Cinque mesi, ben cinque mesi erano passati dall'ultima volta che io e Riccardo, il mio collega, fummo pagati dal titolare del negozio di moto ricambi per il quale lavoravamo. Eppure gli affari non sembravano andare male. Mario, il boss, si giustificava "addebitando" la causa ai costi di gestione, al pagamento delle Ri.Ba, (ricevute bancarie) alle tasse etc. e dicendo che quindi dovevamo pazientare, o comunque aspettare tempi migliori.
Io e il mio compagno di lavoro non credemmo a tale versione dei fatti, sembrava nasconderci qualcosa, tant'è che inizialmente ipotizzammo la problematica del racket, del resto dalle mia parti non è affatto inusuale.

I giorni passavano, il tedio cresceva. Riccardo rispetto al sottoscritto manifestava segni di squilibrio, un nervosismo accentuato e se vogliamo giustificato visto che aveva problemi a casa, a cominciare dalla madre vedova che percepiva la poco sostanziosa pensione di reversibilità del marito e Federica, la sorella, che aveva lasciato un modesto impiego per seguire un corso, ragion per cui i soldi gli servivano urgentemente. Io al contrario pur vivevo con i miei non avevo chissà quali responsabilità, potevo avvalermi di un certo autocontrollo, sebbene il comportamento del capo lo ritenessi scorretto.

Fondamentalmente affrontavo la situazione cinicamente e al contempo per una sorta di ripicca non di rado eludevo con nonchalance le mansioni, ovvero evitavo di servire i clienti adocchiando la classica modalità “scaricabarile” e mi prodigavo col minimo e necessario nella sistemazione degli articoli, cercando piuttosto di imboscarmi nel magazzino. A Mario spiegavo che andavo nel deposito a sistemare il materiale mentre in realtà smanettavo con lo smartphone seduto sopra una pila di cartoni di olio. Sicuramente immaginava che cazzeggiavo ma, consapevole di essere in torto, si sforzava a chiudere un occhio e mi chiamava solo per delle necessità, ad esempio per provvedere al banco oppure per effettuare versamenti alla sua banca. A tal proposito spesso non risparmiavo allusioni su quel denaro, tra cui scimmiottare o parodiare famosi spot, del tipo:  La tua banca è differente, la mia è indifferente - “Banca xxxxxxxxxx costruita intorno a te e… non a me". Inutile dire che le frecciatine non sortivano effetto.

Nei primi di giugno le vendite andavano a incrementarsi, tuttavia noi poveri commessi non avevamo ancora ricevuto il becco di un quattrino. Riccardo si incazzava sempre di più, tanto è vero che in determinate occasioni arrivò quasi a sfanculare il datore di lavoro. Urgeva una soluzione, altrimenti conveniva cercarsi un’altra occupazione.

E finalmente una mattina Mario involontariamente si tradì. In buona sostanza si trovava in magazzino e con il cellulare stava conversando con la moglie. Mentre io e Riccardo sorseggiavamo un caffè entrarono due persone: un rappresentante che chiedeva di Mario e un abituale cliente rompicoglioni che voleva ordinare un ricambio. E io, non sapendo usare A.R.C.O. (acronimo di Applicativo per Ricambisti, Concessionarie ed Officine) col PC avevo bisogno di manforte. Mi incamminai nel corridoio assieme al collega al fine di disturbare il principale per due questioni diverse. Al momento di interrompere The Principal, (soprannome che gli venne affibbiato da un meccanico) la discussione con la moglie ci apparve interessante e quindi ci mettemmo in disparte ad origliare. Non dimenticherò mai le parole incriminate che confermarono quanto Mario effettivamente si stesse comportando male.

«Lavinia, ieri sera a Matteo gli ho mollato 100 €, ecco, pensavo di aumentargli la paghetta portandola a 150 € a settimana. Se le merita… sì, sì. Ho l’importo necessario per comprargli il desiderato Honda SH 125. Nuovo ovviamente. Martedì andrò con lui al concessionario.»

Dinanzi a quei discorsi è facile immaginare lo stato d’animo di noi addetti. Praticamente il capo accontentava vizi e sfizi a quello stronzo del figlio, un pelandrone di diciotto anni che l’anno prima aveva insolentemente rifiutato un lavoro in un lido per la stagione estiva poiché preferiva spassarsela e bisbocciare con i suoi amici. Naturalmente a spese di mamma e papà.

«Che c’è, ragazzi?», ci chiese il Giuda sobbalzando accorgendosi della nostra presenza.

«Passa di là che c’è il signor Giacomelli che ti cerca.», disse Riccardo rabbuiato.

«Passa di là che c’è un pezzo da novanta che vuole ordinato un pezzo.», comunicai scazzato.

Mario terminò frettolosamente la telefonata e a passo svelto andò dagli interessati. L’avevamo sgamato!

All'orario di chiusura io e il mio collega gli dicemmo in faccia che avevamo ascoltato la conversazione telefonica avvenuta nella tarda mattinata. All'inizio il titolare provò ad arrampicarsi sugli specchi affermando che avevamo sentito male, tra l’altro con evidente espressione intrisa di disagio dipinta sul volto.  

«Guarda caso abbiamo sentito male in due!», esposi con sarcasmo.

Il grande capo Sioux (dato che da tempo, come si suol dire, faceva l’indiano) essendo alla strette dapprima fece il suo famoso sorrisino del cazzo finché non gli rimase che vuotare il sacco con una lapidaria frase altrettanto del cazzo.

«Un giorno, quando avrete figli, capirete.»

Riccardo diventò tutto rosso in viso, sganciando la tanto trattenuta bomba al napalm. Si mise a urlare, a bestemmiare e per giunta diede un poderoso calcio in uno scaffale pieno di ganasce, facendone cadere parecchie. Un'autentica scheggia impazzita, ci mancò poco che alzasse le mani a “qualcuno” e per placarlo lo spinsi, come si usa fare con i facinorosi.

La mia reazione, invece? Mi arrabbiai anche se in maniera contenuta, limitandomi a punzecchiare chi di dovere con una serie di frasi sprezzanti. Dopo quel confronto nel pomeriggio il capo ci pagò un mese di arretrato. A fine estate The Principal ci licenziò, però gli arretrati ci vennero correttamente canalizzati sui nostri rispettivi conti correnti, compresa la liquidazione attraverso la rateizzazione.

Essendo un appassionato di cinema, l’ultimo giorno di lavoro con una decisa bezzicata rivolta a Mario ironizzai su quale film avesse rappresentato tutti noi durante i periodi di magra, pardon, nel periodo che ci fece rimanere a bocca asciutta. E gli menzionai un poliziottesco intitolato Il cinico, l'infame, il violento.

Perché proprio questo lungometraggio? Il motivo è semplice:

Il cinico (Io), l'infame (Mario), il violento (Riccardo).

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