La prima volta che incontrai Lucky Fraeshart accadde a New York.

Eravamo nel 1975 e quella notte, precisamente alle 2,45, uscii dal Madison Square Garden dove avevo appena interpretato il personaggio di Mimì dalla Bohème di Puccini. Ero una stella in ascesa e stavo vivendo un periodo magico di grandi successi. Acclamata dal pubblico e amata da registi e direttori d’orchestra, non avevo attimi di sosta: oggi New York, domani Washington, Parigi, Londra, Roma, Verona, Venezia… Certe volte mi sentivo sfinita ma la carica che mi infondeva il pubblico con gli applausi calorosi e i fiori che piovevano sul palco non mi permetteva di dire che ero stanca. In fondo ero agli inizi della mia carriera e avevo solamente vent’anni. 

La notte del 14 giugno, alle ore 2,45, uscii dal Madison Square Garden, appunto, sedendomi dentro alla Limousine che mi attendeva sul retro del teatro. La notte era limpida e stellata, lo ricordo perché mi restarono impresse le stelle che riuscivo a vedere dal tetto aperto dell’auto. Dopo un paio di isolati la Limousine iniziò a singhiozzare e non ne volle più sapere di ripartire. Frank, l’autista, chiamò il carro attrezzi che arrivò dopo circa mezz’ora e ci trascinò nella prima autofficina disponibile. 

Scesi dall’auto. Indossavo il mio abito di paillettes argentate e una mantella di raso nero a coprire le spalle. Lo scricchiolio delle rotelle di un carrello mi fece volgere lo sguardo in basso e fu allora che i miei occhi incrociarono i suoi. Si bloccò, per un istante mi parve di vedere il suo respiro fermarsi e sentire il battito accelerato del suo cuore; in realtà ero io che avevo smesso di respirare e il mio cuore sembrava un tamburo. Accennò un sorriso e scosse la testa: forse mi aveva scambiata per una di quelle ragazze che frequentano i posti adatti per riuscire a diventare attrici di Hollywood, non sapeva sicuramente che ero già una diva della lirica e del palcoscenico. Non riuscivo a staccare i miei occhi dai suoi, fu lui che, facendo scivolare il carrello, si infilò ancora sotto all’auto e sparì dalla mia vista.

“L’auto di cortesia è già pronta Miss Porter” disse Frank facendo tintinnare le chiavi. Lo seguii, voltandomi per l’ultima volta in direzione di quel ragazzo dagli occhi turchesi e dal viso sporco di grasso.

La settimana seguente Frank andò a ritirare la Limousine e mi chiese un biglietto omaggio per l’ultimo spettacolo della Bohème, pensai fosse per il proprietario della carrozzeria e gli feci avere un posto in prima fila.

Quella sera, in quella prima fila, antistante al proscenio, Lucky Freshart se ne stava seduto nel suo smoking preso a noleggio e non mi tolse gli occhi da dosso per tutta la durata dello spettacolo. 

Il mio cuore sussultava e immaginai di cantare per lui. Solo per lui. Fu l’ultima volta che lo vidi.

9 dicembre 2025.

Il cimitero ebraico di N.Y.C. non è un luogo che frequento abitualmente ma non potevo certo mancare al funerale del mio amico e autista Frank. Sua moglie piange come una bambina: l’abbraccio stretta e, in quell’abbraccio, lo sguardo mi sfugge a una tomba vicina. 

Il nome mi colpisce: Lucky Freshart 

N.Y.C. 8 settembre 1953 – N.Y.C. 4 novembre 2023

Mi avvicino. Una donna poco distante mi chiede: “Lo conosceva? Era suo amico?” 

Le lacrime mi rigano il volto e scuoto la testa: non lo conoscevo ma avrei voluto tanto conoscerlo, amarlo, accarezzarlo. 

Avrei voluto facesse parte della mia vita… Lo persi alla fine dell’ultimo atto della Bohème al Madison Square Garden durante una stellata notte di giugno del ’75. 

Il primo e unico amore della mia vita.

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