Era un bel pomeriggio di ottobre a Viareggio. Scesi dall'autobus e mi diressi verso la casa di Franco. Suonai il campanello. Come si aprì la porta me lo vidi davanti. Non riuscii a dire le parole che mi ero preparata. Per l'emozione buttai subito fuori il rospo.

“Ciao” dissi entrando

“Cosa ci fai qui?” Lui non si aspettava la mia visita. Ero andata una o due volte a casa sua e avevo intravisto per caso sua madre.

“Franco sono incinta…” Ci fu un attimo di silenzio. Mi guardò e disse. “... e che vuoi da me?” “non so” mormorai. Lui mi guardò. La sua fu una risposta secca, forse con una punta di ironia. “Caschi il mondo se ti sposo!“. Sentii le gambe cedere. Avevo sperato in un miracolo. Mi passò la voglia di controbattere. Di rivendicare qualcosa. Mi diressi verso l'uscio e scappai da quella casa.

Non sapevo dove andare, avevo solo voglia di piangere. Alla fine mi diressi verso la stazione degli autobus con il cervello in confusione. Avevo bisogno di tornare a casa mia a Firenze. In un luogo amico.

Certo avevo un figlio in pancia. Ma ancora non sapevo che cosa volesse dire un figlio. E poi cosa dire a mia madre? Già per lei ero una poco di buono. Mi aveva spedito a Viareggio a capire le intenzioni di Franco con la speranza di una buona notizia. Ma la cosa non era andata.

Rientrando pensai a cosa era successo negli ultimi mesi. Da quando la mia ditta mi aveva mandata a Viareggio a metà agosto a fare la centralinista di supporto.

Fare la telefonista è un lavoro semplice ma faticoso. Tutti volevano parlare subito ma spesso al posto pubblico non c'era la persona cercata, oppure c'erano problemi di connessione. Insomma ci voleva molta pazienza per trattare con la gente. Ma quando non c'era molto traffico ti mettevi ad ascoltare i colloqui, e i sospiri degli innamorati….Eravamo tutte ragazze giovani al più fidanzate e ci scambiavamo confidenze o pettegolezzi nei momenti di pausa.

Di giorno mangiavo un panino o un pò di frutta, la sera mi recavo in una modesta trattoria vicino alla pensione dove alloggiavo.

Finito il lavoro, andavo in giro. La città con la ricostruzione del dopoguerra aveva recuperato almeno un pò del suo spirito vacanziero. Specialmente il lungomare con i negozi e gli stabilimenti balneari. Di agosto nel tardo pomeriggio giravano belle donne e giovinotti che si godevano la stagione.

Quindi rientravo in camera e mi preparavo per uscire dopo cena. Avevo avuto notizia dalle colleghe di quali erano i migliori locali dove andare per passare una serata. Vicino al Principe di Piemonte c'era un albergo con una grande sala da ballo.

Entrai. Mi misi a guardare la sala, le luci soffuse, c'erano alcuni giovani che parlottavano tra loro, qualche ragazza sola e delle coppie che ballavano. L'orchestra era in un lato della sala. Suonava alternando lenti o le canzoni del momento.

Mi piacque un ragazzo dinoccolato magro e alto che stava un po’ in disparte. Io ero timida, aspettai un po’ per vedere se mi notava ma poiché non succedeva nulla mi buttai.

“Ciao come ti chiami?”

Ci scambiammo i nomi e qualche informazione minima.

Poiché non sapevo che altro dire tagliai corto con un "si balla? “ e lui “ va bene”. L'aria un po annoiata forse per il caldo. Cominciammo con qualche lento.

Me la cavavo bene nel ballo ma lui era più bravo.

Cominciammo a conoscerci. Franco non perse tempo e dopo qualche ballo ci appartammo per parlare un pò e alla fine ci baciammo. Ero su di giri. Non era il primo bacio, certo, ma questo aveva un sapore diverso. Verso le 11 mi accompagnò alla pensione. Lo avrei fatto salire in camera ma non era il caso. Ancora avevo qualche freno. E poi il portiere non avrebbe permesso.

“Ci vediamo domani?” gli chiesi “ esco alle 17 possiamo trovarci in piazza Mazzini”. I giorni successivi seguitammo a vederci. Si era ad agosto e lui era libero. Quando uscivo dal lavoro ci trovavamo.

Ci volle poco perché si facesse l'amore. Non aspettavo altro. Successe un pomeriggio tardi, ci eravamo trovati al solito posto, dove lui arrivava col motorino. Ci baciammo e poi lui mi sussurrò in un orecchio di montare sul motorino che si faceva una girata. Non ci pensai due volte. Montai ed andammo in giro. Mi piaceva stringermi a lui. Lo baciavo sul collo. Alla fine trovammo un prato isolato, il sole ancora caldo stava calando e c'era penombra. Ci stringemmo, io avevo una gonna leggera e lui cominciò ad accarezzarmi. Facemmo l'amore. A me piacque.

A metà settembre la trasferta fini e io dovetti lasciare Viareggio. Seguitammo a vederci quando riuscivo ad andare a Viareggio o quando lui veniva a Firenze. Ma per una ragione o l'altra con l'avanzare dall'autunno ci vedevamo sempre meno. Per la distanza ma avevo anche l'impressione che fosse calato il suo interesse.

La mia vita ritornò normale. Mia madre mi aveva iscritto ad un corso di equitazione in città. Era l'ambiente giusto dove una signorina per bene poteva incontrare qualche buon partito. Io non mi divertivo molto perché le mestruazioni erano diventate irregolari e io ero preoccupata. Anzi speravo che questo sport mi aiutasse ad avere un aborto spontaneo. Nel frattempo seguitavo a vedere Franco di nascosto anche prendendo ferie dal lavoro.

“Mi passa la signorina Pisani?” telefonò un giorno mia madre in ufficio.

“Signora sua figlia non c'è, oggi ha preso ferie”

”Che dice? Ma è sicuro?“.

Lei non se lo aspettava.

Quando rientrai la sera mi affrontò con un “che sta succedendo?”.

Io risposi “sono stata a Viareggio per incontrare un mio amico".

Mia madre mi chiese “chi? Come lo hai conosciuto?“.

Le raccontai tutto, compreso il timore di essere incinta. Mia madre sbiancò e urlò “Sei una puttana!”.

Mia madre decise che era il caso di smettere l'equitazione per motivi di salute, ma anche perché non ero più presentabile. Decise anche che dovevo andare da Franco e dirgli che ero incinta. Lui ancora non lo sapeva.

Dopo qualche mese la gravidanza cominciò a essere evidente. Cercavo di non parlarne sul lavoro perché non sapevo se rischiavo il licenziamento perché ragazza madre. In alcune aziende avveniva e in altre no. Comunque un collega che mi filava capi qualcosa. Alla fine decisi di informare l'azienda e non ci furono problemi.

A giugno nacque mio figlio. Mandai un telegramma a Franco per informarlo.

Naturalmente non ci fu risposta.

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