Non si vedevano spesso. Forse tre, quattro volte l’anno. E neppure si scrivevano spesso. Qualche Mail, dal lavoro e senza fronzoli. Mai un messaggio WhatsApp. Troppo pericoloso per i rispettivi partner. Non bisognava dare nessun allarme, nessuna famiglia era in pericolo, nessun rapporto si doveva guastare. Erano due persone pragmatiche che sapevano cosa dirsi, quando dirselo e come dirselo. 

 

Andavano avanti così da venti anni e se gli inizi non erano stati proprio facili per il pericolo di un certo innamoramento di una delle due parti, adesso avevano trovato il loro ritmo e avevano fiducia l’una dell’altro. Anna e Kai.

 

“Domani sera hai tempo dalle 18 in poi?”

“Sì, dove?”

"Al Vecchio Ponte, sul lungofiume. Conosci?”

“No, ma lo trovo. A domani”.

 

Si abbracciavano come due vecchi amici e ridevano di cuore. Parlavano del più e del meno ma il tema centrale era stato sempre il lavoro perchè era lì, tanto tempo fa, che si erano conosciuti. Lei aveva iniziato ad agosto, lui a fine settembre aveva dato le dimissioni per andare a ricoprire una funzione direttiva in un’altra ditta. Quei pochi giorni erano bastati loro per guardarsi, per studiarsi, per vedersi, per incontrarsi, per scoprirsi, per baciarsi, per toccarsi, per fare l’amore, per vedere l’uno l’anima dell’altra.

 

"Sei scomparso per sei mesi. Nessuno sapeva più niente di te. Che cosa é successo?”

"Sono stato molto male, sono stato operato d’urgenza. Ho avuto un tumore ai reni e delle tracce sospette ai polmoni. Mi hanno tolto tutto, non ho fatto la chemio, hanno detto che non era necessaria. Ora sto bene”.

"Perchè non me lo hai detto? Avevo capito che c’era qualcosa che non andava”.

“Non volevo che tu mi sentissi così giù di morale e mi vedessi così. Poi vedermi sarebbe stato impossibile, Claudia mi stava sempre accanto. E i miei poi, non ti dico che preoccupazione ho dato loro…”

“Adesso come stai?”

“Sono vivo e sto qui seduto con te in questa bella serata estiva”.

 

Quella sera nel loro consueto albergo si coccolarono a lungo e si baciarono con passione come due adolescenti che si stanno baciando per la prima volta. Nascosti tra luci soffuse e voci sussurrate lui glielo disse:

"Ti amo”.

“Lo so”.

 

Si salutarono in macchina, veloci come sempre. Lei lo sapeva: non doveva cercarlo in mezzo alla gente, non doveva guardare troppo nella sua vita. Kai, dal canto suo, viveva su una lama sottile: la passione che li legava a rischio di scoperta e una malattia adesso che gli aveva tolto respiro e forze, per uno come lui poi che era stato sempre energico e impegnato in mille progetti.

Era un temporale estivo quello che cadeva quella sera, uno di quei temporali che sembrano voler lavare le cose ma non ci riescono e quando sono finiti ti giri a cercare l'arcobaleno ma non lo trovi. 

 

Poco tempo dopo Anna era seduta al tavolino di una caffetteria che sembrava guardarla con occhi stanchi. Il cellulare tremò, ma non fu Kai a farlo vibrare: fu una notifica di un amico in comune, Marco.

"Kai sta molto male. Non può chiamarti o vederti. Vuole solo che tu lo sappia”. 

 

Fu un colpo secco. Claudia era la compagna di Kai, la sua casa, la sua custode. E per Kai, Anna non poteva essere nulla di più di un fuoco segreto che non doveva spegnere né nutrire: una fiamma da tenere sempre solo dentro, al buio. Anna si senti svuotata di tutto. Le mancava il fiato. Non riusciva ad alzarsi. Il cameriere venne al suo tavolino e lei lo mandò via con un cenno del capo.

 

Poi un giorno squillò il cellulare di Anna : “Non posso chiamarti” confessò Kai, la voce leggermente tremante come una vela sulla linea dell’orizzonte. "E non posso vederti”. 

La frase uscì come una verità amara, masticata fino a diventare sorriso. Poi riattaccó.

 

Poi qualche giorno dopo arrivò la sua lettera. 

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