Non somigliando a Robert Pattinson, il tizio aveva dovuto ripiegare sul vecchio look alla Bela Lugosi: marsina, papillon e sparato bianco che moltiplicava la luce fioca della lampadina.

«È la crisi che morde o è solo curioso?» chiese strofinandomi sull’avambraccio un batuffolo di cotone impregnato di alcool.

«Un po’ e un po’» risposi.

«Giusto» convenne «Non mi riguarda. Allora, d’accordo per mezzo litro?».

«Se il prezzo è quello…».

«Naturalmente. È un commercio che si basa sulla fiducia» disse annodando il laccio emostatico.

«A proposito» chiesi stringendo il pugno «non mi morde?».

 «È un po’ scomodo, non trova?».

«Credevo che…».

«Andiamo…» m'interruppe «pensa davvero che sia necessario od opportuno, per me, svolazzarmene in giro ad azzannare la gente?» Inserì l’ago in vena senza che sentissi nulla; doveva avere molta pratica. «Lei come è venuto a conoscenza di questa… opportunità?» chiese.

«Be’» risposi guardando lo scantinato in cui ci trovavamo. Non c’erano molte opportunità là dentro: era solo una specie di studio medico clandestino pronto a volatilizzarsi all’istante senza neanche trasformarsi in pipistrello. «Be’» ripetei «me l’ha detto Chow che l’ha saputo da Joe che, a sua volta, l’ha saputo da Alì. Pare che siano venuti un sacco di volte».

«Appunto: le sembra che abbiamo bisogno di clienti?».

Notai che aveva parlato al plurale e lui, in cambio, mi regalò un mezzo sorriso. Aveva denti grandi e un po’ storti, ma niente che una buona ortodontia non potesse sistemare. Mentre mi guardavo in giro aveva attaccato all’ago una cannula. Il sangue usciva con ritmo lento e tranquillo, scorreva dentro il tubicino e scompariva gorgogliando in qualche recipiente sotto il tavolo.

«Mi creda» riprese «considerata l’offerta sul mercato, i miei sono prezzi molto generosi». Si leccò le labbra, osservando il flusso costante del liquido rosso.

«Insomma, va sul sicuro».

«Un banale rapporto d’affari: do ut des».

Estrasse l’ago con mano così esperta e delicata che, ancora una volta, non sentii nulla. Mi disinfettò con cura e ripose diligentemente gli strumenti in un cassetto.

Improvvisa, una goccia fuoriuscì e mi colò lungo l’avambraccio. Rapidissimo, tanto che quasi non riuscii a vederlo, la raccolse con l’indice e se lo leccò.

«Legalmente rischio ben poco. Lei piuttosto dovrebbe mangiare meno cibi grassi».

Aprì un cassetto ed estrasse il denaro, contando con mano esperta.

«Non ha paura di qualche ammazzavampiri della domenica?» chiesi tirandomi giù la manica.

Lui fece spallucce. «Una volta un tale mi ha sventolato contro un crocefisso. Era in oro massiccio e gli ho fatto un buon prezzo».

«Niente energumeni con un paletto di frassino?».

Mi regalò un altro dei suoi sorrisetti taglienti «Questo riguarda me, stavolta».

«Non pensa che potrei andarmene di qui e raccontare tutto?» chiesi prendendo i soldi e alzandomi.

«Raccontare cosa? Che ha preso parte a una transazione illegale? Non credo che ne trarrebbe vantaggio».

«Potrei dire…».

«Che ha incontrato un vampiro? È proprio sicuro di volerlo fare?».

Si allungò all’indietro sulla sedia, scivolando nell’ombra. Nell’oscurità, i suoi occhi sembravano brillare di una debole luce rossastra. D’altro canto poteva essere una conseguenza dello starsene rinchiuso al buio di quello scantinato lercio e senz’aria. Una banale congiuntivite.

«Potrei essere benissimo un tale invischiato in un’attività lucrosa e poco lecita, ma noiosa, che cerca di movimentare le sue nottate con uno scherzo un po’ macabro. Magari potrei essere persino convinto di essere un vampiro, ma quanto all’esserlo…».

Arretrai fino a raggiungere le scale e cominciai a salirle all’indietro. Non mi andava di voltargli le spalle.

«Sì vecchio mio» disse ridacchiando «potrebbe  dire di avere conosciuto un vampiro, uno vero. Dopotutto il mondo è pieno di pazzi».

Finii di salire le scale incespicando e feci gli ultimi gradini di corsa come un bambino spaventato dal babau. Riuscii a calmarmi solo quando raggiunsi la via principale e il frenetico andirivieni del sabato sera.

Un uomo con un vestito elegante sbraitava in un cellulare. A un certo punto fece un mezzo giro su se stesso e scagliò il telefonino contro un muro, poi si lasciò cadere sul marciapiede sudicio.

Probabilmente il tipo là sotto aveva ragione: il mondo è pieno di pazzi.

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