Nessuno si è mai fermato a parlare di un tema attuale che affligge il nostro pianeta da un paio di anni: il senso di esistere delle siepi artificiali.

Sì, avete capito bene. Quei rotoli di plastica verde acceso che puzzano di petrolio. Vengono messe su balconi e cancelli per preservare la privacy. La PRIVACY.
Perché il rischio, si sa, è tangibile: il passante che dà una sbirciatina mentre cucini, che guarda di che colore hai il salotto, guarda magari anche il tuo bambino mentre gioca in giardino, oppure potrebbe osservarvi mentre tu e il tuo lui/lei vi scambiate innocenti effusioni.
Io personalmente, se non ci fosse la siepe finta neanche ci guarderei nelle case. Mentre cammino ho altri interessi, il cielo, gli alberi, qualche ragazza in tuta a spasso col cane, le auto che potrebbero investirmi. Tuttavia se vedo la siepe artificiale ho un senso irrefrenabile di infilare l’occhio fra una foglia finta e l’altra, per vedere che succede. Il ragionamento è chiaro, se l’hanno messa avranno qualcosa da nascondere!
Ma poi rido e ragiono sulla stupidità umana.
Penso alla domenica in cui la famiglia felice va al Brico e torna a casa con il rotolone verde di plastica e il marito si occupa prima di cena di sistemare la vitale barriera sul balcone, al fine di preservare la PRIVACY.
Poi penso alla moglie che due mesi prima ha partorito e ha sbattuto la foto della bambina su FACEBOOK con la bargiggia ben in vista e il cordone ombelicale ancora attaccato.
Poi penso a lui, che per il loro anniversario ha portato lei nel ristorante dove si sono conosciuti e ha postato una bellissima foto di un bacio con indirizzo e posizione (margine di errore 15 metri in genere). Il resto della serata hanno parlato poco, ma quanti likes quella foto!
Poi ripenso ancora a lei il giorno in cui lui le ha chiesto di sposarla. Quando ha postato su FACEBOOK la foto dell’anello, promessa del loro intimo amore, cosicché tutti i suoi amici potessero vederlo.
Poi ripenso alle siepi, quelle finte, quelle per la PRIVACY e piango.

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