Parker sfondò la porta, irruppe nella stanza, afferrò un uomo e lo sollevò di peso.
Gli altri poliziotti puntarono i fucili verso le sagome sedute a terra, indistinte nel chiarore sparso dalla TV, intimando loro di non muoversi e alzare le mani. Otto braccia tremanti si alzarono.
Parker indicò l’interruttore della luce a un poliziotto alto (“Fisher” diceva la targhetta sul petto) e, dopo uno sfarfallio, una luce giallastra e polverosa si diffuse per la stanza.
Le sagome divennero un vecchio, due uomini e una donna.
Gli altri due poliziotti, Cole e Blake, li perquisirono mentre Fisher teneva tutti sotto tiro.
Nei suoi occhi c’erano due messaggi. Primo: situazione sotto controllo. Secondo: non si fa irruzione così, non importa se sei il capo.
Parker rispose a propria volta con un cenno. Primo: l’hai detto, sono il capo. Secondo: questi tizi non sono pericolosi, presto lo imparerai.
Cole e Blake alzarono i pollici. I sospetti non erano armati.
Parker grugnì e ordinò a Cole di spegnere il televisore.
Cole scosse la testa.
Parker gli scoccò un’occhiataccia, poi guardò la TV e scosse la testa anche lui. Si avvicinò all’apparecchio, esitò, schiacciò un pulsante. La TV si spense con un bagliore azzurrino. «È un vecchio modello. Ne aveva uno mio nonno. E quello è un lettore di DVD» dichiarò.
«Scommetto che vale un sacco di soldi» disse Cole.
Parker schiacciò un altro pulsante e, da sotto il televisore, uscì un disco variopinto. Lo afferrò e lesse: «”Nightmare, dal profondo della notte”». Passò il disco a Fisher e prese per il bavero il tizio che aveva afferrato appena entrato, sollevandolo di nuovo da terra. «C’è il lieto fine, eh? C’è il lieto fine?» ringhiò.
«Capo» disse Fihser.
Parker lasciò andare l’uomo che si sedette a terra tenendo le mani alzate e gli occhi bassi.
«Questi idioti hanno speso una fortuna in acquisti off line e guarda in che topaia vivono. Cole, fai un giro e vedi se trovi altro».
Cole si eclissò e Parker si chinò verso la sua vittima preferita, stringendogli il mento. «Non lo sai che i prelievi di contanti vengono segnalati? O sei convinto di vivere nel XX secolo?».
«Capo» disse ancora Fisher.
«A questa marmaglia piace quella roba» disse indicando il DVD che Blake aveva infilato nel sacchetto delle prove. «Horror. Mostri. E chissà quali altre schifezze».
Cole tornò nello stanzino sventolando un oggetto quadrangolare. «Guarda che cosa abbiamo, qui. Questo vale davvero un sacco di soldi».
Blake fece per prenderlo, ma Cole si ritrasse.
«Non avevi mai visto un libro?» chiese Blake.
«Sì solo che... non ne avevo mai tenuto uno in mano. È… bleah... puzza». Porse il libro a Parker, che lo osservò, girandolo e rigirandolo. «Ha più di cento anni, quest’affare. “I racconti di Edgar Allan Poe”. Chissà a quanta gente ha rovinato il cervello».
Scattò verso il solito tizio e lo colpì sulla testa con la costola del libro. Per la prima volta, l’uomo gemette. «Tu lo sai? Eh, lo sai?».
«Capo!» urlò Fisher.
Parker si fermò prima di vibrare un altro colpo, scosse la testa e guardò Fisher come se lo vedesse per la prima volta. «Vado a prendere una boccata d’aria. C’è un terrazzo, due piani sopra. Pensateci voi alle generalità e tutto il resto. Dopo che hai parlato con la Centrale, avvisami».


Parker sbuffò. Una nuvola di fiato si dissolse nell’aria fredda, come imitando fumo di sigaretta. «Mi sono lasciato prendere la mano. Capita, dopo vent’anni di questo lavoro».
Fisher gli si avvicinò. I caratteri rifrangenti della scritta “Polizia Cinefila” luccicavano alla luce dei lampioni, più bassi del terrazzo. Allungò una mano. «Il libro» disse.
Parker glie lo rese «Me n’ero scordato». Fisher mise il volume nel sacchetto delle prove.
Paker si massaggiò il mento «Saltano sempre fuori» disse. «L’horror è proibito da trent’anni, in vent’anni io ho requisito… non so quanta roba ho requisito. E gli arresti… Eppure salta sempre fuori qualcosa. Gente che guarda “Nightmare” o “L’esorcista”, che legge Poe, Lindqvist… Gente che scrive imitando Lovecraft. E poi quelli che dipingono, girano filmati, li creano al computer... Alla fine ti saltano i nervi».
«Per questo l’horror è pericoloso. Dà assuefazione. Produce imitazione».
«Paragrafo 13.5 del manuale» confermò Parker. Poi: «Pensi che dovrei andare in pensione? Passare ad altro incarico?».
«Il Dipartimento ha una terapia. “Soft men”, si chiama. Binge watching di commedie romantiche, letture di romanzi rosa...».
«In Europa non funziona».
Fisher ridacchiò. «In Europa sono degli smidollati. Cercano di preservare l’arte» fece il gesto delle virgolette «Non riescono a liberarsi del passato».
Parker annuì «Paragrafo 27.15 del Manuale: “Le manifestazioni creative anteriori al 2030 contengono un alto tasso di violenza e di morte”. Cosa sai di questo “Soft men”? È adatto ai veterani?».
«L’ha creato l’intelligenza artificiale. Ho sentito dire che c’è un sacco di roba porno».
«Diventerò un maniaco sessuale?».
«Non è illegale. Non sempre» disse Fisher. Strascicò i piedi «Non metterò nel rapporto le percosse al sospettato».
Parker alzò la testa. L’oscurità notturna si intravedeva, come se si fosse rifugiata oltre l’alone giallastro delle luci cittadine. «Chissà se riusciremo mai a prenderli tutti. A cancellare tutto. Se assuefazione e imitazione finiranno mai». Appoggiò una mano sulla spalla del subordinato e la lasciò lì. «Credo che il lavoro non ti mancherà. Farai persino carriera» ritirò il braccio «Vai. Io arrivo fra poco».

Udì Fisher scendere le scale, fece per seguirlo, ma si fermò.
Chissà se era solo questione di imitazione e assuefazione. A volte ne dubitava. I racconti di Poe. Ne aveva letto uno, da ragazzo, senza sapere che fosse proibito: “Una discesa nel Maelström”. Ricordava il terrore e la meraviglia del protagonista nell’osservare il gorgo. E ricordava di averla provata anche lui. Forse era tutto lì: non era questione di mostri o violenza; quella era solo forma. La sostanza era la consapevolezza di un abisso che si poteva superare solo se si sondavano le sue profondità. Un abisso l’incontro col quale non si poteva evitare.
Guardò il cielo cercando un po’ di notte, infine ci riuscì. Lontano, sopra la periferia, brillavano alcune stelle.
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