Mia madre si chiamava Anna. 

Era una donna di grande saggezza e ha sempre avuto un approccio specifico nei confronti del denaro. Per lei non era altro che uno strumento, un mezzo per raggiungere il benessere e mai un traguardo. 

Da lei sempre presente ho appreso tante cose, anche il significato della vera ricchezza. Questa è data dalle relazioni e dai valori che valorizziamo e non dai conti correnti o dai beni materiali che possediamo.
È triste vedere come, in una società frenetica e spesso superficiale, ci sia chi si lascia travolgere dall’ossessione per il denaro. Lei invece lo considerava qualcosa di “estraneo”, quasi un intruso nella vita quotidiana. La incupivano quelle persone che, avendone più di quanto servisse, sembravano aver smarrito la ragione. 

Diceva spesso con un sorriso amaro: "Quando è oltre il necessario, ti fa perdere la testa." 

Questa frase è stata ripetuta talmente tante volte da diventare una costante nella mia formazione.
Ricordo una scena di “Napoli milionaria!” di e con Eduardo De Filippo. 

A un tratto il protagonista apriva un cassetto, trovava tantissimi soldi accumulati con la borsa nera dalla moglie e, pressato a parlare, finiva col rimproverarla. La discussione che ne scaturiva non era tanto per quanto da lei accumulato, ma per le conseguenze da questo prodotte: la noncuranza nei confronti dei suoi cari. Infatti, concentrata solo a fare quattrini, la donna aveva chiuso gli occhi sulla realtà della famiglia e sui problemi reali. In quella casa, il figlio era diventato un ladro, una figlia era rimasta incinta di un americano che poi era scappato e un'altra era malata e da lei trascurata. 

“I biglietti a mille lire fanno perdere a capa.” Diceva De Filippo.

Una scena che mi aveva turbato profondamente: una famiglia distrutta dal culto della ricchezza, una lezione che non ho più dimenticato.
Proprio come mia madre, ho sempre cercato di vivere in modo essenziale. Non voglio negare il valore delle risorse economiche, ma bisogna capire che la felicità non si compra. Per me condurre una vita semplice significa godere delle piccole cose: un tramonto, una passeggiata nel parco, un momento di condivisione con le persone amate… Un'esistenza che privilegia le esperienze, una scelta di campo basata su valori autentici.
Con il tempo, sono giunto alla conclusione che il successo non si misura dai soldi guadagnati, ma dalla qualità di vita che conduciamo. Una quotidianità arricchita da relazioni genuine, come amore e comprensione, è infinitamente più preziosa di qualunque cosa. La lezione datami da Anna è diventata il mio mantra.
Nei momenti difficili che ho attraversato, l'importanza di vivere in modo morigerato è stata un aiuto fondamentale. Quando ho affrontato periodi di crisi personale, ho scoperto che quel che conta non è ciò che abbiamo, ma chi siamo. In quei momenti ho capito che la ricchezza interiore è l’unico vero tesoro, un patrimonio che nessuno può portarci via. Le difficoltà economiche possono mettere a dura prova il nostro equilibrio, ma non possono intaccare la nostra capacità di amare e di essere amati. 
La generosità è un’altra virtù che ho imparato da mia mamma. 

Questa non deve riferirsi solo a doni materiali, ma includere cose più profonde, come dedicare tempo e attenzioni agli altri. Quando regaliamo un sorriso, un ascolto sincero, un gesto d’affetto, stiamo investendo un capitale umano che ritorna a noi moltiplicato. È una forma di ricchezza che si nutre di relazione ed empatia, un legame che arricchisce entrambe le parti.
La società attuale è così spesso dominata dalla corsa frenetica verso il successo materiale, che ci dimentichiamo di quanto possa essere gratificante una vita semplice e autentica. Osservando le persone che si affannano per accumulare e moltiplicare beni superflui, non posso fare a meno di provare una certa compassione. Sono prigionieri di una falsa idea di felicità, ignari del fatto che il vero significato della vita è dato dalle esperienze condivise, dai momenti di gioia sincera.
Se proprio qualcosa deve fruttare, preferisco farlo con l'eredità di mia madre. 

Ogni giorno cerco di essere grato per quello che ho, di non dare nulla per scontato. La riconoscenza è un antidoto potente contro l'avidità: in un mondo bombardato da messaggi consumistici, la gratitudine diventa un atto rivoluzionario.
Credo fermamente che il denaro possa facilitare la vita, ma non può comprare la felicità. Essa è data dalle relazioni genuine, dalla passione per ciò che facciamo, dalla capacità di apprezzare il presente. La vera ricchezza è in ciò che non possiamo toccare, nell'impalpabile, come la libertà, l’amore, la speranza, la serenità…
Anna mi ha insegnato che l'esistenza può essere pura bellezza a prescindere da ciò che hai in tasca. La sua influenza continua a plasmare la mia visione del mondo e preferisco inseguire la felicità che cercare di comprarla. Una scelta di vita che, a dispetto delle difficoltà, porta con sé un senso di realizzazione, una pienezza di cuore che gratifica più di qualsiasi altra cosa.

E così, mentre proseguo il cammino, porto nel cuore mia madre e la convinzione che la vera ricchezza è quella che si vive tutti i giorni.

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