che sta bruciando. E' la mia casa. Il tetto sta bruciando con un allegro crepitio nella notte calda ed asciutta di fine estate. E' stata una stagione particolarmente arida ed il legno è secco. Ammiro incantata la danza vivace del fuoco e la fuga delle scintille nell'oscurità.

Ad un tratto una voce mi chiama.
"Olga!"
E' mia madre.
A fatica distolgo lo sguardo dalle fiamme per posarlo su di lei. E' circondata dai vicini e si lamenta a gran voce. Ha paura che tutta la casa bruci  e"Allora che ne sarà di noi?".

I vicini l'ascoltano pazienti e comprensivi. Ci hanno aiutato, all'inizio, a portare fuori i pochi mobili e le nostre povere cose. Adesso è tutto accatastato nel giardino di una casa accanto e non c'è altro da fare. Non c'è acqua per spegnere il fuoco e quindi anche loro si godono lo spettacolo, ed i lamenti di mia madre.

Lei mi chiama ancora una volta in tono ansioso.
"Olga, dove sei finita?"
A malincuore la raggiungo.
Voglio bene a mia madre, ma spesso mi irrita. Ha sempre paura di tutto, vede sempre e solo il lato negativo delle cose, smorza qualunque entusiasmo con il suo pessimismo. Da quando mio padre è morto non le ho mai visto un sorriso sul volto, solo rughe di preoccupazione. Forse è per questo suo atteggiamento esasperante che vengo fuori con una delle mie bizzarre affermazioni.

 "Il tetto sta bruciando, ora finalmente posso vedere la luna."
Mia madre mi guarda allibita, poi vedo montare la collera sul suo volto. Si protende verso di me come se volesse colpirmi, coprendomi di insulti e rimproverandomi aspramente mentre i vicini tentano vanamente di calmarla.

Dopo le prime parole smetto di ascoltarla, come al solito, e comincio a riflettere. Non so perché, ma non ha mai permesso che uscissi di notte. E' vero che lavoriamo incessantemente dall'alba al tramonto, ma è anche vero che, soprattutto nelle sere d'estate, avremmo potuto sederci fuori, qualche volta, magari a fare un po’ di conversazione con i vicini. Ma mia madre sembra terrorizzata dall'oscurità ed io mi rendo conto, per la prima

volta, di non aver mai visto la luna di notte.
Interrompendo il flusso di parole che mi rovescia addosso, per me prive di senso, affermo tranquilla:
"Non mi importa della casa, mi sentivo rinchiusa là dentro, come in una prigione".

Lei mi fissa, ammutolita dalla mia calma e dalla mia testarda incoscienza. Sta per ribattere ma poi allarga le braccia e scuote la testa rassegnata. Io scoppio a ridere e così mettiamo fine ad una conversazione assurda, che non porta da nessuna parte.

Il tetto ormai è bruciato completamente e l'incendio, con gran sollievo di mia madre, si sta spegnendo contro le mura di pietra.

Il suo sguardo preoccupato si sposta dalla casa al cielo. Che cos'è che la turba adesso?
Osservo il cielo a mia volta: nubi compatte si muovono lentamente, spinte da un vento costante.

Mia madre si rivolge ad una vicina, si accorda con lei: finché non ripareremo il tetto saremo sue ospiti. Poi ricomincia a lamentarsi: "Chissà quanto ci costerà ricostruire il tetto?….  E quanto tempo ci vorrà?…. E a chi dare l'incarico? Ci vuole una persona capace e onesta….". 

I vicini entrano nel discorso, danno consigli, mentre i bambini si intrufolano dappertutto, rovistano tra le nostre cose. Tutti sono svegli da tempo ormai, eppure nessuno ha ancora voglia di tornare a letto.

Li ascolto distrattamente, in disparte come al solito, mentre guardo il cielo dove le nubi si stanno lentamente disperdendo, finché, ad un tratto, compare la luna, piena, in tutto il suo splendore.

La contemplo affascinata: è un enorme disco giallo, luminoso. Appare così vicina che ho la sensazione di poterla toccare. Lei risponde al mio sguardo, mi sussurra parole ancestrali, mi attira a sé, inesplicabilmente, inesorabilmente. I suoi raggi, come dita impalpabili, squarciano il velo che separa l'illusione dalla realtà ed all'improvviso è come se  una benda fosse strappata dai miei occhi. La mente, liberata dagli angusti confini che la racchiudevano, si espande. Il mondo, irrorato ed avvolto dalla sua luce, manifesta adesso il vero aspetto, rivelando la vera essenza.

Con meraviglia mi guardo intorno mentre un sentimento di esultanza scaturisce dal profondo del mio essere.

Per la prima volta sento di essere me stessa, e avverto come una trasformazione avvenire nel mio corpo. Sento le braccia e le gambe tramutarsi in zampe argentate, il volto allungarsi, gli occhi diventare due strette fessure. Un'ondata di energia pura mi travolge mentre un ululato di irrefrenabile gioia prorompe dalle mie labbra.

I vicini mi guardano a bocca aperta, sbigottiti. Le donne stringono a sé i figli in un abbraccio protettivo, gli uomini si mettono davanti alle mogli, come per difenderle, mia madre mi fissa con orrore, un gemito di sgomento esce dalla sua bocca.

Getto loro un'ultima occhiata, poi corro via nella notte, finalmente libera.
A questo punto, immancabilmente, mi sveglio con un dolore che mi opprime il petto. 
Non so come sia finita quaggiù. Non che sia un brutto posto, le persone sono gentili e si prendono cura di me, ma la vita è noiosa e mi mancano i compagni e la libertà. 
Solo qualche volta, vedendo i bambini accompagnati dalle madri, avverto una vaga malinconia.

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