In questo pandemonio Alexandra, ormai da tre mesi, sempre davanti il Parco Madre Teresa di Calcutta, continuava a battere il marciapiede. Tutte le sere, terminato il flusso delle auto dei pendolari, mentre i residenti cenavano, il pappone la accompagnava in auto su strade secondarie sempre diverse vicino il Parco. Con una borsa contenente le scarpe con i tacchi a spillo e le lingerie percorreva dei vialetti pedonali arrivando  sulla Togliatti. Vicino a un tiglio si toglieva i vestiti superflui, tirava le autoreggenti sulle gambe, indossava le scarpe con i tacchi a spillo e cominciava ad ancheggiare sul bordo della strada. Le prime parole di italiano apprese furono “trenta bocca fica”.

Con il passare dei giorni riuscì ad avere un dialogo basilare con i clienti. Dopo l’hotel in Piazza dei Mirti si era spostata in diversi bed end breakfast per acquartierarsi infine in un monolocale senza cucina al piano terra di un condominio in Via delle Robinie. Il contratto di locazione ad uso transitorio, al fine di prevenire accertamenti sulla legge Merlin, non era stato registrato presso l’Agenzia delle entrate. Nella nuova dimora iniziò a ricevere i clienti aumentando il prezzo delle prestazioni sessuali offerte. Così le prime radici di Alexandra iniziarono a penetrare la terra cementata e asfaltata di Centocelle.

L’identità di Alexandra tendeva, quasi interamente, a confondersi con le notti di Centocelle. Una persona sfuggente. Il resoconto che segue, conclusivo di questo racconto, è un accatasto di frammenti che in qualunque modo avvicinati lasciano lacune da riempire. Tuttavia, osservando, i pezzi singolarmente e poi insieme, un’immagine sfocata affiora. 

Iniziamo riferendo che Alexandra è il nome d’arte di Elena.

Elena era nata in Romania nel 2003, lontano da Bucarest, vicino il confine con la Moldavia. Non parlava mai del padre, mentre telefonicamente tutti i giorni sentiva la madre. Era una ragazza madre di due figli, di tre e sei anni, concepiti in relazioni occasionali, affidati alla nonna. Della storia della Romania ricordava due eventi, la guerra di Decebalo con Domiziano e Traiano che fece dell’antica Dacia una provincia Romana, e la presidenza di Nicolae Ceausescu, leader politico della seconda metà del Novecento, che durante la Repubblica Socialista di Romania aveva impoverito la popolazione. Nascondeva i contatti che avevano favorito l’arrivo a Centocelle, limitandosi a dire che il viaggio in auto era durato due giorni. Queste le poche informazioni sui venti anni romeni di Elena.

La stessa disorganicità era riscontrabile ascoltando i flash narrativi dei due anni passati nel Quartiere. Raccontava di un masochista che le aveva dato novecento euro per essere calpestato su tutto il corpo con i tacchi a spillo. Di una rapina subita dentro il Parco Madre Teresa di Calcutta con un coltello alla gola. Delle decine di clienti che le offrivano pippate di cocaina. Di scopate fatte per trenta euro nei parcheggi limitrofi la Togliatti. Di pasti ordinati dal Mc Donald’s di Piazza dei Mirti. Dello shopping fatto al Centro Commerciale di Roma Est. Delle nottate passate a battere il marciapiede fumando pacchetti di sigarette. Di giornate trascorse a dormire e di come tutto questo vivere, giorno dopo giorno, era alimentato dal sogno di accumulare il denaro per acquistare una casa in Romania. Tutte queste schegge, se percepite tutte insieme, formavano una scenografia triste di un luogo diventato teatro contemporaneo.

L’ultima sera che Elena era stata vista su Viale Palmiro Togliatti, uscendo da un piccolo alimentari di egiziani, aveva fatto l’elemosina a un barbone seduto sul marciapiede, poi come ogni sera era arrivata sul tratto di marciapiede assegnato, come ogni sera si era tolta gli abiti superflui e indossato le autoreggenti e le scarpe con i tacchi a spillo, dopo pochi minuti fu vista salire su un’auto, ma diversamente dalle altre sere non fu vista tornare.

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