Mi ritrovo in strada, con i miei pensieri, con gli odori che iniziano ad attivare i miei ricordi.

Le luci prendono il sopravvento sull’oscurità della notte, chissà poi perché si dice oscurità della notte? Quasi che fosse tenebrosa, piena di mistero, di paura.

La notte è quella dei saggi che ritrovano se stessi smessa la loro maschera, la notte è quella dei mistici che ricercano risposte al mistero della vita, la notte è quella delle speranze, dei cuori infranti, del tremolio delle parole, delle luci soffuse per ammaliare, degli amanti che rincorron la loro gioia esorcizzando il passare del tempo, la notte, dicono, è giovane.

Hanno tutti ragione, anche tu sicuramente trovi nella notte il tuo mondo, lontano da occhi indiscreti ti lasci andare a te stesso, non lotti più, ti arrendi all’accettazione e alla stima di te, ci vuole, la notte porta consiglio e porta autostima.

Carichi della notte che è appena trascorsa, scorriamo le prime ore di questa mattina con i nostri pensieri che si mescolano ai nostri ricordi e alle percezioni sensoriali che incontriamo per strada.

Il silenzio delle strade interrotte dal latrare di qualche cane rimasto chiuso chissà dove, il riflesso del primo sole sulla strada in beole bagnate dalla brina che cede le armi al primo tepore dei suoi raggi, la fitta rete di fili che si lanciano da un palazzo all’altro quasi per creare un indissolubile legame tra le cose, visto che è così difficile realizzarle tra gli uomini.

Eppure c’è qualcosa che ancora mi lega, che non si è ancora stancato e staccato da me, il tuo profumo, sulle mie mani, sul mio vestito, nella mia mente, dolcemente mi accompagna e mi incoraggia, mi dice che non c’è da temere, che c’è qualcosa di buono sempre in ogni cosa, basta sempre cercarlo e avere voglia di cercarlo.

Grande è il senso di libertà che mi trasmette questa inconsapevole voglia di sperimentare, di ricercare dentro di me le vecchie sensazioni, quasi a voler esorcizzare il tempo che passa.

C’hai fatto caso che le sensazioni, le emozioni, le gioie, non invecchiano? Sembra ieri che le hai sperimentate per la prima volta, il ricordo così vivido e palpabile, la sensazione di meraviglia per l’inaspettata scoperta, l’emozione che ha fatto palpitare il tuo cuore.

Siamo eterni bambini, che sperimentano e sperimentano ancora, mai sazi di sperimentare.

Bambini che si ossidano, che si ammaccano, che si deteriorano esternamente ma lo sappiamo, anche il più bel forziere spagnolo pieno di gioielli e monete preziose se abbandonato si sgretola, cade a pezzi.

A differenza delle cose noi esseri umani abbiamo la capacità di attingere alla fonte dell’eterna giovinezza dalla nostra anima, che è il forziere dei nostri ricordi, delle nostre emozioni, dei nostri memoriali, che nessuno ci può portare via.

Quante volte ti sei trovato a pensare “perché a me?” oppure “a me non potrà mai succedere!”.

Quando meno te ne accorgi la nostra alma viene scossa e si risveglia, riporta alla memoria le gioie, gli amori, le vittorie, i successi, i memoriali che sono rocce salde nella nostra vita.

Sono come i pensieri felici che ci permettono di volare, senza bisogno di polvere di fata, e di colpo sei in un altro posto, sei con te stesso, con i tuoi pensieri a dire “non è vero che non mi ama, perché quella volta mi ha perdonato!”, “non è vero che non sono capace, perché quella volta con l’esame di riparazione, da solo ci sono riuscito”, “non è vero che sono insensibile, amo anch’io e chiedetelo pure in giro!”.

Ti commuovi se vedi qualcosa che tocca un tuo ricordo latente, che pensavi di non avere più, di averlo perso, invece non è andato perduto, era nel forziere, insieme a tutti gli altri, perché è giusto che stiano li tutti insieme, perché insieme possono darsi coraggio l’un l’altro e sorreggersi a vicenda e continuare a essere la roccia su cui hai fondato la tua fragilità di uomo.

Perché si dice che i sentimenti prendono alla pancia? Anche le relazioni tra esseri viventi nascono dalla pancia.

Forte è il legame di ognuno di noi con la nostra pancia.

Sarà forse per via del fatto che siamo nati attaccati per la pancia, la donna che ci ha dato la vita trasmetteva a noi attraverso la pancia, le sue sensazioni, le sue emozioni, il suo gusto, i suoi odori, i suoi sapori, tutto arrivava a noi attraverso questo cordone attaccato alla pancia.

Il primo taglio lo fa l’ostetrica, ma il definitivo taglio no, nessuno per quanto possa dire ha tagliato completamente questo cordone.

E viva Dio, mi verrebbe da gridare.

Chi ha deciso che si deve troncare, recidere, tagliare?

Ogni uomo cerca un porto sicuro in cui riparare in caso di tempesta e allora perché accontentarsi di un solo porto? Lasciamo che il nostro cordone sia libero di trovare nuovi grembi da cui attingere conoscenza, emozioni, gioie e dolori.

Come i filamenti di una tela infinita dovremmo lasciare che si sviluppino da noi verso gli altri per non rimanere inermi davanti agli ostacoli, perché amare è condivisione, amore è vivere per sempre, condividere è vivere.

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