I suoi risvegli erano ormai quelli di un vecchio ottantenne.
Capitava spesso che inciampasse sulla strada del ritorno e i lividi sulle braccia e sulle gambe si facevano sempre più numerosi e blu. La mattina parlava di rado, si alzava tardi, intorno alle undici.
Poteva permetterselo dato che aveva lasciato il lavoro: l'alcool e le sigarette della sera prima e quelle della mattina dopo davano più fastidio al suo capo che a lui.
Faceva colazione con un caffè freddo lasciato sul tavolo dal padre e due sigarette; magari se si fosse alzato con la luna storta e con due euro in più in tasca sarebbe andato al bar.
Suo fratello era già uscito da un pezzo, i suoi genitori erano andati a lavorare e quindi quello che gli restava da fare era guardare la tv ed alternarla a momenti di orrendo godimento suino davanti al pc o a fumare in giardino. Non usava un posacenere e questo imbestialivasia sua madre che i vicini.
Davanti e dietro casa sua un tappeto di filtri di Winston blu, puzzolenti e vomitevoli sigarette. Ormai il sapore del fumo era tale e quale a quello dell'aria; il suo era il più comune dei pensieri che fanno i fumatori. “ Devo morire, ma almeno mi godo l'ultima sigaretta, o sarà questa o la prossima. Perché rischiare di morire con il rimorso di non averla fumata?”
Avevano provato a togliergli dalle mani le birre e le sigarette, ma i suoi occhi facevano capire che se avesse avuto la possibilità avrebbe ucciso tranquillamente chi si sarebbe prestato a tale gesto di coraggio.
Riguardo sua madre posso dirvi che i vetri di casa erano sul punto di infrangersi in mille pezzi dati gli acuti della sua voce.
Cosa volete farci, Joshua non era stato voluto dalla sua famiglia, con il tempo lo scoprì ed era della stessa opinione dei suoi, almeno riguardo a questo.
Non so cosa lo abbia spinto a fare questa vita da diseredato, eppure lo conoscevo abbastanza bene.
La cosa che più ricordo di lui è che era stato un solitario sin da bambino.
Era un ragazzo come tanti, uno di quelli che giocava per strada con gli altri, un infanzia normale voi direte: non esattamente.
Gli altri ragazzi non lo facevano giocare, allora lui cominciò a giocare da solo e più si allenava più diventava bravo. Ricordo intorno ai quindici/sedici anni la sua capacità di palleggiare come nessun altro. Tentavano tutti di imitarlo ma sfortunatamente molte volte cadevano a terra.
Anche lui era caduto parecchie volte, ma le lezioni di fisica a scuola cominciavano a servigli a qualcosa. Tra questi ragazzi c'era anche Dorian ed era l'unico che non giocava mai con gli altri. Per scelta ovviamente.
Lo prendeva in giro come succede spesso tra ragazzi, si sa, ma per Joshua tutto questo non aveva valore, le prese in giro lasciano il tempo che trovano, è quello che fai che rimane impresso nella mente delle persone. Rideva comunque insieme agli altri divertito dalle battute di Dorian, ma aveva un asso nella manica: Prese il pallone con le mani, salì i gradini si mise davanti a Dorian e disse:” Fallo tu se ci riesci”. Per la prima volta il capobranco era stato deriso dal più debole.
Sapeva anche lui di aver perso tanti amici, purtroppo non era rispettato come lui, e non lo sarebbe mai stato. Si, credo sia stato questo a cambiare J. Ma non ne sono ancora sicuro.
Il fatto che fosse un solitario è ormai chiaro a tutti, è nelle sue vene, ma come questo lo abbia portato a scrivere non lo so.
Una persona mi disse che lui non fosse capace a scrivere bene, la sua calligrafia era indecifrabile, faceva fatica persino lui stesso a rileggere,rinunciavano persino a copiare da lui eppure era l'unico ad avere tutte le risposte dei test di geografia. Perché quelli? I voti erano assolutamente facili da prendere: la professoressa dava sia le domande che le risposte dei test e non capiva neanche perché metà della classe fosse stata capace di farsi bocciare. La verità è che non studiava niente di tutto ciò che andava studiato. Si era un secchione, ma sopratutto era l'unico che poteva permetterselo. Quando hai tanto tempo libero devi pur riempire lo spazio con qualcosa.
Gli esami li fece senza studiare e passò comunque con un voto nella media della classe. In più era onesto. I professori volevano farlo passare con un voto molto più alto,ma lui sapeva benissimo di non valere tanto. Troppe responsabilità diceva. Aveva ragione.
Immagina un po': sei il migliore una volta e per gli altri dovrai esserlo per sempre. Meglio gareggiare con gli altri ad armi pari, c'è più gusto a vincere di poco, sul finale, più adrenalina, più soddisfazione.
La differenza si vede quando salti da terra e arrivi in alto anziché saltare da un gradino. E' tutto di guadagnato.