“Come hai potuto farlo?!? Proprio nel nostro letto...”. Le lacrime correvano veloci sul viso di Emma. “Sei un porco... e quella... quella chi è? Dove l’hai raccattata?”.

Karl scostò il lenzuolo e si mise seduto sul bordo del letto. Infilò i piedi nelle pantofole. Altrettanto fece la bionda Svetlana. Il suo corpo, altero, da maggiorata dei tempi andati, spadroneggiava l’ambiente, mettendo in soggezione finanche la padrona di casa.

I due adulteri si alzarono ed iniziarono a vestirsi. I loro capi d’abbigliamento erano sparsi un po’ ovunque. La cravatta di Karl, quella che Emma gli aveva regalato per il suo compleanno, era finita dentro il lume sopra il comodino, il reggiseno di Svetlana diceva la sua in mezzo alla composizione floreale al centro della cassettiera. Raccolsero i pantaloni, la gonna, la camicia, la maglietta, le calze, gli slip, il perizoma e le scarpe nel più assoluto silenzio, col massimo del candore possibile. Come se fossero un vecchia coppia che ha finito da un pezzo il rodaggio e che vive la quo-tidianità nella più completa apatia e reciproca sopportazione. Non si guardarono mai negli occhi. Si limitarono a vestirsi, neanche troppo di fretta. Ci volle una decina di minuti. Mentre Svetlana, ormai vestita di tutto punto, rifaceva il letto, Karl si allacciava le scarpe. Emma gli si parò davanti. I suoi occhi davano sull’isterico andante.“

Ma che... diamine stai facendo... sì... dico... ti rendi conto?!? Cristo Santo... sono qui! Che ti credi? Vi ho visto e vi ho anche sentito... ma per chi mi hai presa?”

“Visto? Sentito? Ma di cosa stai parlando?”. Karl sembrò cadere dalle nuvole.

“Come sarebbe a dire? Mio Dio mi viene da vomitare solo a pensarci... Se lo stavate facendo... stavate sco... scopando...”

“Ah sì? E dove?”

“Come dove? Nel letto...”. Emma lo osservò. Era perfettamente integro. Il copriletto antico di seta rosa, teso e uniforme, lo ricopriva perfettamente, avvolgendolo. Rimase un secondo ad osservarlo, più delusa che stupita.

“Sì ma... che diamine... vuoi prendermi in giro?”

“E perché mai?”

“Ma sei scemo o cosa? Ti ho detto che vi ho visto... a chi vuoi prendere...”

“In giro? A cosa ti riferisci...”. Avendo finito di allacciarsi le scarpe uscì dalla stanza e si accomodò in salotto, sulla sua poltrona di velluto verde. Svetlana chiusa in bagno, si stava truccando. Una volta finito uscì dalla stanza e dall’appartamento. Richiuse la porta dietro di sé, senza fare nessun rumore.

“Sì... ma quella vichinga... Quella montagna di capelli biondi come me la spieghi?”

“A chi ti riferisci?”

“Ma come a chi... a quella donnaccia che ti sei portato a casa...”

“Chi?!?”

Emma tornò nella stanza da letto. Era vuota. Entrò nel bagno. Vuoto anch’esso. Ritornò sui propri passi e si appoggiò al muro vicino a suo marito, sprofondato nella sua adorata poltrona in giacca da camera, pipa e giornale. Nel frattempo si era pure servito un bicchiere di scotch on the rocks.

“Non puoi farmi questo... non sono pazza... a chi vuoi darla a bere! Io vi ho visti...”

“Vi ho visti chi... e soprattutto... cosa?!?”

“Come chi... tu e quella...”

“Quella chi?”

“Quella ragazza che era in casa nostra...”. Il tono della voce era ancora alterato, ma non più come prima.

“Se ci fosse stata una ragazza, ci sarebbe ancora... o pensi che si possa volatilizzare nell’aria... come un fantasma?”

“Un fantasma...”, Emma ripeté le ultime parole di Karl. Lo faceva meccanicamente, senza accorgersene. “Ma se l’ho vista io... con questi occhi. Bionda, alta, nuda come un verme, con quelle sue tettone ingombranti e tutto il resto...”

“Ah sì? E dove sarebbe adesso... Anzi, sai che ti dico, se la trovi fammi un fischio...”

Emma lo guardò allibita. Ammutolita. Aggrottò le sopracciglia e gli venne pure da piangere. Anzi, a dire il vero, non sapeva se ridere o piangere. Forse tutt’e due le cose assieme.

“Ma... ma... non vorrai farmi credere...”

“Io non voglio niente...”

Non sapeva più che dire. “Non crederai che ci caschi come un’allocca?”

“E perché mai dovrei desiderare questo... Io ti amo. Sei tutta la mia vita. Sei la moglie perfetta... a proposito, che cosa hai preparato per cena...?”

La pia donna rispose automaticamente. “Il polpettone con le patate al forno... ma che c’entra adesso... non svicolare...”

“Ho una fame che quasi svengo... Ho lavorato tutto il santo giorno...”

“Sì... come no! Tu e quella avete fatto gli straordinari...”

“Ancora con questa storia...”. Adesso era Karl ad avere il tono della voce alterato. “Sarà il caso che parli con il tuo medico. Il dottor Robertson dovrebbe diminuirti il dosaggio del Prozac, del Lorans e dell’Ansotil. Sempre ammesso che tu la smetta di assumerli in prossimità dell’alcol. Lo sai che effetto ti fa... vero?”

Alla donna vennero in mente i tempi in cui era stata ricoverata pres-so il centro per il recupero degli alcolisti. Si lasciò cadere sul divano. Il volto tra le mani. Lacrime a iosa.

“Ma se non tocco una vodka da anni...”

“Che vuol dire!”

“Tu dici... che sono quei farmaci?”

“Non lo dico... lo sostengo!”. L’uomo, con fare amorevole la guardò intensamente. “Ora smettiamola. Vai a cambiarti. Mettiti comoda che ad apparecchiare ci penso io...”

Emma ebbe una leggera esitazione. Fu solo un attimo.

“Okay...”

“Bene... ecco la mia mogliettina...”. Karl le si fece incontro e la baciò. La fronte corrucciata della donna si distese quasi d’incanto. Emma lo guardò allontanarsi ed entrare in cucina. In fondo era proprio una moglie fortunata.

 

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