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Una volta nacque un bambino con la faccia di pesce spada. Accadde in un quartiere popolare della città di Palermo, alla fine degli anni sessanta. Due fratelli avevano una pescheria e la moglie di uno di loro spesso ci andava per dare una mano al marito e al cognato.
Un giorno lei, incinta di sette mesi, poco più, poco meno, entrò in quel locale e restò fortemente impressionata alla vista di una testa mozza di pesce spada. Non era certo la prima che vedeva, ma quella volta fu diverso. Lei, per pochi interminabili secondi, non riuscì a distogliere lo sguardo dagli occhi dell’animale e cominciò a tremare tutta. Il marito, il fratello di lui e delle persone presenti cercarono di calmarla ma non ci fu verso; la donna, in preda a una crisi di nervi, scoppiò a piangere e uscì dalla pescheria gridando. Stette alcuni giorni senza parlare o esprimendosi a monosillabi, poi sembrò che si riprendesse.
Passarono un paio di mesi, lei partorì e dette alla luce un neonato con i tratti somatici della testa molto simili a quelli di un pesce spada. Parenti, amici, conoscenti e clienti più o meno abituali, molti dei quali mossi più da un’insana curiosità che da compassione, andarono “in pellegrinaggio” per vedere la creatura. Sbigottimento e turbamento danzarono senza interruzione nel ripetersi delle circostanze.
Per fortuna, comunque, il perverso gioco della natura durò poco. Il bambino spirò, all’improvviso, nel giro di una settimana e il senso di liberazione alleviò la sofferenza dei genitori.
Ancora oggi, a Palermo, molti abitanti e in particolare quelli del quartiere della Kalsa, soprattutto i più anziani, ricordano quell’avvenimento e, parlandone, alcuni di loro sentono che le loro schiene sono attraversate da brividi.
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