Era da poco passata l’ alba. Faceva freddo e il cielo era grigio. L’ estate rimaneva un lontano ricordo, sbiadita come la mia vita prima di quel fatidico 19 agosto. Da quella data erano successe così tante cose che non sembrava fossero trascorsi  solo due mesi ma un’ eternità. E anche io, dopo poco più di due mesi, ero diventato un altro uomo.
Avevo raggiunto gli altri volontari a Lagonegro e in quei giorni eravamo già in ventimila. Mi rammaricavo di non aver preso partealle battaglie precedenti, quella di Calatafimi, di  Palermo, di Milazzo, di Messina. Però al Volturno c’ ero.
Chi aveva partecipato all’ impresa fin dall’ inizio veniva guardato con un misto di rispetto e di invidia da tutti gli altri. Come avrei voluto essere anche io con loro fin da maggio.
E poi c’ era lui: il Comandante. La prima volta che lo vidi rimasi quasi a bocca aperta. C’ era qualcosa nel suo sguardo, nel suo portamento, nel suo modo di parlare che emanava autorevolezza, che ti faceva capire che stavi dalla parte giusta e che lui era l’ uomo del destino, l’ eroe per antonomasia.
La sera prima regnavauna strana eccitazione nell’ accampamento. Tutti sentivano che a breve sarebbe accaduto qualcosa di cruciale. Eravamo tesi , impazienti,pronti a fiutare ogni traccia. Sapevamo che da lì a poco saremmo diventati testimoni della Storia, quella con la esse maiuscola.
Quella mattina tutto sembrava cosìsolenne. Non si udivano le solite risate e le abituali battute che accompagnavano sempre la nostra marcia. Il comandante cavalcava poco avanti a me con un’espressione seria e attenta. Sembrava che anche il suo sauro avvertisse l’ importanza del momento e non vedesse l’ ora di lanciarsi al galoppo. Mordeva il freno ed era più irrequieto del solito. All’ improvviso, non lontano da noi, ecco un rullo di tamburi, seguito dalla fanfara e accompagnato da un polverone nero che si avvicina. Il Comandante parte in quella direzione e io e gli altri dietro a lui. E poi: Viva il Re, Viva il Re! C’ èuna gran confusione  ma riesco a scorgere Giuseppe e Vittorio darsi la mano e udire il saluto immortale: “ Saluto il primo Re d ‘Italia!”. Giuseppe è  a capo scoperto,con il suo immancabile fazzoletto rosso annodato al collo,la sua chioma ribellee il suo mantello stazzonato. Anche in queste condizioni sembra un principe . Il Re accarezza la criniera del suostorno bianco e risponde: “ Saluto il mio migliore amico” . Vittorio Emanuele è impeccabile nella sua uniforme, perfettamente pettinato, con i baffi impomatati. Ma, malgrado ciò, non posso fare a meno di notare quantopoco  regale appaia di fronte al nostro Comandante.
 E’ metà mattina del 26 ottobre 1860 e siamo al quadrivio di Taverna della Catena, in località Caianello. Frazione di Vairano. Sto assistendo ad un evento che passerà alla storia e sono fiero di essere qui in questo momento.
  
Nota a margine: Tra i ricordi scolastici di tutti noi spicca  l’ incontro di Teano. Nessuno ha dimenticato l’ immagine di Garibaldi e del re Vittorio Emanuele II che si danno la mano, immagine riportata in tutti i testi di storia delle scuole elementari, medie e superiori. Occorre tuttavia precisare che si tratta di un falso storico per quanto riguarda la collocazione territoriale del fatidico incontro. Garibaldi e Vittorio Emanuele II non s’ incontrarono infatti a  Teano ma al quadrivio di Caianello, anche noto come quadrivio di Taverna della Catena, nel comune di Vairano.
I Vairanesi hanno fatto di tutto per dimostrare dove sia veramente avvenuto questo episodio così importante per la nostra storia. E ci sono riusciti. Purtroppo per loro, tuttavia, quell’ incontro rimarrà per tutti noi l’ incontro di Teano. 

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