Bulgaria, estate 2009, ogni tanto rievoco quei cinque giorni. Fu la nostra prima vacanza all'estero, ove alloggiammo in un bellissimo hotel che distava a cento metri dal Mar Nero. 
Amavi pazzamente il mare. Quanto desideravo che tale ardore l'avessi rivolto pure al sottoscritto.
Eri proprio una stronza, capricciosa e lunatica. Oltre a ciò, ti contraddistingueva una peculiare capacità di stroncare, oppure di non valorizzare, le mie esternazioni romantiche. 
E pensare che agli inizi della relazione credevo di aver trovato in te un amore da romanzo rosa, invece ti sei rilevata di tutt'altro "genere." Nel giro di qualche anno, diventasti via via pragmatica, per di più in una moltitudine di occasioni sostenevi che dovevo piantarla con le smancerie da liceale. Ogniqualvolta me lo ripetevi, a rendere ulteriormente l'idea erano i tuoi occhi azzurri freddi, paragonabili al cielo dell'Alaska, a crucciarmi il cuore.
Adesso, i ricordi si spostano sul terzo giorno di permanenza in Bulgaria, esattamente mentre stavamo tranquillamente passeggiando tra le vie di una Sofia soleggiata. Improvvisamente, le tue tipiche oscillazioni d'umore sortirono nuovamente un effetto nocivo su di me. 
«Qui si soffoca! Mi fai sentire ancor di più accaldata!» ti lamentasti, scrollando bruscamente il mio abbraccio. 
Bevvi il calice amaro fino in fondo, uno dei tanti di quei quattro anni insieme. Disgraziatamente di anni se ne aggiunsero altri cinque, con la speranza di far ritornare fantastico il nostro rapporto come quello di una volta. Eh, masochismo puro! 
Entrammo poi in un negozio decisamente suggestivo, rivestito da assi di legno e da tronchi d'albero. Vendevano di tutto: saponi, deodoranti, vini, biscotti, sciroppi, marmellate... articoli principalmente a base di rose. Ti comprai un paio di cose, del resto per te era tutto dovuto.
Appena uscimmo da lì, squillò il tuo telefonino. Era tuo padre che voleva chiederti come procedeva la vacanza. Approfittai di quell'attimo di distrazione per fiondarmi in quel locale "rosato" ad acquistare una carinissima scatola di caramelle a forma di rose che avevo adocchiato in un espositore. Sapendo che adoravi i dolciumi, mi aspettavo di stupirti almeno un po’.
«Perché sei rientrato?» mi domandasti, sorridendo.
«Devi sapere che i bulgari, per esprimere i sentimenti, regalano alle loro donne delle rose persino di questo tipo» improvvisai, dapprima nascondendo quel pacchettino dal fiocco rosso dietro le spalle, per poi eseguire un movimento galante per porgertelo come se fosse un mazzo di rose. 
Sorpresa riuscita? Macché! 
«Dai qua, va'!» esclamasti infastidita e con nonchalance mi strappasti i bonbon dalla mano per ficcarli con sufficienza dentro la tua borsetta. 
Restai di sasso, i miei occhi si inumidirono. Li puntai verso il basso e nel contempo inghiottii nervosamente la saliva, mormorando un “vaffanculo" a bassissima voce. 
«Sei sempre il solito!» reagisti con un tono acido come uno yogurt scaduto da tempo. 
Un proverbio turco dice: «Per amore delle rosa, si sopportano le spine» e, credimi, di spine ne stavo sopportando anche fin troppe. 
Cara Agnieszka, non provo rammarico per quelle quindici lev spese, semmai mi pento di non aver preso la mira per lanciarti quel pacchettino in testa. 

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