"Perché non ci sposiamo?”

Non era nello stile di Alice fare una domanda del genere a un uomo appena conosciuto.

"Stai scherzando?” disse lui.
Era stato un incontro casuale, avevano preso qualche caffè insieme, si erano inviati cinque messaggi e ora, erano lì, con le loro solitudini incallite.

"Non conviene più complicarsi la vita“.

"Scherzavo…”

Sembrava sollevato ma ad Alice non piaceva come aveva liquidato la questione, ”… io sono agnostica con simpatie sinistroidi, mentre tu…“

"Mentre io?”

"Secondo me sei un ex democristiano chiesaiolo”.

Claudio sì girò con uno scatto nervoso: "Cosa ne sai!”

Alice voleva tirare un po’ la corda, la divertiva vederlo reagire.

"Hai detto che la sera ascolti il Vangelo sui podcast. Sui podcast poi! Ovunque vai, posti su Facebook una chiesa, una croce, un eremo…” 

Claudio allungò il passo, sembrava furioso, la testa bassa, le mani in tasca. Lei lo seguì: "… Scusa non volevo ferirti“. 

Una delle cose che l’affascinavano di lui era che comunicava, al di là di se stesso, tutte le sue reticenze e fragilità.

"Ti vuoi fermare un attimo?” 

"No”.

"Per favore…”

Lui si girò guardandola dritta negli occhi: "Io ascolto i podcast, perché la lettura di sera mi stanca la vista, ascolto anche altro, per esempio i libri di George Simenon. Lasciami stare. Sono vecchio”.

Le sembrò di essere entrata in un vortice sconosciuto e ora non sapeva come uscirne.

"Non ci pensare“.

"Non ci pensare! Sembra facile”.

Le sue labbra erano vicinissime, non era molto alto. Meglio. Gli uomini più alti di lei non la facevano sentire a proprio agio.

"Clint Eastwood dice che il vecchio, di solito, lo lascia a casa”.

"Chi?”

"Clint Eastwood”.

"Se lo dice lui!”, finalmente sorrise.

“Comunque…“ disse Alice, "… piace anche a me George Simenon, potrei leggertelo io la sera. Prima o dopo le preghiere”. 

"E poi mi rimbocchi le coperte. Sei anche atea“.

"No, sono agnostica. Abbiamo una speranza”.

Era tanto che non camminava con uomo che le piaceva e il tempo era volato. Il sole era calato, il cielo aveva un colore pervinca come di rado capitava di vedere, dopo poco restarono batuffoli di nuvole rosa che si riflettevano sul Tevere e sulle finestre dei palazzi. Restarono in silenzio a guardare, oltre loro.

“Davvero ti risposeresti? Non ti sono bastati tutti i tuoi precedenti casini?“
Alice spostò un ricciolo grigio che gli cadeva sulla fronte, aveva un bel viso segnato e interessante. La voce ruvida e profonda, a tratti spezzata.

Lui se la cavò con un colpo di tosse e poi ritornò a guardare le nuvole rosa.

"È un fatto stravagante alla nostra età fare una domanda di matrimonio, anche per scherzo, intendo dire”.

"Lo so. Ma non voglio sposarti… vorrei qualcuno”.

"Cerca qualcuno, allora”.

Stavolta fu lei a sentirsi ferita: "Comunque mi hai cercato tu”.

Claudio riprese a camminare: "Smettila di giocare con i sentimenti!”

"Dove vai?“

"A casa, è tardi”.

Alice sentì montare un nervoso che le chiudeva la gola. 

"Non sei originale, sai? E poi di quali sentimenti parli? Non ci conosciamo. Dico solo che può avere un senso avvicinarsi a qualcuno”.

Claudio aveva gli occhi arrossati, si girò di spalle per non farsi vedere, sembrava stremato.

"No. Io la sera mangio leggero e vado a letto prestissimo, soffro di gastrite e solo così riesco a dormire. Quindi sto bene solo. Stare in due è terrificante”.

Anche ora si sentiva stremata. "Io invece dormo tardi e soffro di insonnia… leggo, ascolto musica, scrivo. L’importante è che riusciamo a dormire. Magari una volta possiamo provare, e di mattina mi porti il caffè a letto. Mi piace molto”.

Claudio sbuffò: "Vabbè! Fai la bambina“. 

"Non è poi così male”.

Si era alzato un po‘ di vento, l’estate stava finendo, e non le dispiaceva affatto. Calò di nuovo il silenzio. Fu Claudio a interromperlo.

"Ora devo andare”. 

Alice lo baciò su una guancia mentre i suoi capelli svolazzavano fra i loro visi.

"Non ci pensare alla mia domanda di matrimonio. Era un gioco, una provocazione. Ciao”.

"Ciao”.

Claudio, si mise le mani in tasca e si avviò dalla parte opposta con passo veloce. Sembrava un ragazzo.

Per la prima volta nella sua vita si era sbilanciata e ora si sentiva frustrata. Non lo avrebbe più cercato. 
L’autunno è un mese che può essere incantevole quando si è innamorati, i corpi desiderano ritrovarsi più vicini, il vino rosso esalta i piatti di terra e nei giorni più freddi è bello accendere un camino, passeggiare a braccetto nei viali colorati con le foglie che scricchiolano sotto i piedi. Oppure parlare del più e del meno in un caffè guardando da un vetro, la gente che ritorna alle loro case.

Alice poteva abbracciare quella malinconia anche da sola, era calda e dolce. Qualche volta l’arrivo dell’inverno spazzava via anche quella magia.

E fu molto tempo dopo, in una giornata piovosa e fredda, mentre prendeva un caffè in un bar del centro, con in sottofondo la tromba di Chet Baker che arrivò un messaggio di Claudio. 

"Ciao, come stai?”

Alice prese tempo, si fece portare un tortino al cioccolato e poi rispose: "Ciao, bene grazie”.

Passarono altri dieci minuti e ordinò un bicchierino di Calvados, questa volta per calmare i battiti.

"Volevo chiederti se hai voglia di venire al cinema mercoledì”.

Mangiò l’ultimo boccone di dolce, finì il calvados e chiamò il barista.

"Come si chiama questo pezzo di Chet Baker?”

Il ragazzo le sorrise.

"Almost Blue”.

"Grazie”.

"Sì figuri, è sempre un piacere”.

Prese il cellulare e rispose: "Va bene, mercoledì non ho impegni. Dove ci troviamo?”

 

Gli inizi esaltano, le fini lasciano tristezza, ma è quello che sta nel mezzo che conta di più. 


Alice aveva scritto di getto su un tovagliolo di carta e lo aveva lasciato sotto il piattino del dolce, con una piccola mancia. Indossò la giacca e si avviò verso l’uscita.

Sorrise pensando a cosa avrebbe pensato il giovane barista trovandolo. 

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