<<Su non fare storie Sofia è ora di andare a letto,domani mattina è scuola e devi alzarti presto>>.

<<Mamma, per favore, c’è il nonno voglio stare un po’ con lui, non lo vedo mai!>>

<<lo so,  ma è tardi, poi domani mattina fai storie  per alzarti, su da brava, saluta e via a letto>>.

<<Per piacere ancora dieci minuti, prometto che mi alzerò presto>>.

Per evitare che la cosa prendesse una brutta piega, vista la faccia arrabbiata della madre, mi sono alzato e ho preso la piccola per la mano.

<<Vieni Sofia, nonno ti accompagna a letto, non fare arrabbiare la mamma, ha ragione sai, i bambini devono andare a letto presto, voi avete bisogno di dormire molto, dovete riposare bene, su vieni andiamo a prepararci>>.

A malincuore la piccola mi segue e andiamo nella sua cameretta, si spoglia da sola, si lava i denti e quando è pronta si mette a letto, però mi trattiene la mano.

<<Nonno per favore mi racconti una storia, dai lo so che tu sei bravo, ne conosci tante, così mi addormento subito>>.

Preso alla sprovvista non so cosa raccontare, cerco di trovare una scusa, ma lei insiste e alla fine, un quadretto che tiene appeso in cameretta, mi salva in extremis. Rappresenta una sirenetta, uno dei suoi cartoni animati preferiti. Decido di raccontare una breve storia su quel personaggio.

<<Va bene ho capito, però solo una poi subito a dormire, intesi?>>

<<Sì nonno, lo prometto>>.

<<D’accordo! Allora ti racconterò la storia di un pescatore al quale capitò un’avventura veramente strabiliante. La storia si svolge in un paese che si trovava sulla riva del mare, un posto dove, la maggioranza degli abitanti viveva con la pesca. Erano tutti pescatori. C’erano, però, quelli ricchi che avevano molte barche e con la pesca abbondante facevano molti soldi, mentre c’erano anche quelli più poveri che avevano una sola barca. Quello che riuscivano a pescare serviva loro per poter  vivere. Se erano fortunati, quando capitava una pesca abbondante, quello che era in più lo vendevano. Fra tutti questi, ce n’era uno, si chiamava Giosuè, che era il più povero di tutti, non possedeva nulla. Niente barca, niente reti, nessun attrezzo che lo potesse aiutare nella pesca>>.

<<Poverino e come faceva a mangiare?>>, m’interrupe Sofia con una faccina addolorata.

<<Ora te lo spiego. Allora stavamo dicendo che era molto povero, però era un bravo ragazzo e si dava da fare per aiutare tutti gli altri. Quando le barche rientravano dalla pesca, lui si faceva trova sempre lì, sulla spiaggia per aiutare nelle manovre di attracco. Aiutava a togliere i pesci dalla rete, dava una mano e ripulire la barca, insomma si dava da fare con tutti e ormai gli altri, conoscendo la sua condizione, ogni volta gli regalavano qualche pesce, alla fine della giornata si trovava con un buon numero di pesci che gli assicuravano un pasto sia per il giorno, che per la sera. Era un bravo giovanotto e tutti gli volevano bene, tuttavia lui si vergognava di dover sempre aspettare chi gli dava qualcosa per poter mangiare. Cercava di trovare il modo di pescare anche lui. Tutte le volte che i pescatori cambiavano le reti perché troppo vecchie e rotte per funzionare, lui le prendeva e, con molta pazienza, cercava di ripararle alla meglio, così da poter fare anche lui qualche pescata. Il problema più grande per lui era che, non aveva la barca per poterle mettere in acqua. Un giorno prese una delle reti che aveva riparato e si allontanò verso l’altra parte del paese. In quella parte della costa, invece della spiaggia, c’erano solo scogli aguzzi e pericolosi, lì il mare era più profondo, voleva tentare di buttare la rete in quel punto sperando catturare qualcosa. Arrivato sul posto con una manovra spericolata si mise sullo scoglio più vicino all’acqua e lasciò scorrere la rete facendola portare dalla corrente.

Fissò la cima della rete ad uno scoglio appuntito e rimase in attesa per diverse ore, voleva dare il tempo ai pesci di entrare nella sua trappola.

Quando pensò che il tempo trascorso fosse giusto, cominciò a tirare la rete, al principio veniva via molto leggera, segno che dentro non c’era niente, tirava e tirava, e la rete saliva veloce e leggera poi, ad un certo punto, si fermò, come se si fosse impigliata in qualcosa, provo a tirare leggermente per paura di romperla e vide che anche se lentamente, la rete veniva su. Era molto pesante, il pensiero di aver catturato una grossa preda lo fece sorridere e aumentò lo sforzo nel tirare a sé la rete, poco dopo, però, mancò poco che cadesse in mare.  Nel tratto finale della rete, che stava per uscire dall’acqua, vide spuntare la testa di una ragazza bionda e bellissima>>.

<<Era una sirena nonno?>>

<<Certo, era proprio una sirena, giovane e molto bella. Aveva i capelli lunghi e biondi color del sole, quando la rete fu del tutto fuori dall’acqua lui poté vedere la sua coda d’argento che scintillava sotto i raggi del sole. La povera ragazza era in preda alla paura, stare fuori dall’acqua per lei era penoso, soffriva e si rivolse a Giosuè: "Per favore lasciami andare, se resto ancora al sole morirò, devo tornare subito in acqua, cosa ci fai con me se sarò morta, non essere crudele, liberami!"

Giosuè che in fondo non era cattivo, si mise subito a cercare di liberarla, ma le rete si era attorcigliata attorno alla coda ed era difficile togliere le squame, ad ognuna che si levava la ragazza piangeva, sentiva dolore e poi si lamentava. "Se perdo le squame non potrò più nuotare e morirò lo stesso, povera me! Non puoi fare più presto?"

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