GUERNICA

 

 

 

La riunione del comitato partigiano si stava prolungando oltre il limite del coprifuoco imposto dalle autorità. Si discuteva sulla proposta di tentare un assalto per rompere l’assedio alla città, come volevano le bande armate dei giovani arrivati da tutta la regione in difesa della città. I responsabili cercavano di mantenere un atteggiamento prudente, temevano giustamente un bagno di sangue e cercavano di convincerli a frenare il loro impeto giovanile.

- Ragazzi, cercate di capire! Noi siamo in pochi e male armati, cercare di sfondare l’accerchiamento è impossibile, non possiamo sperare di aver ragione di un nemico più numeroso e dotato di armi pesanti, se solo volessero potrebbero raderci al suolo senza nemmeno avvicinarsi a noi, dobbiamo limitarci alle nostre azioni di disturbo, colpire veloci procurare quanti più danni possibili e scomparire, sono solo queste le tattiche che possiamo mettere in pratica, per il momento dobbiamo lasciar perdere questa idea di scontro frontale, se dovessero arrivare dei rinforzi forse in quel caso potremmo pensare a coordinare una sortita.

Il rappresentante del comitato non fece in tempo a finire la frase che dalla sala gremita di giovani armati si levò un grido di protesta, gli animi erano in fermento, i ragazzi dal basco rosso scalpitavano.

 

- Compagni – disse uno di loro alzandosi in piedi e togliendosi il basco, si chiamava Raphael, il suo sguardo era ardente e appassionato, luccicava dall’eccitazione – siamo venuti qua non certo per comportarci come polli in un pollaio, aspettando che vengano a tirarci il collo, nessuno di noi è un vigliacco, non abbiamo paura dei loro cannoni, se non lo facciamo adesso non avremo altre occasioni. Sono settimane ormai che ci tengono in pugno, hanno interrotto tutti i rifornimenti, il morale è a terra, vogliono farci morire di fame, sterminarci senza nemmeno sparare un colpo, io dico di attaccare subito in forze e creare una breccia, una volta fuori dalla città vedrete che riusciremo a riunirci al grosso delle nostre forze che sono accampate sulle montagne.

Il breve discorso del giovane suscitò consensi e applausi da parte dei giovani miliziani presenti, molti intonarono una canzone di guerra, i più anziani si limitarono a scuotere il capo, certo l’ipotesi avanzata dal giovane, fiero e focoso, piaceva anche a loro, senza starci a pensare troppo sembrava una soluzione, se non l’unica possibile, purtroppo, sapevano bene che le cose non erano così semplici, la città era sotto assedio da giorni e a parte quel manipolo di giovani non c’erano forze sufficienti per tentare la sortita, gli abitanti si erano ridotti a donne, bambini e anziani, non a caso gli assedianti ancora non erano intervenuti, non era necessario, potevano entrare come e quando volevano. Evidentemente i capi dei falangisti sapevano che i pochi gruppi armati presenti in città non rappresentavano un pericolo reale. Il problema più grande era la presenza, nelle forze accerchianti, di truppe tedesche che mal sopportavano i tempi lunghi di quell’assedio. Il comandante, le forze germaniche era tentato di bombardare l’intera area, risparmiando il logoramento delle truppe in quell’inutile assedio.

La riunione ebbe termine, senza che una decisione fosse presa, in un senso o nell’altro. Gli anziani restarono a discutere, mentre i gruppi armati dei giovani si allontanavano cantando, in disprezzo del coprifuoco, disperdendosi nei vicoli con la promessa di ritrovarsi alle prime luci dell’alba alla periferia della città, per decidere cosa fare, le decisioni e i consigli degli anziani non erano soddisfacenti, non erano per niente convinti.

 

Nelle stesse ore, anche le forze nemiche stavano discutendo su comeeliminare lo stallo che si era creato. I tedeschi, nella persona del comandante la guarnigione stava insistendo sul bombardamento.

- Signori! Lo ripeto ancora una volta, non possiamo aspettare oltre, ci sono altri obiettivi da eliminare, siamo fermi da troppo tempo, basterà un giorno al massimo due e di questi pezzenti non ne sentiremo più parlare, il fronte si sposterà la dove ci sono forze nemiche più interessanti da affrontare, qui non c’è nessuno degno di combattere, solo un’accozzaglia di straccioni, facciamola finita.

I falangisti per quanto intenzionati anche loro a proseguire la marcia trionfale verso la capitale avevano ancora qualche remora per compiere un’azione così pesante contro la popolazione civile, sapevano bene che le forze militari erano scarse, perché accanirsi contro donne e anziani. Tentarono di replicare, ma con scarsa convinzione, erano stati loro a chiedere l’aiuto della Germania e ora quelli agivano secondo il loro modo di combattere.

- Bene! Vedo che siete ancora decisi a perdere tempo, è inaccettabile! La decisione è presa! Domani mattina all’alba uno stormo di bombardieri raderà al suolo questo posto, dopodomani avanzeremo con le truppe per finire il lavoro, è tutto!

Il sole non era ancora del tutto uscito dal suo guscio notturno, quando un cupo rumore fece svegliare la popolazione. La gente conosceva bene quel rombo. Ci fu un attimo di sgomento nel vedere nel chiarore mattutino le sagome dei portatori di morte. Dopo pochi minuti, senza dare il tempo e la possibilità di mettersi al riparo, le prime esplosioni squarciarono il silenzio della notte che finiva. Grappoli di bombe cadevano a ripetizione sull’intera area della città, le persone in fuga erano falciate dagli spostamenti d’aria degli scoppi, le urla dei feriti si confondevano con i sibili delle bombe, i palazzi e le case che dovevano fungere da rifugio cadevano in briciole portandosi dietro il carico umano che aveva cercato riparo fra le mura. Ci furono diversi passaggi dello stormo, senza difese aeree fu facile, per loro, colpire con precisione. Dopo un’ora di terrificanti esplosioni, così com'erano apparsi, gli aerei si allontanarono dalla città distrutta.

Il gruppo dei giovani armati, che si era ritrovato nelle stesse ore mattutine lontano dalle case, aveva assistito impotente alla micidiale carneficina delle bombe. Erano furenti, uscirono dai ripari decisi a dare battaglia, per vendicare i morti. Contavano sulla sorpresa, pensavano che dopo un bombardamento del genere, il nemico non si aspettava certo una reazione.

Il sole era, ormai, alto nel cielo e la campagna scintillava di rugiada, dalla città alle spalle si levavano alte colonne di fumo, il manipolo si radunò al riparo di una cresta rocciosa e appena in contatto visivo con le prime avanguardie nemiche aprirono il fuoco. Presi di sorpresa i tedeschi tardarono ad organizzarsi e sembrò quasi che stessero per soccombere sotto l’impeto dei ragazzi dal basco rosso, ma le forze in campo erano sproporzionate e ben presto gli assedianti organizzarono uno sbarramento con armi pesanti che crearono vuoti paurosi fra le fila dei miliziani. Uno dei primi a cadere fu, Raphael il giovane che aveva parlato in assemblea. Combatteva saltando fra le rocce, incitando gli altri, con l’impudenza dei suoi verdi anni, cantava e sparava infagottato nelle cartucciere col basco calato sopra gli occhi. Fu colpito. Rimase lì col sorriso sulle labbra e un fiore rosso sopra il cuore. Nessuno pianse, dopo di lui ne cadde un altro, un altro ancora, ognuno con un fiore in mezzo al petto. Calò la sera fra le strade bianche di Guernica, nel silenzio spettrale si era spenta la canzone dei vent’anni, solo un lamento oscuro si levava dal buio.

 

 

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