IL NATALE DEL PROFESSORE

 Francesco P. anni 52, ex insegnante di latino e storia, condannato a quattordici anni per uxoricidio. Questo è quanto avevano deciso i giudici sulla base di prove indiziarie che non corrispondevano alla verità. Dopo aver fatto tutta la trafila dei vari ricorsi e sedute in tribunale e non essere riuscito a dimostrare la mia innocenza, la condanna fu ridotta a sei anni. Attualmente detenuto a Rebibbia. Questo è il mio biglietto di visita, me lo ritrovo addosso pur sapendo che sono estraneo alla colpa che mi hanno accollato. Ormai è fatta, inutile recriminare, i sei anni sono passati. Adesso mi trovo in piedi nella stanza del direttore in attesa del suo solito discorsetto a chi lascia l’Istituto penale alla fine della pena. La stanza è spoglia, solo una scrivania piuttosto vecchiotta, un armadio per le pratiche e un paio di sedie per gli ospiti. Aspetto con pazienza, quella che non mi ha mai abbandonato. Nonostante mi fanno male le gambe per il poco esercizio fisico, resto in piedi. Mi guardo intorno e devo ammettere che quella stanza non è molto dissimile dalla cella dove sono rimasto per sei anni. All’inizio ho dovuto dividerla con un tipo rozzo, con il quale non ho potuto dialogare, troppa ignoranza. Per fortuna il suo soggiorno fu breve, la pena era mite. Ho vissuto gli ultimi anni da solo. Nessuno della mia famiglia si è fatto vedere, non so se per la vergogna o perché, tutto sommato, della mia sorte non interessava niente a nessuno. Il direttore sta scrivendo, ma con la coda dell’occhio mi osserva. Conosce la mia storia, aveva avuto modo di seguire sia l’iter del processo, sia il soggiorno negli anni della mia detenzione. È convinto della mia versione dei fatti. Non posso essere un delinquente incallito. I miei atteggiamenti, il modo di parlare e il mio comportamento non sono in linea con la tipologia di criminali che è abituato a trattare. Nei sei anni insieme non ho mai sgarrato dalle regole, non ho mai nemmeno alzato la voce con qualche compagno.

«Allora Francesco, ci siamo finalmente, è arrivato il giorno tanto atteso, siediti, facciamo due chiacchiere. Ora sei un uomo libero non sei obbligato a obbedire.»

«Grazie signor direttore, lei è molto gentile, in effetti ho le gambe che mi stanno dando dei fastidi. » «Ora potrai camminare quanto vorrai, così in poco tempo ti rimetterai. Bene, devo dire che sei anche fortunato, sei tornato in libertà proprio la settimana di Natale. Sarà il primo, dopo sei anni, da uomo libero. Immagino che lo trascorrerai in famiglia. So che non si sono fatti vedere, ma ci saranno ancora spero, vedrai che saranno felici di rivederti proprio per Natale.»

«Vede signor direttore su questo non ci giurerei. Non credo che esista qualcuno che voglia vedermi, né tanto meno passare il Natale con me. Non so molto, ma qualche notizia è trapelata. Mia moglie si è trasferita, non so dove e con chi. Ha portato con sé la bambina e credo proprio che non la vedrò più. I miei genitori erano già anziani prima che entrassi qua dentro, ora o sono morti o saranno in condizioni tali che è meglio per entrambi che non mi faccio vedere.

 «Francesco, non puoi essere così pessimista, sembra che la fortuna non ti sia amica. Io qualche dubbio sulla tua colpevolezza l’ho sempre avuto, ma ovvio che il mio pensiero non conta niente. Ora quello che mi stai raccontando completa un quadro che sembra disastroso.

«Ha ragione direttore, a tal proposito io vorrei chiederle un grosso favore. So bene che ha le mani legate e non può prendere iniziative che deviano dal regolamento, ma io lo chiedo lo stesso.»

 «Dimmi, se posso aiutarti sarò contento di farlo, sei una brava persona.»

«Grazie, ma aspetti prima di sapere cosa voglio chiederle.»

 «Ah! Francesco ti prego non chiedermi cose che siano contro la legge.»

«Tranquillo signore, niente al di fuori della legge anche se la richiesta non sarà facile esaudirla. Per farla breve le chiedo, se fosse possibile, di ritardare almeno di due settimane il mio rilascio, almeno dopo le feste di Natale.»

 A quelle parole il direttore rimane allibito. Un detenuto che scontata la pena non voleva uscire, scappare verso la libertà. Rimane ancora in silenzio a guardarmi cercando di capire questa assurda richiesta. Il volto dell’uomo che ha di fronte è calmo, sereno, non muove un muscolo. Rimango immobile, so bene che ogni gesto fuori posto potrebbe essere equivocato. Fissa davanti a sé concentrandosi su un particolare della parete di fronte a lui, una piccola macchia di umido nell’angolo alto a destra che a seconda della luce cambia forma.

«Sai Francesco che mi hai veramente sorpreso, sto cercando di comprendere il tuo punto di vista, ma mi riesce difficile, saranno troppi gli anni che sto qua dentro ma la tua richiesta è davvero insolita.»  «Mi scusi direttore se l’ho turbata, in realtà io penso invece che tutto sia anche troppo semplice. Come le ho accennato prima, in effetti io sono rimasto solo, non ho dove andare. Quel paio di persone che forse potrebbero accogliermi sono sicuro che preferirebbero non vedermi. Si sta avvicinando il Natale ed è una ricorrenza alla quale io tengo molto. Trovarmi fuori in mezzo alla strada in questi giorni di festa non è augurabile a nessuno. Qui ormai mi sono ambientato, qualche compagno ce l’ho, ho un letto e cibo caldo. Ho passato cinque Natale con voi, passarne un sesto non cambierebbe la mia vita anzi, direi sarebbe fantastico, rispetto a ciò che mi aspetta là fuori. Il direttore mi guarda stranito, con uno sguardo di comprensione. Quello che ho detto lo turba, ma capisce che la mia richiesta diventa comprensibile e deve fare appello al suo autocontrollo per non eccedere nella commozione. 

«Caro Francesco, capisco bene la situazione e vorrei davvero aiutarti, ma le regole sono rigide e mi metterei nei guai. Capisci che se resti qui devo assicurarti tutto, la sorveglianza, il letto, il cibo, cose di cui devo dar conto.»

 «Mi rendo conto signore, sapevo che era qualcosa di complicato, del resto non posso fare altrimenti. Uscire di qua significa andare sotto un ponte o andare a dormire nel parco, ma siamo in inverno e a Natale, iniziare la mia nuova vita di uomo libero in questo modo non aiuta certo. Lei ha le sue ragioni e certo non può compromettersi per un avanzo di galera.»

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