Costantino Aliberti era un ragazzo con i capelli castani e gli occhi chiari, tendenti allo strabismo. Alla fine degli anni sessanta abitava in una zona della periferia di Salerno . Poteva avere tra i venticinque ed i ventisette anni. Di statura media, si mostrava in buona salute, ma aveva delle difficoltà di linguaggio. In particolare quando nelle parole che pronunciava c’erano di seguito le lettere s e t, lui trasformava la prima in t. Anche il suo nome, espresso in dialetto come Custantino, diventava “Tuttantino”.  Gli amici ed i conoscenti lo prendevano in giro, bonariamente, e lui stava agli scherzi, sorrideva sempre.

    -Ueh, guagliu’, io tto ccà.

    -Oh oh, rispondevano gli amici,  ‘o vvi’ lloco a Tuttantino . Hea fa’ quacche servizio?

    -No, papà e mamma’ m’hanno fatto asci’.

     -Ah, menu male…(ridendo) Nun te l’hanno “miso a chillu servizio.

    -Leona’, sì proprio trunzo!

    - Aeh, vire ca sto pazzianno, Tuttanti’… ‘A notte fai sempe ‘o tuttode?

    - Sì sì, po’ ‘a matina vaco a durmi’ ‘int’ ‘a ttanza mia.

    -Ttà bene! T’hea fa’ sulo ‘na guagliona, aggiunse Arnaldo. Pure chella ce vo’, ‘na ttrunzella pe fa’ ‘ammore.   

    (contegnoso) - Eh, Arna’, quanno cerco ‘e parla’ cu quacche  criaturella, tta lengua mia s’arravoglia. 

   - E tu l’ hea sgravuglia’. Insitti, insittisci…L’hea ricere 'ttu core mio vò sulamente a te!'

    -Rafe’, nun ci ‘a faccio, ttonco troppo scurnuso…               

    -Aah, nun t’hea mettere appaura. Don Tuttantino Aliberti, vire ca si’ ‘a pittola nun spara mai, vene pure ‘o tiempo ca nun puo’ fa manco      mazza totta. 

    -Nun è ‘o vero, Rafe’! (sorridendo) Nun dicere ttrunzate, succere quanno uno addiventa vicchiariello. 

   E così e via discorrendo, come l’esempio succitato, i dialoghi tra quei soggetti, in genere, erano sempre piacevoli perché toccavano temi che provocavano ilarità e lazzi. “Tuttantino” aveva bisogno di quel gruppo di amici per sentirsi considerato , coccolato e benvoluto. Almeno loro non diventavano seri, formali e contegnosi, come altri conoscenti occasionali o estranei, quando stavano molto attenti ai suoi difetti di linguaggio. 

 

 

 

     

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